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La sentenza

Migranti, la Corte Costituzionale dà ragione al governo: “Legittimo il fermo amministrativo delle navi delle Ong”

La Consulta dichiara non fondata la questione posta dal tribunale di Brindisi. Ribadito un principio fondamentale, mentre è necessario indicare un porto sicuro

Cronaca - di Giuliano Galdi - 8 Luglio 2025 alle 14:41

È legittima la norma che prevede il fermo di una nave, nella fattispecie di migranti, purché avvenga nel rispetto dei principi di legge.  Lo ha deciso oggi la Corte Costituzionale.

La decisione della Consulta sui migranti

Con la sentenza numero 101, depositata in data odierna, la Corte costituzionale ha esaminato le questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Brindisi con riferimento alla disciplina del fermo amministrativo della nave, prevista dall’articolo 1, comma 2-sexies, del decreto-legge 21 ottobre 2020, numero 130, come convertito e successivamente modificato. Con riferimento alla violazione del principio di determinazione (articolo 25 della Costituzione), la Corte costituzionale, dopo aver affermato il carattere punitivo della sanzione del fermo della nave, ha dichiarato non fondate le questioni proposte. La condotta sanzionata è descritta in modo puntuale ed è la legge a tracciare una chiara linea di confine tra lecito e illecito, evitando l’arbitrio del giudice e garantendo la conoscibilità del precetto.

” La normativa nazionale si inserisce nell’ambito delle regole di cooperazione dettate dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo e l’inosservanza delle richieste di informazione e delle indicazioni delle autorità è sanzionata solo quando riguardi atti legalmente dati e conformi alla disciplina internazionale”. In secondo luogo, la Corte costituzionale ha dichiarato l’infondatezza, nei sensi indicati in motivazione, delle questioni sollevate in riferimento agli articoli 10 e 117 della Costituzione, per la violazione degli obblighi internazionali.

Migranti: legittimo il fermo purché ci siano i soccorsi

L’interpretazione sistematica della disciplina ‘conferma in modo inequivocabile non solo la possibilità, ma anche l’ineludibile necessità di intenderla in armonia con i princìpi costituzionali richiamati dal rimettente e con gli obblighi di soccorso e con il divieto di respingimento. In particolare, “la normativa nazionale è legata indissolubilmente alla Convenzione SAR, che, a sua volta, si inserisce a pieno titolo in un complesso di regole improntate all’obiettivo della salvaguardia della vita in mare” e ispirate a una vicendevole fiducia tra gli Stati, “che solo elementi desumibili da fonti ufficiali, attuali, basati su dati oggettivi e riconosciute dalla Repubblica italiana, possono scalfire”.

Importante indicare un porto sicuro

Prioritaria, dunque, è l’indicazione di un porto sicuro, “che salvaguardi il rispetto della vita, dei bisogni essenziali, della libertà, dei diritti assoluti (il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti)”. In base a queste considerazioni, per la Corte “non è vincolante, pertanto, un ordine che conduca a violare il primario obbligo di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a pentimento e non ne può essere sanzionata l’inosservanza”.

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di Giuliano Galdi - 8 Luglio 2025