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Il problema del costo dell’energia: vecchie cause e nuove (italianissime) soluzioni

La via italiana

Il problema del costo dell’energia: vecchie cause e nuove (italianissime) soluzioni

Anche se le politiche per la decarbonizzazione continuano ad avere un ruolo preponderante, il  problema del costo dell’energia sta assumendo in Italia e in Europa una assoluta centralità. Ecco perché, nel mix energetico, il disegno di legge sul nucleare può tracciare la via per un possibile “Piano Ippolito”

Energia - di Gian Piero Joime - 6 Luglio 2025 alle 07:00

Il tema dell’energia è al centro del dibattito politico ed economico mondiale, ed è una determinante strategica tanto per l’indipendenza e la sicurezza energetica, quanto per contrastare il cambiamento climatico. La transizione da un modello fortemente basato sulle fonti fossili a un nuovo paradigma fondato sulle fonti rinnovabili impone la ricerca di nuovi sistemi di governo dei sistemi energetici. La sicurezza degli approvvigionamenti, gli  sfidanti obiettivi climatici, l’esigenza  di famiglie e imprese di avere a disposizione energia a prezzi convenienti rendono la trasformazione del sistema energetico una necessità inderogabile ed urgente.

Energia senza politiche: quanto ci sei costata

Anche se le politiche per la decarbonizzazione continuano ad avere un ruolo preponderante sulla scena politica globale, ora il  problema del costo dell’energia, che deprime famiglie e imprese,  sta assumendo in Italia e in Europa una assoluta centralità. Ed è un problema che ha profonde radici storiche e che dipende dalle passate e miopi politiche industriali, e dalla loro sostanziale assenza,  e da ideologiche posizioni ambientalistiche. Un problema che, dopo anni di retoriche green, si concentra nel vecchio e persistente “vincolo del gas”.

Il fabbisogno energetico europeo, nonostante la transizione energetica e le politiche per la decarbonizzazione, è ancora largamente dipendente dalle importazioni di gas. L’Europa è caratterizzata da una scarsa disponibilità di risorse energetiche fossili ed è quindi da sempre esposta alle oscillazioni dei prezzi internazionali, alle dinamiche geostrategiche globali e alle scelte negoziali dei paesi esportatori (come è evidente dalla centralità che gli acquisti di gas USA da parte Europea sembrano assumere nell’attuale dibattito sui dazi). Ne consegue una maggiore fragilità del sistema europeo, caratterizzato in media da costi dell’energia più elevati di quelli dei principali concorrenti internazionali. Ad aggravare ulteriormente la situazione, se l’import dalla Russia aveva mitigato gli effetti della dipendenza fornendo per molte decadi all’Europa gas in quantità abbondanti e relativamente a buon mercato, le drammatiche conseguenze della crisi Ucraina hanno colpito in particolare i grandi sistemi economici – il nostro e quello tedesco – la cui dipendenza dal gas è più pronunciata. (S.Mori “Il falso dilemma”)

L’Italia e il vincolo del gas

L’Italia sembra soffrire più degli altri Paesi europei il vincolo del gas. In Italia il prezzo allingrosso dellenergia è strutturalmente maggiore di quello degli altri paesi europei: noi siamo sopra i 110 €/MWh (con un mix costituito per il 55% da fonti fossili e per il 45 % da rinnovabili), supera i 78 €/MWh in Germania  (con un mix  elettrico basato per il 58 % dalle rinnovabili, il carbone è diminuito ma copre comunque il 22% del fabbisogno mentre il gas altre fossili salgono  al 20%) non va oltre i 58  €/MWh la Francia ( con un mix costituito per il 67% dal nucleare, per il 5% da  fonti fossili e per il 27% dalle rinnovabili)  e i 62 €/MWh la Spagna ( un mix fortemente basato sulla fonte  rinnovabile: oltre 56% da fonti rinnovabili -eolico, solare, idro – il nucleare contribuisce con il 20%, mentre il gas copre circa il 14%).

È evidente che i Paesi – Francia e Spagna – che hanno seguito la via del nucleare, mostrano una maggior competitività di costo energetico.  Tuttavia questa differenza di prezzo non sembra corrispondere al costo della  bolletta: Eurostat indica che nel 2024 la spesa di una famiglia italiana che consuma 2 MWh/anno è stata di circa 60 euro al mese rispetto ai 57 euro al mese medi della area Euro, con un costo dellenergia più alto di circa 3 cent/KWh rispetto allarea Euro (34,5 cent./KWh Italia vs di 31 medi area Euro nel 2024) ma questa è compensata dal minore costo della rete, che è circa metà di quello europeo (18% vs 31% europeo)  grazie all’efficienza della nostra rete.

