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Donald Trump e Benjamin Netanyahu

Da Washington al Qatar

Incontro blindato tra Trump e Netanyahu. La Casa Bianca: «Stampa fuori e niente domande nello Studio Ovale»

L'agenda del premier israeliano si allarga agli incontri con Witkoff e Rubio. A Doha i negoziati proseguono in un clima «positivo», ma si attende ancora la «svolta». E dal mondo palestinese arrivano segnali di ribellione ad Hamas

Esteri - di Luciana Delli Colli - 7 Luglio 2025 alle 19:22

Si allarga l’agenda di Benjamn Netanyahu a Washington per discutere principalmente della tregua a Gaza. Prima dell’incontro fissato con Donald Trump per le 18.30 ora locale, mezzanotte e mezza in Italia, il premier israeliano avrà colloqui con l’inviato Usa, Steve Witkoff, e con il segretario di Stato, Marco Rubio. Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, l’arrivo di Netanyahu e la cena con Trump e le rispettive first lady sarà chiusa ai giornalisti. Non sono previsti inoltre punti stampa o domande nello Studio Ovale, com’è stato per i precedenti due incontri negli Usa tra i leader.

Incontro “blindato” tra Trump e Netanyahu

Gli incontri a Washington, a partire dal faccia a faccia tra Trump e Netanyahu, si svolgono mentre in Qatar proseguono i negoziati tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza. Le notizie arrivate da Doha per ora parlano di uno stallo: secondo quanto riferito all’Afp da una fonte palestinese, durante la sessione della mattina non c’è stata alcuna «svolta», sebbene il clima sia riferito come «positivo». «Ma gli scambi proseguiranno e Hamas spera di arrivare a un accordo», ha precisato la stessa fonte. Secondo un’altra fonte palestinese vicina a Hamas sentita sentita sempre dall’Afp, le trattative riprenderanno in serata.

Clima «positivo» ai negoziati di Doha, si attende la «svolta»

In attesa della ripresa dei negoziati, si registrano i sommovimenti interni al mondo palestinese, dove una serie di capi clan stanno manifestando apertamente la loro ostilità nei confronti di Hamas. È un gruppo «vile e spregevole», la cui «fine è vicina», ha dichiarato Yasser Abu Shabab, il leader beduino del clan Abu Shabab, principale gruppo armato che combatte Hamas nella Striscia di Gaza a fianco dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), in una intervista a Ynet, la prima a un media israeliano. «Il mio clan è attivo in un’area che si estende dal Negev al Sinai. Siamo una grande famiglia e tutti sostengono me e le mie azioni», ha spiegato l’esponente della tribù Tarabin. «Non chiamateci milizia. Siamo gruppi che combattono il terrorismo nella Striscia di Gaza”, ha dichiarato l’uomo che Hamas ha bollato come traditore e minacciato di morte. «Mi chiamano criminale, ladro, membro dell’Isis, tutto per spaventare la gente e impedire che mi contatti. Ma non ha funzionato. Chiunque rapisca e uccida bambini, come la famiglia Bibas, non ha il diritto di definire o giudicare gli altri. Sono persone subumane, vili e spregevoli e la loro fine è vicina», ha aggiunto Yasser Abu Shabab, negando qualsiasi legame con Israele: «Siamo uomini di pace e non vogliamo la guerra. Siamo legati solo all’Autorità Nazionale Palestinese, niente di più».

La ribellione del mondo palestinese contro Hamas

Nelle scorse ore il Wall Street Journal aveva rivelato l’esistenza di una lettera di cinque sceicchi che rappresentano clan tribali importanti della città di Hebron, il capoluogo della Cisgiordania meridionale, alle autorità israeliane in cui, dicendosi desiderosi di unirsi agli accordi di Abramo, scrivono che «non ci sarà uno Stato palestinese, neppure tra mille anni. Dopo gli eventi del 7 ottobre 2023 Israele non lo accetterà mai». Come riferisce il Corriere della Sera, i cinque guidati dallo sceicco Wadi al Jaabari, «si dicono favorevoli alla coesistenza, propongono la nascita di una zona industriale israelo-palestinese e dichiarano «tolleranza zero» al terrorismo. In sostanza, appoggiano il progetto di un’autonomia palestinese priva di ogni statualità». «L’Emirato di Hebron (il modo in cui indicano l’unione dei loro clan, ndr) riconoscerà lo Stato di Israele e questi ci riconoscerà come rappresentanti della nostra popolazione». «Netanyahu – si legge ancora sul Corriere – è a conoscenza dell’iniziativa, ma sino ad ora ha reagito in modo molto cauto. Anche perché nelle ultime ore ci sono state parecchie prese di distanza da parte di varie personalità palestinesi. La stessa famiglia Jaabari ha reso noto un comunicato di condanna citato anche dal quotidiano israeliano Haaretz . Vi si legge: “Queste posizioni non ci rappresentano. La famiglia Jaabari è sempre stata e rimane parte integrante della società palestinese”».

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di Luciana Delli Colli - 7 Luglio 2025