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Acquaroli Marche

L'intervista alla "Verità"

Marche, l’orgoglio di Acquaroli: “Siamo l’Ohio d’Italia. A sinistra un fronte di 19 sigle, non so come farà Ricci…”

Il presidente marchigiano si prepara al voto di settembre rivendicando traguardi concreti, evitando le polemiche inutili e rilanciando la candidatura di Senigallia per il Festival di Sanremo

Politica - di Ginevra Lai - 7 Luglio 2025 alle 09:32

«Presidente delle Marche? Pardon dell’Ohio d’Italia». Così si definisce, con una punta d’ironia e molta concretezza, Francesco Acquaroli, governatore in quota Fratelli d’Italia, in un’intervista per La Verità, a firma Antonio Rossitto. Nessuna necessità di toni altisonanti: il presidente si affida ai fatti, rivendicando i risultati di un primo mandato che ha trasformato la regione da periferia dimenticata a snodo cruciale delle dinamiche nazionali. Una regione diventata «laboratorio politico», dove il pragmatismo si fa bussola per il centrodestra. Proprio oggi la rilevazione annuale svolta da Noto Sondaggi per ‘Il Sole 24 Ore’ sul gradimento dei governatori ha visto il presidente Acquaroli fare un salto del 7,5% sul 2024 e del 5% rispetto all’anno prima raggiungendo una maggioranza assoluta (50,5%) che lo fa salire in dodicesima posizione.

Acquaroli: “Le Marche sono l’Ohio d’Italia”

«Questa improvvisa attenzione un po’ mi gratifica e un po’ mi sorprende. Fino a qualche anno fa, la nostra regione era ai margini delle scelte governative. Adesso, invece, è diventata l’Ohio d’Italia». La metafora non è casuale, porta un messaggio: chi vince l’Ohio, vince l’America. E dunque anche qui, dove un milione e mezzo di abitanti pesano poco nei numeri, ma molto nei simboli. «Politicamente viene data un’importanza decisiva a queste elezioni: sembra che determineranno i destini della nazione. La verità, come sempre, sta un po’ nel mezzo».

Il voto è previsto per settembre, «l’ultimo o il penultimo fine settimana del mese». Sarà la prima chiamata alle urne, seguita da altre cinque regioni.

Sfida con Ricci, sostenuto da 19 sigle

Sul campo, la sfida sarà tra lui e Matteo Ricci, eurodeputato ed ex sindaco di Pesaro, sostenuto da diciannove sigle.  «Evito di dare troppo peso a ciò che fanno o dicono gli avversari. Noi andiamo avanti per la nostra strada. All’inizio della legislatura avrei firmato per realizzare la metà delle cose che siamo riusciti a fare». E dopotutto, «rendere conto a 19 sigle può complicare le cose — spiega Acquaroli — Diventa difficile avere un programma condiviso».

Schlein è già arrivata ad Ancona per la festa dell’Unità, Meloni ci sarà per chiudere la campagna. Ma la sinistra, secondo Acquaroli, cerca di travestire una restaurazione da cambiamento. «Più che cambiamento, mi sembra restaurazione. Prima della vittoria del centrodestra, nel 2020, hanno governato per 25 anni filati» e i risultati non sono mai arrivati: «Se si approfondiscono i temi, non hanno tanto da dire. Visto il lunghissimo periodo in cui hanno amministrato». Poi l’affondo: «Pensiamo solo ai cinque anni precedenti alla mia elezione. Non sono riusciti a portare nemmeno un euro per mettere in sicurezza il territorio dopo la calamità del 2014. Per l’alluvione del 2022, invece, il governo ha stanziato 400 milioni di euro».

Risultati al centro, via le polemiche inutili

Ricci insiste con gli attacchi su sanità e infrastrutture, trasformando quei temi in un mantra ripetitivo o in una lezioncina moralistica, che tuttavia non ha studiato bene. Acquaroli infatti non si scompone: «Credo che così dimostri la sua debolezza: chi ha buone idee entra nel merito, chi parla sempre male dell’avversario è in difficoltà».

Il presidente mantiene l’aplomb. «È ormai da un anno che istigano, che stuzzicano. Cerco di non rispondere. Aprirei querelle infinite. Lascio perdere i dibattiti inutili. Una parte delle persone che non va più a votare lo fa proprio per questo: è stufa di vedere la gente azzuffarsi». Un uomo serio e moderato: «Lo sono sempre stato», ammette. Ho profondo rispetto delle istituzioni. Quando si riveste un ruolo come il mio, bisogna rappresentare tutti e rispettare ogni opinione». E i sondaggi lo confermano, dandolo per favorito, forse perché l’Ohio d’Italia «è fatta da lavoratori responsabili e appassionati» che non apprezza le battaglie ideologizzate. 

Un cammino senza scorciatoie

Acquaroli è parte della generazione Atreju, con un legame ventennale con Giorgia e Arianna Meloni. «Da parte mia c’è stima profonda e affetto incondizionato».

Ha lasciato il consiglio regionale per fare il sindaco di Potenza Picena, poi ha rinunciato al Parlamento per candidarsi alla presidenza. «Eravamo alla fine del 2019. Stavo andando a Roma in macchina. Chiamò Giorgia. Mi disse che ero stato scelto come candidato presidente. Non fece nemmeno in tempo a finire la frase. Entrai in una serie di lunghe gallerie. Quando finalmente sbucai fuori, erano passati venti minuti. Furono tra i più lunghi della mia vita».

In campagna, percorse le Marche con una vecchia Golf bianca. «Alla fine il tachimetro segnava quasi 400.000 chilometri». Nessuno staff pomposo. «Siamo gente morigerata. Anche adesso i miei collaboratori si contano sulle dita di una mano».

La forza tranquilla: pacato, agricolo e interista

Marchigiano tipico, si presenta: «Una persona tranquilla, non amo strepitare, evito i toni sopra le righe. Sono perfettamente allineato al comune sentire».

«Ho scoperto in età avanzata la passione per le vigne e gli ulivi. Produciamo vini autoctoni: la vernaccia e la ribona». E quando può, segue l’Inter. «Prima andavo anche in trasferta».

Mancini, testimonial e marchigiano doc

Roberto Mancini lo ha elogiato pubblicamente: «Acquaroli non ha governato bene, ma benissimo». Acquaroli ricambia: «Detto da lui, è un onore immenso. Lo ammiro profondamente. Anche lui è un marchigiano doc: umile, garbato, generoso».

Ricci insinua: Mancini avrebbe ricevuto un milione di euro per promuovere il turismo. Acquaroli risponde: «Pensare che uno come Mancini possa farsi condizionare da una cosa del genere, è davvero fuori dal mondo. E comunque, grazie a quella campagna pubblicitaria, abbiamo avuto il record assoluto di turisti».

Un festival per Senigallia

Ora un nuovo sogno: portare il Festival della Canzone Italiana a Senigallia. «È un’idea meravigliosa. Mi piace moltissimo. La città ha le caratteristiche perfette. C’è persino la famosa rotonda sul mare».

Acquaroli crede nel potenziale della sua terra: «Se ci sarà un’opportunità, di sicuro la percorreremo. Non ci sentiamo secondi a nessuno. La nostra regione è bellissima: dal mare agli Appennini, passando per colline stupende e valli mozzafiato. E poi siamo la terra di Leopardi, di Raffaello…». E di Mancini. «Se ci penso, mi emoziono ancora».

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