Sembra comunque evidente che la guerra al caro energia si possa e si debba combattere riducendo la quota del gas nel mix energetico, e ampliando le modalità di fornitura; accelerando lo sviluppo delle rinnovabili e poi favorendo la vendita di energia rinnovabile con contratti a lungo termine con controparti pubbliche o private a prezzi intorno ai 65 – 70 €/MWh, che sono anche il prezzo inferiore di riferimento delle aste del FERX in linea con altri Paesi; accelerando il percorso del disegno di legge sul nucleare italiano; e infine rafforzando il nostro sistema di ricerca e sviluppo, asse determinante per una Nazione con scarse materie prime.  E mi sembra di poter dire che il nostro Paese stia con coraggio percorrendo questa strada.

Il mix energetico italiano e la corsa verso le rinnovabili

L’Italia rispetto agli altri paesi europei impegnati nel percorso della transizione energetica e nella decarbonizzazione, come la Francia e la Spagna,  non ha il nucleare, non utilizza più il carbone, come la Germania, e ha storicamente un mix di generazione sbilanciato sul gas, mix che determina il prezzo allingrosso, deciso dal mercato, per oltre il 60% delle ore. Inoltre il prezzo delle centrali a gas è determinato anche dal costo delle emissioni di CO2, regolato a livello europeo, che tenderà ad aumentare.  E ancora, la transizione verso le rinnovabili potrebbe essere più accelerato.

La domanda di energia elettrica in Italia nel 2024 è stata pari a 312,3 TWh e ha registrato unaumento del 2,2%  rispetto allanno precedente. Il fabbisogno di energia elettrica nel 2024 è stato soddisfatto per l83,7% dalla produzione nazionale destinata al consumo,  e per la quota restante, pari al 16,3%, dalle importazioni nette dallestero. La produzione nazionale lorda è stata pari a 262,7 TWh, registrando un calo del 6,9% rispetto al 2023.

La fonte termoelettrica non rinnovabile ha coperto la maggior parte del fabbisogno, rappresentando il 55,8% della produzione. La  produzione idroelettrica ha rappresentato il 15,4% della produzione totale, in crescita rispetto al 2023; fotovoltaico e eolico hanno coperto il 20,6% della produzione lorda registrando una crescita significativa. Geotermia e bioenergie hanno registrato una lieve diminuzione.  Nel 2024, lItalia ha registrato un significativo incremento nella capacità di produzione da fonti rinnovabili, con linstallazione di oltre 7.480 MW di nuova capacità rinnovabile, superando di oltre 1.600 MW fissato per il quadriennio 2021-2024. Al 31 dicembre 2024 la capacità totale installata da fonti rinnovabili ha raggiunto 76,6 GW, di cui 37,1 GW da solare , 13 GW da eolico, 19,4 GW da idroelettrico, 3,2 GW da bioenergie, 1 GW da geotermico (Fonte TERNA).

Dunque se nel complesso, il 2024 è stato un anno record per le energie rinnovabili in Italia, con una produzione che ha coperto il 41,2% della domanda elettrica nazionale, avvicinandosi alla quota delle fonti fossili, la strada per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per lEnergia e il Clima è ancora lunga. Il  PNIEC ha fissato per il 2030 lobiettivo di raggiungere una capacità totale da fonti rinnovabili pari a 131 GW, capacità composta dal solare fotovoltaico per 79,2 GW,   dalleolico per  28,1 GW,  dallidroelettrico per  19,4 GW, dalle bioenergie per 3,2 GW e dal Geotermico per 1 GW.  Per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario un incremento medio annuo di circa 11 GW, concentrato nel settore fotovoltaico ed eolico.

LItalia sta certamente compiendo progressi significativi nel settore delle energie rinnovabili. Tuttavia per realizzare lobiettivo di altri 57 GW di nuovi impianti per le energie rinnovabili entro il 2030, è necessario e urgente superare alcuni ostacoli che sino ad ora ne hanno limitato lo sviluppo, primo tra tutti i tempi lunghi per autorizzazioni e valutazioni ambientali, e la sovrapposizione di competenze tra Stato, Regioni e Comuni,  vincoli paesaggistici e normativi complessi.

