
Come Parigi e la California
La Milano furbetta per soli ricchi, snobismo e wokismo. Il peggio del capitalismo favorito dai “comunicatori” della sinistra!
Il giudizio di Alessandro Gilioli, già capo-redattore dell’Espresso ed ex direttore di Radio Popolare, su Milano è lapidario: “Da città triste, depressa, semi abbandonata, priva di autostima, si è trasformata in quindici anni in una città aperta e vitale, piena di iniziative, di locali, di piazze tattiche e di zone a trenta, dove la gente non scappa più il venerdì sera e anzi arrivano perfino i turisti – e pure con un paio di assessori al welfare (Majorino e Bertolé) che si sono fatti in quattro per aiutare gli ultimi alla rovescia: questo è costato l’espulsione dalla città dei ceti popolari e anche di una fetta della classe media, una cementificazione assurda verso l’alto ma non solo, una gentrificazione che nemmeno Londra vent’anni fa, affitti che nessun lavoratore normale può più permettersi, la burinizzazione di vaste aree dove si consuma più cocaina che acqua potabile, la regalìa a pochi privati di enormi profitti. Il tutto con giunte di centrosinistra”.
La gentrificazione di Milano
Il fenomeno della gentrificazione (processo di trasformazione urbana in cui un’area precedentemente degradata o popolare viene riqualificata e attrattiva per un ceto sociale più elevato, spesso a scapito dei residenti originari) non riguarda tuttavia solo Milano; Pierre Liscia nel libro “La vergogna” denuncia le politiche della sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo, definendole in contraddizione con i propositi da lei enunciati in campagna elettorale: voleva promuovere il verde ma ha cementificato la città; ha predicato la democrazia partecipativa ma ha imposto le sue decisioni senza consultazioni; ha elogiato la diversità sociale ma ha accelerato la gentrificazione; ha promesso una città accogliente ma ha allontanato le famiglie; ha elogiato il dialogo ma ha sempre ostentato il più mediocre settarismo. Parigi è danneggiata ed umiliata; ciò che fu l’orgoglio dei parigini e del popolo francese ora è solo un vago ricordo.
Christophe Guilluy nel libro “I diseredati” scrive che i ceti popolari, costretti ad abbandonare le grandi città, sembrano personaggi dei Miserabili di Victor Hugo, si sentono come gli indiani nelle riserve; a poco a poco perdono tutti i loro punti di riferimento; il quartiere, la piazzetta, il bar. Gli alloggi popolari non sono sufficienti a soddisfare questa migrazione massiva.
Le classi superiori si discolpano utilizzando il solito refrain: i ricchi fanno vivere queste regioni grazie all’indotto economico che creano. Questa teoria vale anche per le metropoli e serve a discolpare i più ricchi dall’impatto delle loro scelte. Nei paesi occidentali la gentrificazione ha colpito il 25% della popolazione, un peso demografico che provoca cambiamenti sociologici e politici. I litorali e i centri storici delle grandi metropoli hanno la stessa componente sociologica; classi imprenditoriali, borghesia tradizionale o progressista e pensionati agiati.
Le roccaforti elettorali della sinistra
Paradossalmente questi quartieri sono diventati i bastioni elettorali della sinistra e dell’estrema sinistra, mentre, lontana dai quartieri residenziali e dai litorali, la maggioranza delle classi popolari ingrossa le file dell’astensionismo e dell’estrema destra.
Christophe Guilluy sostiene che qualunque “imbecille” possa guidare una metropoli poiché tutto il potere decisionale é nelle mani di una potenza economica, finanziaria, immobiliare di fronte alla quale la politica può ben poco. Il territorio funziona da solo. La gentrificazione riguarda i centri delle metropoli (residenze principali) e i litorali (residenze secondarie). Per le classi popolari l’acceso al mare diviene sempre più difficile, mentre i centri delle metropoli sono oramai delle cittadelle vietate; le classi popolari sono relegate nelle periferie ghetto e la loro presenza viene progressivamente ridotta in tutti gli spazi; città gentrificate e periferie degradate. Un sogno!
Lo sviluppo di questo modello urbano elitario e classista è passato in sordina grazie all’adesione della borghesia urbana ai valori della sinistra. Se questa politica fosse stata imposta dalla destra avrebbe generato una violenta reazione sociale. Il peggio del capitalismo, favorito dalla migliore agenzia di comunicazione, la sinistra. Ma vincere Parigi ha significato perdere il popolo. Prigioniera del suo ghetto metropolitano, la sinistra ha perso la sua base sociologica tradizionale, quella della Francia periferica. Dietro l’enfasi comunicativa (città aperta, verde, solidale), il modello metropolitano ha provocato ovunque lo stesso massacro sociale.
La de-industrializzazione, la precarizzazione del lavoro, la terziarizzazione dell’economia che ha avvantaggiato pochi, hanno ampliato la frattura sociale.
La lotta tra ambientalisti d’élite e ceti popolari
I ceti benestanti si lamentano della qualità dell’aria, rendono impossibile l’accesso delle vetture nelle ZTL ed evocano enfaticamente la “fine del mondo”, mentre i ceti più disagiati devono combattere per arrivare alla “fine del mese”. Le persone ordinarie sentono che questo mondo non è per loro e disertano le elezioni, partiti e sindacati e quelli che non disertano le urne sono attratti dall’estrema destra. L’ascensore sociale si è fermato. Il mondo in alto si racchiude nelle sue cittadelle e promuove la società inclusiva, si batte (a parole) per il servizio pubblico e per il modello sociale mentre fa di tutto per smantellarlo. Proclama l’uguaglianza ma promuove le diseguaglianze; parla di tutto, della fine del mondo, del vivere-insieme, della democrazia, del fascismo, mentre le classi popolari nutrono un crescente disagio e sentimento di odio verso queste raffigurazioni grottesche della realtà. Si denuncia, a giusto titolo, la distruzione ambientale ma si ignora la distruzione sociale della società tradizionale. Le classi dirigenti superiori, sempre pronte a denunciare la catastrofe ecologica che ci minaccia (salvo continuare la metropolizzazione ed un libero scambio mondiale con forti impatti sul clima, come dimostra l’aumento del traffico aereo), esaltano la società multiculturale proteggendosi tuttavia dalla diversità (un modello in cui non credono assolutamente come dimostrano le scelte residenziali e scolastiche per i propri figli). L’ordine sociale viene garantito dalle distanze; le classi popolari non sono dei nemici ma degli emarginati.
