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«Politicizzare il referendum? Un autogol pericoloso. Il vero rischio è per le toghe e per il Pd». Parla Carlo Nordio

L'intervista al Secolo

«Politicizzare il referendum? Un autogol pericoloso. Il vero rischio è per le toghe e per il Pd». Parla Carlo Nordio

Il ministro della Giustizia al Secolo d'Italia: «Sulla separazione delle carriere ho la stessa idea da trent'anni. A differenza di certi politici, magistrati e giornalisti che...»

Politica - di Antonio Rapisarda - 26 Luglio 2025 alle 12:22

Ministro Carlo Nordio, c’è un’immagine che mi ha colpito, pochi istanti dopo la fiducia del Senato alla riforma della giustizia: lei con le mani giunte sulla fronte. Un momento di raccoglimento?

«No, era un momento di rassegnata disperazione per le assurdità che stavo ascoltando, alle quali non potevo replicare, perché avremmo allungato i tempi, come l’opposizione auspicava…».

La “replica” – e che replica – il Guardasigilli l’ha affidata allora in questa lunga intervista al Secolo d’Italia. Al centro, insieme alla riflessione sui meccanismi virtuosi di una «riforma epocale» per chi crede nel giusto processo e nell’allineamento dell’Italia con la giurisdizione delle altre democrazie occidentali, la risposta articolata alle contraddizioni della sinistra. Che, in compagnia di diverse “star” fra le toghe e i commentatori, rischia di portare sui binari del conflitto politico ciò che dovrebbe restare dentro i confini «del diritto e del buon senso». Una deriva «pericolosa» che in vista del referendum, come spiega Nordio, non sarà assecondata né dalla maggioranza né dal governo. Nell’interesse proprio della magistratura e dei cittadini.

Con la separazione delle carriere si raggiunge un traguardo storico. Una tesi che ha avuto sostenitori d’eccellenza, a partire da Giovanni Falcone, a cui si è contrapposto in tutti questi anni quello che sembrava un monolite inscalfibile: la magistratura correntizia. Finché non è arrivato il governo Meloni e un ex magistrato liberale…

«È effettivamente un grande traguardo, che come ha detto Giorgia Meloni ridà anche indipendenza alla stessa magistratura, che sarà svincolata dall’ipoteca delle correnti. Comunque era un punto fondamentale del nostro programma. Il voto dei  cittadini è stato significativo, e quello del Parlamento ancora di più».

Eppure i detrattori sostengono che si tratti di una “bandierina” che non risolverà alcun problema cronico della giustizia.

«Si tratta del consueto insistente “benaltrismo”. Qui affrontiamo i problemi cruciali della terzietà del giudice, della vera autonomia del Csm e di una Corte disciplinare non eletta, come è oggi, dai potenziali incolpati. Per gli altri nodi fondamentali come la lentezza dei processi e il sovraffollamento  carcerario molto abbiamo fatto e ancor di più stiamo facendo. Qui non c’è lo spazio, magari ne parleremo la prossima volta».

Cosa ci “guadagna” il cittadino da questa riforma?

«Oggi un cittadino sottoposto a processo non sa che i suoi giudici vengono a loro volta valutati, nella carriera e nell’eventuale procedimento disciplinare, anche dai suoi accusatori. Che i Pm diano i voti ai giudicanti è un’anomalia tutta italiana, e quando ne parlo in sedi internazionali i colleghi stranieri  manifestano incredulità. Dalla riforma uscirà veramente un giudice terzo e imparziale, come è previsto dall’articolo 111 della Costituzione».

In queste ore si è molto parlato del fatto che agli inizi degli anni ‘90 fosse contrario alla separazione delle carriere. Lei ha spiegato che maturò il ripensamento e una più profonda coscienza garantista dopo il suicidio di un suo ex detenuto. Cosa pensa di chi – mi riferisco ai suoi critici – ha fatto il percorso inverso: da garantista a pasdaran dello status quo?

«Con quella uscita un po’ stravagante sul mio cambiamento di idea l’Anm (l’Associazione nazionale magistrati, ndr) è entrata  in un terreno scivoloso, per non dire minato. Perché io ho cambiato idea 30 anni fa, da allora ci ho scritto 5 libri e dozzine di articoli con una certa coerenza. Ma vari magistrati – per non parlare dei politici – l’hanno cambiata molto più di recente. Ne faremo la raccolta, e credo che l’Anm ne sarà imbarazzata».

Ce l’ha con qualcuno in particolare?

«Assolutamente no, figurarsi se ce l’ho con qualcuno, so bene che la politica è anche questo. Ma sorrido quando leggo che la Serracchiani ha firmato pochi anni fa per la separazione delle carriere, e che Cafiero de Raho era favorevole al sorteggio. Sono solo esempi, e neanche i più importanti».

