
Il lavoro da fare
La cultura di sinistra? Puro conformismo. Ma la destra ha peccato di individualismi, ora è il momento di fare squadra
Già Guareschi sul Candido prendeva di mira l'omologazione degli allora comunisti, che riuscivano a garantirsi sfere di influenza intonando tutti lo stesso coro. La destra ha sempre avuto idee e talenti, ma lasciati in ordine sparso. Per valorizzarli va imparata l'ardua arte della collaborazione
Chissà chi si ricorda delle taglienti vignette di Guareschi sul Candido degli anni 1970: comunisti rappresentati con tre narici (donde, “trinariciuti”), ed errori di stampa sull’Unità presi alla lettera per “obbedienza cieca pronta assoluta” alle direttive del Pci? Una per tutte, quella delle donne grassissime messe sotto un torchio per refuso “comprimere le spose” invece delle “spese”. Era simpatico sarcasmo, però non del tutto fantasioso, se facciamo alcuni recentissimi esempi.
Dopo il triste caso dell’uccisione di una giovane nel 2023, manco due anni fa, l’Italia venne inondata dalla parola “patriarcato” rifilata in ogni occasione anche remotissima dalla vicenda; e anche di fronte all’evidenza che dell’assassino tutto si poteva dire, tranne che avesse la faccia e i modi del patriarca: se mai, il contrario. Ma niente: piovesse, colpa del patriarcato, e lo stesso per il troppo caldo, anch’esso patriarcale. Passata la moda pseudo-antropologica, nel 2025, ogni oratore di sinistra, parlasse anche di trigonometria sferica, è obbligato a informarci che X milioni di cittadini hanno rinunciato a curarsi: X sta per da quattro milioni in su, a fantasia. Da dove piglino questo numero, non si sa, però lo spiattellano anche quanto lamentano le guerre o gli insoddisfacenti risultati della Nazionale. Eccetera, concludendo con il fatto palese che parlano tutti uguale e con gli stessi ordini e contrordini.
Se un domani (quod Deus avertat) la sinistra governasse, sentiremmo da tutti gli intellettualoni che milioni di europei e americani vengono in Italia a curarsi, attesa la perfezione del sistema sanitario… di sinistra; e che le donne vittime non sono minimamente morte per violenze maschili, ma per un virus, anzi sono vive e felici. Alla sinistra, per la verità, questo gramscismo non giova né alle elezioni né al referendum; ma continua imperterrita a ripetere i luoghi comuni di sinistra; e ciò personalmente giova a Tizio e Caio per comparsate in tv e recensioni sui giornali e premi e cittadinanze onorarie.
La destra… beh, se dobbiamo essere pignoli, diciamo le destre, che sono tante e variegate, e in ciò includiamo quelli cui la parola destra sta stretta; diciamo destra per farla spiccia, e troviamo che ognuno ha i suoi filosofi di riferimento (non tutti notissimi!), il suo sostrato culturale ed esperienziale, e proprio perciò il suo linguaggio personale, e un suo stile di orazione e di scrittura; e ci tiene tantissimo a distinguersi in nome dell’io… Pigliamo per esempio i gruppuscoli meridionalisti, i quali sono non meno di 666 (per un totale di 333 iscritti!), ognuno con un vicepresidente che passa il suo gramo tempo a parlare male del presidente. Vero che non contano nulla in termini elettorali, però fanno chiasso come se esistessero.
Esempio del tutto opposto è l’attuale destra ufficiale, che in quanto destracentro vanta una netta maggioranza in parlamento; e all’interno del destracentro, una prevalenza della destra su ogni occasionale tendenza di centro. E tutto questo per normalissimi risultati elettorali. Ovvio e solare; ma se un osservatore neutro (diciamo, per ridere, un esploratore inviato dal Pianeta Marte) dovesse studiare l’effetto della cultura… beh, delle culture delle destre sulla vittoria elettorale del destracentro, concluderebbe che tale vittoria c’è, eccome, però è derivata da partenogenesi o da una autogestita sollevazione politica e morale degli elettori, non è certo effetto di romanzi o di poesie o di canzoni o di film e tv di destra. Non ho ancora visto Albatross, ma l’unico film, finora, è quello per cui il comandante Todaro è stato promosso… no, ops, retrocesso da sommergibilista a Ong!
Mancano a destra i poeti e narratori e soggettisti e registi e drammaturghi e artisti e cantanti? No di certo, anche se per lunghi anni sono stati vittime del centrosinistra. E del resto, cosa doveva fare, il centrosinistra, se non mantenere il potere e coccolare gli amici? Se mai bisogna stupirsi che oggi il centrosinistra abbia perso sì il potere politico, però continui a mantenere, almeno in buona parte, quello culturale. Qui mi fermo, lasciando la parola a chi può e deve assumere dei provvedimenti.
M’interessa piuttosto porre una domanda: come mai esistano tante persone di cultura di destra, e non una strutturata cultura di destra. Come accennavo, c’è dell’individualismo intrinseco e connaturato, e sta anche bene, però in più d’un caso degenera in autoisolamento; o come se qualcuno avesse timore di perdere qualcosa se fa spazio ad altri. C’è comunque una sensazione di ordine sparso che non favorisce l’organizzazione, e tanto meno l’ottimizzazione delle risorse. Anche delle risorse umane, che non vengono utilizzate per quanto potrebbero dare. Per fare che? Semplicemente per fare quello che deve fare ogni cultura degna di questo nome. Girare un film? Sia film di qualità. Scrivere un romanzo? Sia un romanzo di qualità, e non pistolotti retorici. Raccontare la storia? Sia storia vera.
Ecco un banco di prova. Se sta circolando un testo scolastico esplicitamente contro la Meloni, il punto non è che sia contro, è che l’hanno elaborato con lo stile di un volantino dei centri sociali, quindi non adottabile a scuola, per evidente difetto di metodologia. E non è che bisogna scriverne uno apologetico e altrettanto sballato; è che la storia va raccontata in modo pragmatico e non ideologico; e con tanto di supporto di fatti e date. E un testo va compilato da storiografi seri, e con il dignitoso linguaggio della storiografia. Lo stesso per una storia della letteratura.
Per concludere, ce n’è di lavoro per la… per le culture di destra, se qualcuno glielo propone e crea le condizioni per una feconda attività; ma anche se i singoli smettono di fare i singoli, e imparano l’ardua arte della collaborazione.