
Élite in servizio permanente
La giudice Silvia Albano e il solito vizio della sinistra di pensare che i cittadini abbiano bisogno di “amministratori di sostegno”
La presidente di Magistratura democratica rispolvera la tesi cara a certa intellighenzia per il cui il popolo non è sufficientemente maturo per valutare alcune questioni. Chi sarebbe, dunque, l’unico vero e saggio interprete della Costituzione? Chiaramente le toghe
Silvia Albano, esponente di spicco della corrente Magistratura democratica, si lascia andare a dichiarazioni rispetto alle riforme del governo a dir poco sconcertanti. Dopo aver tentato di demolire le politiche migratorie, con le note ordinanze sull’Albania, ora si dedica a trecentosessanta gradi alle politiche del governo Meloni dal decreto sicurezza, all’autonomia differenziata, passando ça va sans dire, per la separazione delle carriere. La giudice racconta, addirittura, di una virata che starebbe distruggendo l’architrave dei principi costituzionali.
Silvia Albano e l’idea del ruolo della magistratura
In una diffusa intervista con Il Foglio, la presidente dei magistrati “progressisti” si esercita in dissertazioni che dimostrerebbero come il ruolo della magistratura sia proprio quello che vediamo esercitato ormai da decenni: numi tutelari dei diritti anche a dispetto di ciò che la Legge impone. Legge che, ricordiamo, è frutto dell’esercizio del potere da parte del Parlamento, espressione del popolo sovrano. Si spinge addirittura ad affermare che il fatto che la separazione delle carriere sia una esplicita richiesta del corpo elettorale non valga a renderla adeguata al sistema democratico, atteso che la sovranità appartiene sì al popolo, ma deve essere esercitata entro i limiti della Costituzione. E chi sarebbe l’unico vero e saggio interprete della Costituzione? Chiaramente la magistratura.
Quella strana idea di sovranità popolare
In buona sostanza la sovranità popolare, non possedendo la maturità per fare consapevolmente e in maniera costituzionalmente orientata le proprie scelte, deve essere messa sotto tutela dalla magistratura. Un manifesto ideologico che trasuda arroganza in ogni sostantivo, in ogni aggettivo e financo in ogni avverbio che viene utilizzato. Debbo rilevare il pregio delle domande poste, con garbo e intelligenza, perché fanno emergere il vero volto di una magistratura che pur di rimanere abbarbicata ai retaggi che per troppi decenni le hanno consentito di esondare oltre l’esercizio della funzione giudiziaria, arriva a menomare il principio consustanziale della democrazia: la volontà del Demos.
Il sottotesto dell’intervista è chiaro: il popolo non ha facoltà di decidere, chiedere, scegliere se queste decisioni, istanze e scelte non si conformano al modello che il ristretto circolo degli oligarchi del pensiero ritengono conforme al proprio modello sociale e politico.
Se i magistrati si arrogano un ruolo che non hanno
Questa lettura non fa affatto i conti né con i principi di diritto, né tantomeno con la consapevolezza dei cittadini, che di tutta risposta seguitano ad individuare nelle dinamiche disfunzionali della magistratura, nelle sue deteriori derive correntizie, uno dei mali maggiori di cui soffre la nostra democrazia. In punta di diritto, il corpo magistratuale è soggetto alla Legge e il vaglio di costituzionalità non è demandato ai giudici in senso lato, ma in prima istanza al Presidente della Repubblica al momento della promulgazione delle leggi, qualora ne dovesse ravvedere la manifesta incostituzionalità le rimanderebbe alle Camere.
In seconda battuta è demandato alla Corte Costituzionale, unico organo preposto a verificare se le leggi rispettano i parametri della carta fondamentale. Pertanto la lettura distorta e che dimostra un ego debordante per cui ogni giudice sarebbe colui che vigila sulla costituzionalità di una norma è, eufemisticamente, quantomeno autoreferenziale.
Non solo toghe: il ruolo fondamentale dell’avvocatura nel sistema giustizia
In questo quadro ricordo il ruolo fondamentale dell’avvocatura, che solleva continuamente questioni di legittimità costituzionale, chiede che ne venga valutata la rilevanza, la manifesta fondatezza e stimola le corti di merito e di legittimità a chiedere la rimessione al giudice delle Leggi; altro tassello fondamentale nell’amministrazione della giustizia che troppo spesso i giudici dimenticano: senza l’Avvocato il processo non si fa.
I cittadini non hanno bisogno di “amministratori di sostegno”
Sotto il profilo poi del Demos, il popolo nel nome del quale la giustizia deve essere amministrata, elemento imprescindibile e, questo sì, architrave del sistema, sa bene cosa vuole e cosa scegliere. Il popolo italiano vive una democrazia matura, nonostante l’intellighenzia di sinistra sia lì a guardarlo ancora con mille puzze sotto il naso, nonostante i megafoni del globalismo e del wokismo ormai siano arrivati a dire che chi vota a destra ha problemi cerebrali, nonostante il mainstream disegni una narrazione per cui il nazismo sarebbe alle porte e nel fascismo siamo già totalmente immersi, nonostante l’élite dei magistrati in servizio effettivo e permanente contro il governo scelto dal popolo si candidino ad esserne gli amministratori di sostegno.
La riforma per una giustizia più giusta, come chiedono gli italiani
Ebbene, considerato il momento storico in cui l’acredine di questa magistratura si sta facendo sentire sempre più forte, non v’è chi non veda una contestualità temporale imbarazzante con l’esito della riforma della giustizia in seconda lettura al Senato. Ad ogni passo della riforma, si sollevano le voci di chi, nonostante il ruolo imporrebbe equilibrio, non riesce ad arrendersi di fronte all’ineluttabilità di una promessa che questo esecutivo ha fatto agli italiani: dare ai cittadini una giustizia giusta ed equa ed eliminare le derive correntizie della magistratura. E dovranno ineluttabilmente arrendersi all’infausto destino di essere scelti con sorteggio per sedere in quell’organo di autogoverno che sino ad oggi, funestato e incancrenito da inaccettabili logiche di potere… infiniti lutti addusse agli Achei.
*Deputata di FdI