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Migranti, Ong in rivolta contro il governo Meloni: “Così non salviamo nessuno”. Ma il blocco dei “taxi del mare” piace alla Ue

Migranti, Ong in rivolta contro il governo Meloni: “Così non salviamo nessuno”. Ma il blocco dei “taxi del mare” piace alla Ue

Cronaca - di Leo Malaspina - 17 Luglio 2025 alle 11:51

Migranti da salvare? Ong in rivolta. Contro l’Italia, contro quei giudici che non hanno confermato l’illegittimità dei fermi amministrativi delle navi che non rispettano le regole, contro gli altri paesi europei, dalla Germania alla Grecia, che stanno iniziando a prendere provvedimenti seri contro “i taxi del mare” per i migranti. Trentadue organizzazioni di “salvataggio” dei migranti si sono mosse insieme per chiedere al ministro Piantedosi di smetterla di fare ostruzionismo, rispetto alla loro attività, ricordando che solo nell’ultimo mese le navi della flotta civile di ricerca e soccorso sono state fermate tre volte a causa di accuse basate sul decreto Piantedosi, approvato nel gennaio 2023 e “inasprito dalla conversione in legge del decreto Flussi nel dicembre 2024”, ricordano i firmatari dell’appello.

Migranti, trentadue Ong contro il governo e Piantedosi

Ecco la lista di alcune delle Ong che si sono associate nella protesta: Association for Juridical Studies on Immigration (Asgi), Emergency, LasciateCIEntrare, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, Resqship, Refugees in Libya, Salvamento Marítimo Humanitario, Sea-Eye, Sea Watch, Sos Humanity, Sos Mediterranee e Alarm Phone. Nell’ultimo mese, Nadir e Sea-Eye 5, due delle imbarcazioni più piccole, rispettivamente gestite da Resqship e Sea-Eye, sono state detenute con l’accusa di non aver rispettato le istruzioni delle autorità. “Ad entrambi gli equipaggi – spiegano le organizzazioni – sono stati assegnati porti distanti per sbarcare i sopravvissuti e sono stati invitati a procedere con trasbordi selettivi dei naufraghi sulla base di criteri di vulnerabilità, nonostante un’adeguata valutazione delle vulnerabilità richieda un ambiente sicuro e non possa essere condotta a bordo di una imbarcazione subito dopo un salvataggio”.

Per i 32 firmatari dell’appello “l’introduzione di questi ostacoli legali e amministrativi persegue un obiettivo evidente: tenere le imbarcazioni Sar lontane dalle aree operative, limitando drasticamente la loro presenza e attività in mare. In assenza delle navi e degli aerei delle Ong, sempre più persone perderanno la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale; le violazioni dei diritti umani e i naufragi resteranno invisibili”. Da febbraio 2023, le imbarcazioni delle Ong sono state oggetto di 29 fermi amministrativi, per un totale di 700 giorni trascorsi in porto. “Le stesse navi hanno trascorso altri 822 giorni in mare per raggiungere porti assegnati a distanze ingiustificabili, per un totale di 330.000 chilometri di navigazione – denunciano le organizzazioni -. Misure che inizialmente riguardavano solo le navi Sar delle organizzazioni non governative sono ora estese anche alle imbarcazioni più piccole con un ruolo di monitoraggio”. Negli ultimi mesi, alcuni tribunali italiani – a Catanzaro, Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia e Ancona – hanno riconosciuto attraverso le loro sentenze “l’illegittimità di fermi amministrativi nei confronti delle imbarcazioni di soccorso, ricordano le ong -, annullando di conseguenza le relative sanzioni”. Ma non tutte le sentenze sono state favorevoli alle Ong, come dimostra la protesta. E soprattutto, la volontà politica non può essere calpestata dalle sentenze, anche in considerazione del fatto che il modello Italia, sui migranti, sta prendendo piede anche nella Ue, come in Germania e Grecia.

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di Leo Malaspina - 17 Luglio 2025