
Le inchieste sulla sinistra
Giustizia e doppia morale: da Berlinguer a Pd e M5S. Come assolvere in anticipo gli amici condannando gli altri..
Da Togliatti a Tangentopoli passando all'attualità l'analisi di un fenomeno e di un binomio culturale e politico che ha difficoltà a essere abbandonato
Una volta persino Giuseppe Prezzolini disse: “Siamo tutti diversamente cristiani e di sinistra”. Su questo elzeviro provocatorio piomba la questione della giustizia. Che in se conterrebbe anche la parola giusta, che Mauro Mellini pose al centro della sua battaglia garantista. Certo è che le vicende che questi giorni interessano il Pd, da Milano a Pesaro, non sono di facile lettura. E richiamano alla necessità ontologica di fare un’analisi che parta da lontano. Dalla questione morale, che sembra valere solo per il nemico, a sinistra. E se l’amico non è abbastanza “amico”, organico, spendibile anche con i forcaioli del M5S, ecco che scatta la condanna preventiva della base giacobina, vedi Sala e non Ricci, verso il quale si va verso una ecumenica indulgenza, in virtù della sua appartenenza all’apparato.
Giustizia e libertà, la contrapposizione
Le diaspore del socialismo e le sue principali scissioni ad inizio Novecento (fascismo e comunismo) nascono dalla difficoltà di rendere compatibile l’idea di giustizia con quella di libertà. Il soffio rivoluzionario del socialismo reale poteva comprendere l’idea di una liberalità? Un punto di rottura che culturalmente fa prevalere la giustizia in chiave di socialità e di abbattimento delle disuguaglianze. Un binomio machiavellico-leninista che condizionerà nel dopoguerra l’azione di Palmiro Togliatti.
Togliatti e i 3mila magistrati assunti senza concorso
Palmiro Togliatti, che nella sua specificità era certamente un politico eccellente, fece due cose sostanziali nel periodo postfascista da Ministro della giustizia: l’amnistia, per recuperare al Pci grandi energie e intelligenze che avevano collaborato con il regime, e l’assunzione diretta di 3mila magistrati. Un numero impressionante che, di fatto, occuperà i gangli vitali della magistratura requirente e giudicante. Molti di loro si fonderanno con le ragioni costitutive di Magistratura Democratica e molti di loro avranno figli che continueranno la carriera giudiziaria. In questo, pur non amandolo in fondo tanto, “Il Migliore”, farà sua la profezia di Gramsci sul rapporto tra potere e società. La Dc, però, pretenderà l’immunità parlamentare come contrappeso all’indipendenza della magistratura.
Tangentopoli? Una conseguenza del 1989
Pensare che Tangentopoli abbia abbattuto la prima Repubblica sarebbe semplicistico. Essa, di fatto, era morta nel 1989 quando, dopo la caduta del muro di Berlino, venne a mancare la sua funzione costitutiva e occidentale. Per puro caso in quell’anno, ma entrerà in vigore nel 1991, Giuliano Vassalli, insigne costituzionalista, socialista, farà approvare una riforma del codice di procedura penale che avrebbe dovuto garantire terzietà e parità tra le parti ma che ha fatto rimpiangere il codice Rocco. La fine della protezione geopolitica in antitesi all’Urss ruppe gli argini. Ma la degenerazione esisteva da oltre 20 anni.
Gli scandali, lo scontro, il coraggio
Il primo scandalo politico fu un’assurda crociata contro Attilio Piccioni, tutta interna alla Dc, per il caso Montesi. Ne emergeranno altri, impuniti, altri ancora coinvolgeranno, ingiustamente, il Capo dello Stato Giovanni Leone, costretto alle dimissioni per niente. Ma, come ricorda spesso Giuliano Ferrara e come scrisse un comunista illuminato come Emanuele Macaluso, l’impenetrabilità del sistema rendeva il pentapartito intoccabile.
Che Dc e Psi, tralasciando i partiti più piccoli, avessero una rete di corruzione diffusa, è lapalissiano. Che chi rubava lo facesse anche per arricchirsi personalmente è sicuro. Nel contempo, però, dovevano fronteggiare una macchina organizzativa straordinaria, qual era il Pci, finanziata per decenni dal Pcus. Quelle tangenti erano utilizzate anche per pagare sedi e dipendenti di partito, per finanziare movimenti internazionali. Insomma, per fare politica.
