
Napoli
“Non basta un timbro sul passaporto”: la lezione dei conservatori su cittadinanza, Mediterraneo e frontiere
Seconda giornata degli European Awareness Days promossi da Ecr party: dai flussi migratori alla Blue Economy, i panel della mattina lanciano proposte concrete per l'Europa del domani
La sala gremita a Napoli non è solo il segno di un evento ben riuscito, ma il termometro di un cambiamento politico in atto. A parlare non è solo la classe dirigente della destra italiana ed europea, ma una visione del continente che torna a farsi strada con voce ferma: un’Europa costruita sui popoli, non sui tecnocrati; sulle radici, non sugli slogan.
Dall’identità all’integrazione: non basta un timbro
Il primo panel della seconda giornata di European Awareness Days promossi da Ecr, dedicato alla gestione dei flussi migratori, ha restituito l’immagine di un’Italia che ha smesso di subire. Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, è netto: “C’è un prima e un dopo Meloni. La cittadinanza non è un regalo. È una conquista, non una concessione automatica”. E mentre la sinistra colleziona decenni di retorica senza risultati, Wanda Ferro inchioda l’ipocrisia progressista alle sue responsabilità: “Quel sistema ha prodotto morte, disintegrazione sociale e affari per le mafie. Il modello Albania dà fastidio perché funziona.”
Non è solo una questione di numeri, ma di visione. Giovanni Donzelli, deputato e vicepresidente del Copasir, guarda all’Africa con serietà: “Nel 2050 metà della popolazione mondiale sarà africana. Un continente che può implodere o diventare il nuovo mercato globale. La scelta è nostra”. E se l’Europa dorme, Russia e Cina no: infrastrutture, accordi, scambi, investimenti. L’Africa è il campo di gioco, l’Occidente il grande assente.
La Nazione prima dello Stato
L’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, taglia corto con le ambiguità: “Non esiste integrazione senza identità. La nazione precede lo Stato”. È un ritorno alla storia, ma senza nostalgie. “L’integrazione si costruisce, non si firma. E richiede fatica”.
Il Mediterraneo come asse strategico
Il panel successivo è il contraltare economico del primo: dal controllo alla progettazione. Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, non nasconde l’ambizione: “La Blue Economy è la filiera che cresce di più. Il turismo costiero è la nostra miniera. Ma serve una visione”. Una visione che non si ferma alla costa, ma risale l’entroterra, si aggancia alla cantieristica, alla manifattura, alla qualità artigiana italiana. “L’Asia non ci fa paura se restiamo noi stessi”.
Più geopolitico l’intervento del presidente del partito dei Conservatori europei Mateusz Morawiecki: l’Imec, il corridoio India-Medio Oriente-Europa. “Come la Via Appia o il Canale di Suez, le infrastrutture cambiano la storia. Serve un’alleanza marittima tra Italia, Polonia, Grecia, Spagna”. L’ex premier polacco non si ferma alle parole: cita cifre, investimenti, porti. E mette in guardia l’Europa: “Abbiamo finanziato la Cina con i nostri soldi. Ora dobbiamo investire su noi stessi”. I panel del mattino hanno mostrato una destra europea che sa articolare visione e strumenti. Dalla gestione dei flussi all’economia del mare, si delinea così un’agenda strategica di ampio respiro.