Come siamo lontani da quella borghesia illuminata che aveva forgiato una società coerente, una società dove le classi dirigenti non favorivano la secessione ma il bene comune. Le élites golliste e comuniste lavorarono per il bene comune, con grandi piani industriali e di sviluppo del territorio. Come sono lontani i “trenta gloriosi”, i trent’anni di benessere e di crescita della Francia dove le classi popolari si sentirono protagoniste di quel cambiamento epocale! Che differenza con il cordone sanitario invisibile (culturale, politico e geografico) di oggi!
Sottomettendosi agli imperativi del mercato e unicamente a loro, le classi dominanti hanno abbandonato tutto quello che forgia una società (il bene comune, il servizio pubblico, la laicità, la Nazione). Dal greenwashing al socialwashing delle classi dominanti l’obiettivo è il medesimo: attraverso una comunicazione martellante cancellare le tracce e le prove del delitto. Nel 1974 Pasolini attaccava il potere della televisione che stabiliva quello che era lecito e poteva passare e quello che, al contrario, era abbietto, imbecille ed ipocrita ed andava censurato e demonizzato. Se oggi rimpiazziamo il termine televisione con social media possiamo notare l’estrema attualità di Pasolini.
L’ordine morale oggi viene brandito tramite il wokismo. La questione sociale, quando viene trattata dai social media, da Netflix, da Amazon, da Instagram dalle televisioni, non analizza mai le responsabilità delle élites, ma riduce il tutto all’emozione e al piagnisteo. La rappresentazione lacrimale delle classi popolari riassume la questione sociale. Piangere davanti alle telecamere senza mai rimettere in discussione il modello che li sacrifica socialmente. La borghesia progressista, a parole, difende gli immigrati extra-comunitari non per integrarli ma per servirsene. Nei lavori più umili (badanti, camerieri, pulizie domestiche, raiders) rappresentano manodopera a buon prezzo necessaria a garantire il loro modo di vita borghese. Il wokismo è importato dagli Stati Uniti e corrisponde a logiche culturali che tendono a distruggere l’identità di un popolo.
Gli esempi che arrivano dall’America
Francesco Costa nel libro: “California, la fine del sogno” spiega che le eclatanti contraddizioni della California spiazzano qualsiasi osservatore; com’è possibile che le cose vadano così male in un posto in cui tutto va così bene? Com’è possibile che uno degli Stati più ricchi e più di sinistra d’America, dove i progressisti sono più radicali che nel resto del paese e governano indisturbati da decenni, non riesca a risolvere la mastodontica crisi umanitaria delle persone senzatetto? In California sta avvenendo una sorta di gentrificazione su vastissima scala. I quartieri popolari attraversano trasformazioni repentine e perdono la propria identità a causa dell’innalzamento del costo della vita, attraendo nuovi residenti facoltosi ed espellendo la classe media. Ma, nonostante ciò, secondo Costa, in California si vive male, il “California Dream” è in crisi. I tassi di criminalità sono alti e in aumento, le persone senza tetto sono così tante che ogni città ha visto interi quartieri trasformarsi in tendopoli, le scuole pubbliche non brillano nelle classifiche nazionali e durante l’estate la corrente elettrica viene interrotta in continuazione dalla società che gestisce la rete, una delle più corrotte ed inefficienti del paese, allo scopo di evitare che il forte vento che abbatte i tralicci in mezzo alle foreste provochi incendi. Ovviamente gli incendi si sviluppano comunque e diventano sempre più vasti e devastanti. Ogni anno si mangiano un pezzo di Stato, inghiottendo intere cittadine e trasformando l’aria in un veleno. Ma come spiega Costa, il senso di oppressione che un numero significativo di persone sperimenta in California, non si deve soltanto alla qualità dell’aria ma anche al pluridecennale dominio del Partito democratico, che stravince ogni elezione a tutti i livelli. Questa supremazia indiscussa soffoca la capacità dei cittadini di chiedere conto alla politica delle sue decisioni -se un politico democratico governa male gli subentra al massimo un altro politico democratico- e mette sistematicamente fuori gioco gli elettori conservatori, impedisce loro di avere un qualsiasi impatto nella politica locale, oltre che una vera rappresentanza, e fa venir meno uno dei principali incentivi che spingono i partiti a lavorare bene, cioè la paura che alle prossime elezioni possano vincere quegli altri. Sul piano culturale, poi, se c’è un posto nel mondo in cui può avere senso parlare degli eccessi del “politicamente corretto”, quel posto é proprio la California dove sta aumentando in modo impetuoso la severità delle sanzioni sociali e professionali che si abbattono su chiunque non dimostri di essere aggiornato sull’ultima circolare woke.
Di fronte all’avanzare della gentrificazione e del wokismo, i diseredati espulsi dalle grandi metropoli non cercano compassione o sussidi ma di recuperare la dignità perduta. Non cercano un mondo perfetto, ma un mondo che abbia senso!