Le monetine dell’infamia
Il 1993, lo stesso giorno in cui la Camera gli negò (a voto segreto) l’autorizzazione a procedere, Bettino Craxi, forse il maggiore statista del dopoguerra, che era comunque un uomo di sinistra, fu assediato all’Hotel Raphael. Preso a monetine, come simbolo di del malcostume che doveva essere abbattuto. Due anni prima, Craxi commise l’errore di non andare alle elezioni anticipate perché convinto, da D’Alema e Occhetto, di poter realizzare l’unità socialista. Quel giorno, Francesco Rutelli, che poi riscoprirà il garantismo, rifiuta di entrare per protesta nel governo Ciampi. Si compie la vendetta tra massimalisti e riformisti, dopo lo strappo di Nenni e l’apertura di Bettino al socialismo tricolore. Finisce la prima Repubblica.
Dal 1993 ai giorni nostri, il Pd non esce dal guado sulla giustizia
I grandi giuristi liberali italiani, da Franco Cordero a Franco Coppi, imputarono al Pds la colpa di avere lasciato il tema della “libertà” in mano a Silvio Berlusconi. E l’occasione sembra essere stata persa in occasione del disegno di legge sulla separazione delle carriere. Una sinistra riformista l’avrebbe votata, separandosi a sua volta dal connubio culturale con la tentazione del leninismo giudiziario e andando persino oltre. Lo dice Enrico Morando, lo conferma in parte Stefano Esposito, assolto dopo nove anni di calvario, quando propone un “patto repubblicano” che impegni tutte le forze politiche a non chiedere le dimissioni per un semplice avviso di garanzia. Ma sono forze isolate. Il resto del partito si prostra ai Cinquestelle.
Da Raggi ad Appendino la doppia suasion pentastellata
Virginia Raggi fu indagata da indaco di Roma. Chiara Appendino è stata condannata (per una vicenda oggettivamente confusa e relativa a ciò che accadde in piazza a Torino per un finale di Champions). Beppe Grillo ( quando era il nume del Movimento) indagato per vicende di presunta influenza sul governo Conte in favore di imprenditori. Insieme a loro il deputato Riccardo Tucci, il suocero di Giuseppe Conte. In tutti questi casi il Movimento ha difeso a spada tratta i propri esponenti. Ha rispolverato la Costituzione salvo poi metterla in soffitto quando si è trattato di avversari e, anche, di alleati.
I magistrati in Parlamento. l’eredità comunista
Da Federico Cafiero De Raho, che è stato procuratore nazionale della Dda, a Giovanni Scarpinato, i Cinquestelle hanno raccolto l’eredità del Pci, trasbordando in Parlamento le toghe dismesse. E anche questo non sembra un caso ma una strategia. Cosi come non può essere stato un caso che un galantuomo come Giuseppe Valentino sia stato incredibilmente bloccato, mentre stava per essere eletto al Csm, sulla base di un vocio manzoniano diffuso ad arte proprio dai pentastellati. Anche li, occasione persa per il Pd di smarcarsi.
Le inchieste sul Pd chi favoriscono?
La domanda sorge spontanea: le inchieste riguardanti il Pd chi favoriscono? Il centrodestra? No. A Milano si voterà tra due anni, nelle Marche la partita si gioca su altri spunti, in Puglia idem. Il sospetto, invece, è che i Cinquestelle vogliano, indirettamente, uscire dal limbo della percentuale ridotta e tornare a essere protagonisti nell’antipolitica. Per ristabilire i rapporti nella coalizione o per ritentare la terza via che li portò a vincere di fatto le elezioni del 2018.
La soluzione? Il ritorno alla politica
Se Matteo Ricci sente il bisogno di spiegare a Conte che è innocente la strada è quella della sottomissione. Il Pd della Schlein – che sulla tessera ha messo il volto di Enrico Berlinguer per richiamare la sua questione morale – dopo il 2022, non ha abbracciato la bussola di un riformismo garantista. Vuole un campo largo che contenga tutti ma sulla giustizia non si differenzia. Avrebbe dovuto votare la riforma della carcerazione preventiva in parte già in atto e proporsi come forza moderna. Ma è rimasto intrappolato. Tende ad ascoltare gli estremismi della forca che ripropongono semanticamente il dualismo tra giustizia e libertà. Fa la ronda sotto casa di Giovanni Toti e difende preventivamente Beppe Sala. Rischiando di incorrere nella profezia di Pietro Nenni che esortava il Pci a non essere, “puro, perché alla fine c’è sempre qualcuno più puro che ti epura”.