Il mix energetico italiano: la diversificazione delle forniture di gas e il Piano Mattei

Secondo il Piano Nazionale Integrato per lEnergia e il Clima, il «settore gas» continuerà a giocare un ruolo determinante per il sistema energetico nazionale, nonostante sia destinato a integrarsi con i crescenti volumi disponibili di energie rinnovabili. Il gas ha e continuerà ad avere un ruolo preminente per la determinazione del prezzo dell’energia. Sempre secondo il PNIEC, lo scorso anno la domanda di gas è stata pari a 61,7 miliardi di mc, soddisfatta da tre modelli di fornitura:

  • la produzione nazionale, attestata su 2,9 miliardi di mc;
  • le importazioni tramite il binomio navi gasiere/rigassificatori, pari a 14,7 miliardi di mc, (in crescita rispetto agli anni precedenti) e tali da soddisfare circa il 25% del fabbisogno nazionale di gas;
  • le importazioni mediante i gasdotti, pari a circa 44 miliardi di mc (in flessione rispetto agli anni precedenti) e pari a circa il 73% del fabbisogno nazionale di gas.

Come noto, fino  al 2022, il sistema italiano faceva affidamento principalmente sulle forniture terrestri dalla Russia, attraverso gasdotti connessi alla rete europea. Con la crisi ucraina, lo scenario è cambiato radicalmente, e  le rotte marittime hanno assunto un ruolo predominante. Per quanto riguarda la produzione endogena di energia, nei mari nazionali vi sono circa 130 piattaforme estrattive, di cui una decina di supporto a quelle attive, a cui se ne aggiungono una decina inattive.

Il potenziamento della rete di rigassificatori – lItalia dispone attualmente di 4 terminali, sia costieri che galleggianti – può permettere al nostro Paese di ricevere gas via nave da una pluralità di fornitori, superando i colli di bottiglia geopolitici del passato. E in questo senso lo sviluppo dei rigassificatori (con il previsto potenziamento delle capacità produttive annuali delle strutture di Panigaglia, +2 miliardi di mc, di Livorno, +1 miliardi di mc, e di Rovigo, fino a 2 miliardi di mc) e il controllo delle rotte delle navi gasiere, sembrano misure percorribili e  immediate per la diversificazione e il potenziamento degli approvvigionamenti del gas via mare, non solo per rispondere al  fabbisogno energetico nazionale ma anche  in prospettiva a quello europeo.

Grossi passi avanti sono stati fatti nel rafforzamento della rete dei gasdotti.  Come  noto dal dicembre 2020, dopo la fine delle tradizionali palemiche,  è iniziato il flusso d’importazione di gas proveniente dall’Azerbaijan, attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline, proveniente dalla Grecia e con presa di terra a Melendugno, in provincia di Brindisi), che già nel 2021 ha iniziato a immettere un po’ di gas nella rete nazionale e contribuire così alla sicurezza e alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento per l’Italia e per l’Europa. La rete di gasdotti italiana è costituita quindi dal TAP e da altri 3 gasdotti attivi: il Greenstream (dalla Libia a Gela), il Trans Tunisian Pipeline Company, TTPC (dall’Algeria a Mazara del Vallo, via Tunisia) e il Trans Europe Naturgas Pipeline, (in ingresso dal Passo Gries, in Val d’Aosta).

Nel 2024, come detto,  le importazioni attraverso i gasdotti sono state pari a circa 44 miliardi di metri cubi (pari a circa il 73% del fabbisogno nazionale di gas)  con una drastica diminuzione delle importazioni di gas dalla Russia, in entrata tramite l’interconnessione Gorizia-Tarvisio e in corso di graduale azzeramento.  Il principale fornitore di gas per l’Italia è oggi l’Algeria (23 miliardi di mc): al secondo posto, vi è il gas proveniente dall’Azerbaijan (10 miliardi di mc), seguito da quello importato dal Nord Europa (6,5 miliardi di mc) e dalla Libia (2,5 miliardi di mc). Sul versante del gas liquefatto il più importante fornitore per l’Italia e’ il Qatar (circa il 45%) seguito dagli Stati Uniti (circa il 25%) con il restante 30%  suddiviso fra Mozambico, Nigeria, Guinea Equatoriale ed Egitto.

