
Delitti italiani/11
La strage di via Caravaggio a Napoli, quei tre morti ammazzati rimasti senza giustizia
Cinquant'anni fa lo sterminio di un'intera famiglia nella città partenopea. Un solo indiziato fu arrestato e poi assolto. Anni dopo ottenne un risarcimento milionario
La strage di via Caravaggio a Napoli rappresenta un altro emblema di casi irrisolti in Italia. Con il doppio pedaggio di essere stata anche colpevolmente dimenticata. Come se quella famiglia sterminata fosse stata archiviata senza più appello.
La strage di via Caravaggio: 50 anni fa
Secondo la ricostruzione, la strage avvenne nella notte tra giovedì 30 e venerdì 31 ottobre 1975 all’incirca tra le ore 23:00-23:30 e le 5 del mattino, al quarto piano del n. 78 di via Michelangelo da Caravaggio, nella parte alta del quartiere Fuorigrotta, nell’abitazione delle vittime. Furono uccisi, prima colpiti alla testa con un oggetto contundente mai identificato e, successivamente, feriti alla gola con un coltello da cucina, Domenico Santangelo, 54 anni, rappresentante di commercio, ex capitano di lungo corso ed ex amministratore condominiale, simpatizzante del Msi con cui fu candidato alle elezioni locali, la sua seconda moglie Gemma Cenname, 50 anni, ostetrica ed ex insegnante, e la figlia di lui, Angela Santangelo, 19 anni, impiegata dell’Inam, nonché il loro cane, uno Yorkshire terrier di nome Dick, soffocato con una coperta.
I corpi di Domenico Santangelo e di Gemma Cenname furono depositati, assieme al cagnolino Dick, nella vasca del bagno padronale; il corpo di Angela fu avvolto in un lenzuolo e adagiato sul letto matrimoniale.
Le indagini e l’arresto di Domenico Zarelli
Nell’appartamento furono rilevate impronte digitali e impronte di scarpa, che risultarono compatibili con quelle del principale indiziato, Domenico Zarrelli. Figlio di un giudice, nipote di Gemma Cenname, fu imputato sulla base delle dichiarazioni rilasciate da un testimone, un sarto che abitava in via Caravaggio, tale Laudicino, e di altri elementi indiziari (tra cui tracce di ferite nella mano destra compatibili con i morsi di un cagnolino o con l’uso violento di un oggetto contundente).
Il processo, la condanna, l’assoluzione
Zarelli fu condannato all’ergastolo in primo grado il 9 maggio 1978 con l’accusa di aver compiuto la strage in preda a un raptus, causato dal rifiuto della zia Gemma di prestargli del denaro. In carcere studiò giurisprudenza e divenne egli stesso avvocato penalista.
Zarrelli, che aveva dichiarato di non essere mai stato quel giorno a casa della zia, venne successivamente assolto in appello, nel 1981, per insufficienza di prove, dopo aver passato cinque anni in carcere. Dopo l’annullamento della sentenza da parte della Corte di Cassazione, fu nuovamente assolto, con formula piena, dalla Corte di Assise di Appello, sentenza confermata dalla Cassazione il 18 marzo 1985. Tra i suoi legali, il leggendario Alfredo De Marsico.
Il risarcimento per l’ingiusta detenzione
Nel 2006 Zarelli venne risarcito dallo Stato per danni morali e materiali con un milione e quattrocentomila euro. La difesa sosterrà sempre che ad uccidere quella sera fossero stati dei killer professionisti. Senza capire il movente.
Le nuove prove contro Zarelli e il “ne bis in idem”
Nell’ottobre 2011 il procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo, in seguito a un esposto in cui venivano fornite informazioni utili al rinvenimento di alcuni reperti presso gli archivi del tribunale, ha disposto nuove analisi scientifiche tra cui quella dell’impronta genetica. Nel 2014 le analisi scientifiche effettuate sui reperti trovarono tracce della presenza del profilo genetico di Zarrelli sui mozziconi di sigaretta e su un pezzo di un tessuto di uno strofinaccio.
Ma se anche Zarelli oggi fosse reo confesso non sarebbe più processabile per il principio del ne bis in idem: essendo già stato assolto non può più finire sotto processo. E in ogni caso la procura ha chiesto l’archiviazione il 2015. L’avvocato è estraneo a quel terribile fatto.
Chi compì la strage di via Caravaggio?
Perché quelle tre persone furono uccise il 31 ottobre del 1975? Non lo si saprà mai. Quale fu il movente? La signora Cenname fu derubata dall’assassino o dagli assassini. Gli avvocati di Zarelli dissero che erano stati dei professionisti. Ma cosa poteva nascondere una tranquilla e normale famiglia borghese napoletana? La zia aveva denunciato più volte Zarelli. Le impronte erano sue ma il processo si chiuse con l’assoluzione.
Come nel capolavoro di Dario Argento, Profondo Rosso, è possibile che tutti i segreti fossero in quella casa. E che il giallo, come il quadro a tre teste del film, potesse essere risolto all’inizio. Ma non avvenne. Un altro dei delitti italiani avvolti nel mistero.