In questi giorni si è aperta una breccia nel Pd: da Bettini a Morando c’è chi non si è arreso alla sottomissione della sinistra ai giustizialisti. Azione di Calenda ha votato col centrodestra e Italia Viva, sotto sotto, spera nell’approvazione. E persino a Repubblica qualcuno c’è chi si è pentito di aver fornito per trent’anni alle tesi delle Procure una vetrina senza alcun filtro. Mosche bianche o interpretano uno spirito tanto diffuso quanto represso dall’impostazione giustizialista di Schlein e Conte?

«La sinistra dovrebbe essere geneticamente garantista, perché in teoria dovrebbe difendere i più deboli e davanti al giudice tutti, anche i ricchi, sono per definizione i più deboli. E infatti il mio primo libro “Giustizia”, del 1997, è stato presentato a Roma da Emanuele Macaluso e a Venezia da Massimo Cacciari. Per non parlare di un altro volumetto “In attesa di Giustizia” scritto nel 2010 con Giuliano Pisapia. Ma il Pd si è reso gregario e subalterno alla magistratura più aggressiva per un calcolo bassamente elettorale: eliminare per via giudiziaria l’avversario che non riusciva a battere alle elezioni. Qualche volta ci è anche riuscita. Ora rischia di farsi male».

Ministro, in tutti i dibattiti televisivi a cui partecipiamo appena si arriva a parlare di sorteggio e della sua nobile letteratura storica per l’indicazione dei due Csm i critici saltano sulla sedia gridando alla «follia!». Senza giri di parole: è questo il provvedimento più temuto dalle correnti e dall’Anm.

«Certo, perché priva le correnti del loro ruolo più significativo, quello di aggregazione di potere. Le correnti erano nate per dar voce alle pluralità culturali dei magistrati ,e  in questo erano benemerite. Poi si sono trasformate in un “mercato delle vacche”. Non sono parole mie, ma dell’ex Procuratore antimafia Roberti eletto in Europa dal Pd. Fa parte di quelle citazioni che stiamo raccogliendo».

Come mai diversi sostenitori del sorteggio oggi tacciono?

«Beh , per qualcuno è comprensibile. Per Cafiero de Raho che sta con i 5 Stelle credo sia abbastanza imbarazzante. Quanto al mio amico Gratteri,  chiedetelo a lui».

C’è chi vede in questa “mappa” di inchieste nei confronti della politica – con gli amministratori del Pd particolarmente presi di mira – una sorta di messaggio da parte di settori della magistratura alla sinistra. Lei che ne pensa?

«No, questo spero proprio di poterlo escludere. Altra cosa è la consistenza probatoria di queste indagini, sulla quale non mi pronuncio. E altra cosa ancora è la solita fuga di notizie, e l’avviso  di garanzia a Sala a mezzo stampa. Questo sì che  è uno scandalo. Il sindaco ha reagito dicendo: “Vi va bene cosi?”. È quello che potremmo chiedere ai cittadini quando andremo al referendum, se la polemica dovesse inasprirsi».

Le opposizioni, Pd in testa, sono già in clima referendum: è il tentativo sarà quello di politicizzarlo contro il governo più che contro la riforma.

«È proprio questo il problema. A parte Calenda, tutti gli interventi dell’opposizione su questo tema sono stati di sconcertante sciatteria e di petulante ripetitività. Ben diverso è stato quello di Franceschini, ben argomentato e di una logica ferrea. Non è una logica folle, come quella di Amleto, ma dannatamente pericolosa. Mi spiego. In pratica Franceschini ha chiamato a raccolta le opposizioni e la magistratura per conferire al referendum un significato esclusivamente politico, come quello che di fatto fece cadere Renzi. E questo non va bene per due ragioni. La prima è che qui si parla di Giustizia, di lacrime e sangue dei cittadini inquisiti, della libertà individuali compresse, di carcerazioni ingiustificate, di riservatezza violata. Strumentalizzare la dea bendata a fini elettorali è di una spregiudicatezza che in Franceschini mi stupisce».

Anche l’Anm è pronta a dare battaglia…

«Un conflitto politico tra maggioranza e opposizione non deve coinvolgere la magistratura. Perché le vittorie si monetizzano e le sconfitte si pagano in campo elettorale. Ma se la magistratura si affiancasse all’opposizione, o addirittura ne guidasse la carica, gli effetti sarebbero funesti. Perché se vincessero loro la politica tornerebbe subalterna alle procure, e ne uscirebbe indebolita. Ma se perdessero, anche la magistratura ne uscirebbe umiliata, ed è quello che da ex magistrato proprio non vorrei. Per questo spero che i magistrati si rendano conto del rischio di questo abbraccio mortale, e che, pur nella legittima manifestazione del pensiero, mantengano il  dibattito nei suoi limiti fisiologici, cioè del diritto e del buon senso. Noi cercheremo di farlo, e sin d’ora proclamiamo che il referendum non può e non deve avere conseguenze politiche. Non perché abbiamo paura di perderlo. Al contrario, proprio perché pensiamo di vincerlo».

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di Antonio Rapisarda - 26 Luglio 2025