In sintesi il quadro della fornitura del gas, ovvero della principale fonte energetica nazionale, si è in breve tempo profondamente trasformato, con la transizione dalla rotta terrestre a quella prevalentemente marittima e con la crescita della quota del gas liquefatto sul mix energetico delle fonti fossili, ma e’ ancora fortemente dipendente dalle importazioni, e dalla sicurezza del mare: dalle piattaforme off-shore, ai gasdotti nei fondali marittimi mediterranei, dalla  sicurezza delle rotte commerciali delle navi gasiere, ai rigassificatori collocati in infrastrutture costiere o su navi offshore.

La chiusura delle forniture russe ha costretto lItalia a ripensare in profondità il proprio modello di approvvigionamento. La risposta è stata efficace: guardare al Mediterraneo, diversificare le fonti, moltiplicare i canali, rafforzare la capacità di rigasificazione e stringere partnership strategiche. Il Piano Mattei rappresenta il quadro politico di questa visione: una strategia che mira a consolidare lItalia non solo come consumatore, ma come snodo energetico fondamentale per lintera Europa. Lintensa attività diplomatica sviluppata negli ultimi anni ha permesso allItalia di stringere accordi bilaterali strutturati con Paesi chiave del Mediterraneo allargato: Algeria, Libia, Egitto, Mozambico, Congo, ma anche Qatar e Azerbaijan. Questa rete di relazioni energetiche è oggi il perno della sicurezza energetica nazionale, e insieme costituisce lossatura di una nuova politica estera proiettata verso lAfrica e il Medio Oriente. E LItalia può giocare un ruolo di grande importanza  strategica nel complesso scenario mediterraneo   come naturale hub energetico sud-europeo, e la capacità di  gestione  della questione energetica può essere la chiave di volta.

La via nucleare: il Piano Ippolito

Ridurre e diversificare i fattori di dipendenza è una priorità assoluta per chi, come noi, non è dotato di risorse fossili e di materie prime: possiamo scegliere di motivare questa priorità dazione con lesigenza di tutelare ambiente e clima, di garantire lindipendenza geostrategica o di non restare indietro nella lotta per la leadership tecnologica nei settori più avanzati del green tech, ma poco cambierebbe dal punto di vista delle scelte pratiche.

La crescente domanda elettrica prevista nei prossimi anni sull’onda della progressiva elettrificazione dei consumi per calore e trasporti e della domanda crescente per i data center, richiede di concentrare gli sforzi per espandere per quanto possibile la produzione degli impianti solari e eolici, di gran lunga i più economici e di rapida realizzazione. Proprio per le previsioni di crescita della domanda elettrica, il percorso di decarbonizzazione e di riduzione della dipendenza dall’import di fossili non potrà basarsi sulle sole centrali green, a causa dei limiti nell’utilizzo del suolo che si stanno manifestando in modo crescente, e  non solo in Italia.

Gli obiettivi climatici e quelli sempre più stringenti di sicurezza degli approvvigionamenti ed indipendenza energetica evidenziano con chiarezza la necessità per le singole nazioni e le macro-regioni del mondo di ripensare al proprio futuro energetico e al mix necessario a garantirli. Diversificazione delle fonti, disponibilità di energia di base, flessibile e decarbonizzata ed economicità (se confermata), impongono di considerare anche il nucleare nelle possibili scelte, non solo per i Paesi che già ne dispongono, ma anche per gli altri.

In questo ambito il disegno di legge sul nucleare può tracciare la via per un possibile “Piano Ippolito”. Una via per la rilanciare la filiera italiana, ancora molto consistente nei centri di ricerca dell’Enea, nelle università e nelle imprese,  che sia in grado di costruire centrali della generazione attuale a tempi e costi allineati a quelli delle migliori esperienze internazionali, di molto inferiori a quelli che hanno caratterizzato la totalità dei progetti realizzati nei paesi occidentali, e di guidare l’emozionante  percorso della ricerca verso la fusione nucleare.  Una via per riprendere il controllo di una tecnologia che ha sostenuto il benessere delle grandi economie europee negli scorsi decenni.

Il cambiamento di scenario  globale e il rinnovato peso della competitività e della sicurezza degli approvvigionamenti rispetto alle tematiche strettamente ambientali impone di continuare a concentrare gli impegni per rendere il nostro sistema energetico e produttivo più efficiente e meno dipendente dalle importazioni. Oggi l’enfasi va posta sulla capacità autonoma italiana ed europea di sviluppare e controllare le materie prime e le tecnologie,  per assicurare che il rafforzamento del nostro sistema energetico avvenga portando benefici anche dal punto di vista dei costi per i consumatori e per tutto il  sistema industriale.

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di Gian Piero Joime - 6 Luglio 2025