
Wokismo o americanismo?
Il Superman “immigrato” di James Gunn sbarca al cinema: polemica sull’apologia dell’eroe venuto da fuori…
L'alieno mascherato torna nelle sale l’8 luglio e scatta lo scandalo. Ma il regista ammette: «Questo lavoro parla di politica e di umanità perduta»
«Superman è un immigrato». È la miccia accesa da James Gunn per lanciare il suo nuovo film: un’esplosione mediatica studiata a tavolino. E chi storce il naso? «Può andare a quel paese», replica senza troppi complimenti. L'”Uomo d’acciaio“, in arrivo sugli schermi italiani l’8 luglio con l’anteprima stampa, non è solo un blockbuster atteso, ma anche un terreno minato. Non per lo scontro tra eroi e villain, bensì tra letture politiche e identità culturali. Gunn, oggi al vertice dei DC Studios come co-presidente e direttore creativo, non fa nulla per celare il messaggio dietro al progetto. Anzi, lo rivendica con fierezza: «Sì questo lavoro parla di politica, parla di moralità».
Il Superman immigrato di Gunn
«Superman proviene da un altro luogo», ha dichiarato al Times of London spiegando che il film «racchiude la storia dell’America» — quella di «un uomo in cerca di una vita migliore lontano dalla sua casa natale». Lontano dunque dall’eroe incorruttibile delle versioni classiche, l’alieno interpretato da David Corenswet — diretto da Gunn — si presenta come emblema di «umanità perduta». E il regista tiene a sottolinearlo: «Questo è un film diverso che parla di gentilezza. Ovviamente ci saranno anche degli idioti tra il pubblico che non lo apprezzeranno proprio per questo».
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