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Infrastrutture, porti, regole: il Mezzogiorno può guidare l’Imec, ma servono scelte strategiche e concretezza

“Il Meridione è seduto su miliardi, ma resta fermo”, ammonisce Foti. Fidanza denuncia il globalismo senza regole, Iannone chiede norme marittime allineate e Jannotti Pecci avverte: “L’Italia non può restare passaggio. Deve diventare destinazione”

Politica - di Alice Carrazza - 11 Luglio 2025 alle 18:42

L’ultima giornata dell’European Awareness Days promosso da Ecr a Napoli si è chiusa con il panel più atteso: Imec: Uno sguardo al futuro del commercio tra India, Medio Oriente, Mediterraneo e Transatlantico. Un tema importante per una sfida concreta: riportare il Mediterraneo, e con esso il Sud dell’Europa, al cuore delle rotte globali.

Foti: “Non si cresce senza infrastrutture. Il Sud è seduto su miliardi”

“Il Meridione è seduto su un pacco di miliardi”, ha esordito il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti. Tra Pnrr e fondi di coesione, il Sud ha a disposizione circa 125 miliardi di euro, equivalenti a cinque leggi di bilancio. Eppure, ha denunciato il ministro, gran parte di queste risorse viene dispersa in interventi scollegati tra loro, mentre le infrastrutture restano in secondo piano.

“Lo sviluppo non cade dal cielo – ha detto – ma nasce dalla possibilità concreta di far viaggiare le merci. E per farle viaggiare, servono porti, strade, ferrovie, intermodalità. Se il Mezzogiorno vuole contare, deve attrezzarsi. Altrimenti, l’Imec sarà solo una mappa disegnata da altri, da attraversare, non da guidare”.

Fidanza: “Dal globalismo senza regole al commercio equo tra alleati”

“Per trent’anni abbiamo avuto un globalismo anarchico: ora è tempo di scegliere i partner in base alla coerenza geopolitica”, ha detto Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e vicepresidente di Ecr party. La Cina, con il suo ingresso nel Wto, ha stravolto gli equilibri. L’India e i paesi del Golfo, invece, “sono partner strategici con cui costruire infrastrutture e regole condivise”. E ha aggiunto: “Abbiamo appena votato per eliminare gli Emirati Arabi Uniti dalla lista nera europea. Non si può chiedere stabilità e poi trattare gli alleati come sospetti”.

Fidanza ha anche puntato il dito contro l’ambientalismo ideologico europeo, che – a suo dire – “ha penalizzato i nostri porti con normative come il Dnsh e l’Ets marittimo, premiando sponda Sud del Mediterraneo e porti extra Ue che inquinano lo stesso senza pagare nulla”. Il principio è chiaro: fair trade sì, ma con regole eque.

Iannone: “Il mare è vita. E le regole devono valere per tutti”

Il sottosegretario al dicastero delle Infrastrutture Antonio Iannone ha richiamato alla concretezza: “Le grandi civiltà nascono sul mare. Ma se le norme marittime europee restano distanti da quelle del resto del mondo, finiremo per spingerle altrove”. Secondo Iannone, armonizzare gli standard è una priorità, non solo per attrarre investimenti ma per evitare che i fondi infrastrutturali finiscano per finanziare il declino, anziché la rinascita.

Jannotti Pecci: “L’Italia non è un ponte. È una destinazione”

Il presidente di Confindustria Napoli, Costanzo Jannotti Pecci, ha offerto uno sguardo industriale e strategico: “L’Imec non può essere una scorciatoia per l’Europa del Nord. L’Italia deve essere protagonista, non stazione di servizio”.

Ha sottolineato poi una verità spesso ignorata: mentre i porti del Nord Europa sono monolitici, l’Italia è un unico grande porto diffuso. “Non possiamo pensare Napoli, Genova o Trieste come singole entità. Bisogna valorizzare la rete, l’intermodalità, la sinergia tra territori”.

Quanto all’India, Jannotti Pecci – presidente di Confindustria Napoli – ha messo in guardia: “Non ripetiamo l’errore fatto con la Cina. Il dumping sociale esiste anche lì. Serve equilibrio industriale, altrimenti il Mezzogiorno finirà per subire, non per attrarre”.

Imec: il corridoio esiste se l’Italia si fa trovare pronta

Se c’è un filo rosso che ha attraversato gli interventi, è la necessità di trattare il corridoio che da Mumbai arriva sino a Trieste come un’opportunità politica, economica e culturale. Un’opportunità che presuppone una scelta: dotarsi di infrastrutture moderne, liberarsi di regole autolesioniste, allearsi con chi condivide visione e interessi.

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di Alice Carrazza - 11 Luglio 2025