
Made In Italy
“L’ex Ilva è salva. L’industria italiana può ancora avere l’acciaio”, l’annuncio di Urso dopo il rilascio dell’Aia
La Commissione europea resta invece sotto accusa per i ritardi. Parte un'indagine della mediatrice Ue. E sul rigassificatore il ministro frena: "Non posso fare una gara se il Comune si oppone"
Taranto non spegnerà i suoi altiforni: «La siderurgia italiana è salva, l’industria italiana può ancora avere l’acciaio». Così, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha dato la notizia. L’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale per l’ex Ilva — oggi Acciaierie d’Italia — ha dato il via libera. Nel corso di un intervento al congresso della Cisl, Urso lo ha rivelato: «Mi è appena arrivato il messaggio che è stata rilasciata pochi minuti fa. Lo stabilimento è salvo e continuerà».
L’ex Ilva è salva: Urso annuncia l’ok del Mase
Una comunicazione importante e attesa, che evita il collasso di uno dei gangli strategici del sistema industriale nazionale. Un tassello provvisorio, certo, ma decisivo: l’Aia rilasciata dal Mase (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) permette di superare, almeno per ora, lo stallo giudiziario legato alla sentenza pendente presso il tribunale di Milano — che rischia di mandare a casa i 25mila lavoratori sia a Taranto che al Nord». E quindi «per evitare questo, il governo si assume la responsabilità, attraverso gli organi tecnici competenti, di rilasciare un’Aia che consenta di tenere aperti gli stabilimenti».
Urso ha ribadito la sua visione: «L’obiettivo è fare di Taranto il polo siderurgico più avanzato, più significativo in tecnologia green dell’intera Europa e forse del mondo. Questa è la scommessa, la sfida: fare dell’Italia l’unico Paese europeo pienamente decarbonizzato, forte di produzione siderurgica, competitiva sul mercato europeo e mondiale».
Bruxelles nel mirino della mediatrice Ue
Mentre il governo cerca di garantire la continuità dell’impianto, da Bruxelles arriva l’eco di una battaglia parallela. La mediatrice europea Teresa Anjinho ha aperto un’indagine per fare luce sui presunti ritardi nella gestione della procedura d’infrazione contro l’Italia per le violazioni ambientali legate all’impianto di Taranto.
È stata la stessa Anjinho a comunicare l’apertura dell’indagine con una lettera indirizzata a Ursula von der Leyen. La Commissione avrà tempo fino al 30 settembre per fornire chiarimenti puntuali sulle misure adottate sin dal 2013, anno della prima lettera di costituzione in mora a Roma.
La mediatrice ha inoltre chiesto accesso all’intero fascicolo della procedura: valutazioni interne, documenti, corrispondenze. Un’operazione trasparenza che rischia di aprire un vaso di Pandora su dodici anni di silenzi e omissioni.
Il nodo del rigassificatore
Sul tema della nave rigassificatrice, Urso ha inoltre chiarito i limiti dell’azione governativa. «È di competenza del Comune di Taranto», ha dichiarato senza mezzi termini. «Né posso fare una gara sapendo che il Comune si oppone a un fattore abilitante. Nessuno investe se non ha la certezza che poi si possa realizzare l’investimento. Stiamo aspettando».