
Tutti contro tutti
Guerre stellari nel Pd, Schlein assediata in una galassia frastagliata da fronde e in balia di correnti che spuntano come funghi (velenosi)
Elly, regina senza corona tra fazioni che pullulano, sonori addii e altisonanti ritorni, alle prese con faide intestine che frammentano in mille rivoli un partito alla resa dei conti con se stesso. Ecco la mappa astronomico-partitica di una entità che, tra civici, riformisti e pacifisti, è sempre più iperbolica e indefinita
Scacco matto (o quasi) e scacchiera ridisegnata (e impazzita?) nel Pd di Elly Schlein. Nella guerra fratricida interna alla frastagliata galassia dem pullulano microcosmi e aspiranti astri nascenti che si combattono la vicinanza alla Terra e al sole dell’affermazione elettorale che fin qui è stato solo un miraggio… E in tutto questo, la “rivoluzione” promessa dalla regina in carica del Pd, Elly Schlein si scontra, come prevedibile, con la dura e immutabile realtà del Partito Democratico.
Quella stessa formazione che, pur cambiando nome e maschera, non riesce a liberarsi dei suoi vizi atavici e peccati originali di universale memoria: il potere delle correnti e dei “cacicchi”, contro cui la segretaria avrebbe dovuto, a suo dire, battersi. Il copione è sempre lo stesso, con nuove repliche di un dramma che vede il Pd implodere sotto il peso delle sue contraddizioni interne. Il tutto riassunto dettagliatamente da un esaustivo riepilogo sullo status quo dal Corriere della sera in edicola oggi.
Schlein regina senza corona di un Pd tra correnti e fronde
Dunque, il catalogo è questo direbbero Don Giovanni e Leporello se fossimo nell’opera di Mozart e Da Ponte: Schlein, che mirava a disintegrare le logiche clientelari, si ritrova invece a fare i conti con la caparbietà di figure come Vincenzo De Luca e, ancor più clamorosamente, è riuscita nell’impresa di spaccare persino la minoranza “riformista”.
Il presidente del partito, Stefano Bonaccini, è costretto a frenare la convocazione della Direzione, consapevole – o forse semplicemente preoccupato – che la sua stessa corrente potrebbe voltargli le spalle. Nel frattempo, poi, personalità come quelle di Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Simona Malpezzi, Giorgio Gori e Filippo Sensi si dimostrano a ogni occasione utile non più disposte a fungere da mero sfondo per le messe in scena unanimistiche della segretaria, minacciando (e la tornata referendaria docet in questo senso), un voto contrario che delegittimerebbe le sue pretese di controllo.
La farsa del voto unanime e il boomerang dei referendum
Insomma: la farsa del “voto unanime”, come del resto ammiccato poco sopra, si è esaurita con il referendum sul Jobs Act. E ora la verità del dissenso è pronta a rivelarsi. Così, mentre la Schlein si dimena tra le sue ambizioni immaginifiche e la bellicosa realtà del partito di cui è alla guida, le correnti, lungi dall’essere debellate, proliferano dentro e fuori il Nazareno come funghi che potrebbero (ahiloro) rivelarsi “velenosi” al primo assaggio.
L’ultima trovata che segnala non a caso il Corsera, ribattezzata dai parlamentari Dem con un cinismo che sfiora il grottesco, è “Mi faccio i fatti miei”. Un nome che, lungi dal denotare disinteresse per la politica, svela un egocentrismo preoccupante e un’attenzione maniacale al proprio destino personale. Ne è capo, eletto sul campo dagli eurodeputati, Antonio Decaro, in attesa di candidarsi alla guida della Puglia. Affiancato per l’occasione da Matteo Ricci, il quale ha sua volta, come noto, ambiziose mire sulla Regione Marche.
Il Pd della Schlein: un partito frazionato in mille correnti
Una fotografia emblematica, quella che il Corriere scatta, di un partito che è un agglomerato di microcosmi e interessi individuali che più che un pianeta politico coeso e a se stante, sembra presentarsi come una serie di galassie che roteano su loro stesse e per loro conto, al di fuori di un sistema-partito andato in frantumi. Poco prima è nata “Rete civica e solidale”, tenuta a battesimo dall’europarlamentare Marco Tarquinio, dal vicepresidente del gruppo Dem a Montecitorio Paolo Ciani e dalla governatrice dell’Umbria Stefania Proietti. Una corrente che, si sussurra nei corridoi, avrebbe la “pace nel cuore” e la “Russia” un po’ meno velatamente, dimostrando la solita doppia faccia (e molte anime) del Pd.
Una matassa ingarbugliata e fazioni a geometria variabile
Non mancano poi le “correnti a geometria variabile”, con un piede dentro e uno fuori il partito. Alessandro Onorato, assessore capitolino ed ex lista Marchini, sponsorizzato da Goffredo Bettini, ne è un esempio lampante. Così come i comitati “Più uno” di di Mr fisco (e recupero crediti) Ernesto Maria Ruffini, supportati da ex parlamentari dem e, si dice, persino da Romano Prodi. Una matassa ingarbugliata di ex, di entità di ritorno e “illuminati” che cerca di dettare la linea a un partito sempre più smarrito e confuso.
Evergreen e soliti ritorni
E poi c’è il “classico”, l’evergreen “Area Dem” di Dario Franceschini, mai veramente sciolta nonostante gli annunci, che continua a dettare legge e a pianificare la creazione di un nuovo soggetto politico di centro, con la “leader” Silvia Salis già nel mirino. Un obiettivo condiviso da Bettini, erroneamente associato a Zingaretti, con cui i rapporti sono ormai interrotti, e da Beppe Sala, in procinto di lanciare una sua associazione.
Pd di Elly Schlein: un arcipelago di correnti (in continuo aggiornamento)
I “Dems” di Andrea Orlando, con i fedelissimi di Schlein Marco Sarracino e Peppe Provenzano, i “Giovani Turchi” – ormai non più così giovani – di Matteo Orfini e Francesco Verducci, e gli ex Articolo 1 Roberto Speranza, Arturo Scotto e Nico Stumpo (quest’ultimo sempre più vicino all’Organizzazione di Igor Taruffi), completano il quadro di un partito che è un vero e proprio “arcipelago” di fazioni. Infine, ciò che resta dei “lettiani” ha dato vita a “Crea” con Marco Meloni, Silvia Roggiani e Anna Ascani.
Fedelissimi, vecchi vizi e pubbliche (e pubblicizzate) virtù…
Infine, arriviamo al quid: la “mega corrente” di Schlein, paradossalmente, la più ristretta: una cerchia di fedelissimi come Igor Taruffi, Gaspare Righi, Flavio Alivernini, Marta Bonafoni e Marco Furfaro, con Francesco Boccia che si muove in una relativa autonomia di facciata. In sintesi, il Pd della Schlein non è il partito del cambiamento, ma la solita, vecchia, inamovibile massa di materia composta da interessi pubblici, carrierismi personali e divisioni interne. Un modello che, se non fosse per le gravi ripercussioni che potrebbe apportare nella guida della nazione, farebbe solo sorridere (amaramente)…