
La discussione in cabina
Disastro Air India, la pista del gesto estremo: “Il pilota soffriva di depressione”. Come nel caso Germanwings
L’associazione dei piloti respinge l’ipotesi, ma nelle registrazioni della scatola nera si sente una voce urlare: "Perché hai spento i motori?". Un fatto che ricorda quello del 2015 in cui morirono 150 persone
«Perché hai spento i motori?». È questo l’urlo disperato, catturato dalla scatola nera, che segna l’inizio dell’epilogo del volo AI171 di Air India. Il Boeing 787 era appena salito in volo da Ahmedabad: 32 secondi di ascesa, poi il boato. Un’esplosione devastante, lo schianto su una mensa universitaria, 260 vite spazzate via in un lampo. Ora la commissione d’inchiesta è inchiodata a un’unica, ossessiva domanda: si è trattato di un errore umano, di un sabotaggio o di un gesto suicida?
Il disastro del volo Air India
Era diretto a Londra Gatwick e partito l’11 giugno scorso. Il jet si inclina, arranca, poi crolla. A bordo vi erano 241 persone; si è salvato solo un passeggero, seduto nel posto 11A. Altri 19 morti erano a terra. I comandi del carburante sono stati portati manualmente da “Run” a “Cut off” esattamente tre secondi dopo il decollo. Una manovra che, per dinamica e posizione dei comandi, non può avvenire accidentalmente.
La depressione del pilota
Il comandante Sumeet Sabharwal, 56 anni, era un pilota esperto: oltre 15.000 ore di volo, di cui quasi 9.000 su Boeing 787. Ma dietro la carriera impeccabile si celava una vicenda personale segnata da lutti e fragilità. Dopo la morte della madre nel 2022, si era trasferito a Mumbai per accudire il padre novantenne. Aveva confidato ad amici: «Altri due o tre voli e poi sarò sempre con papà». Il pensionamento era imminente, la ritirata già decisa.
Eppure, negli ultimi anni si era assentato più volte dal servizio per motivi medici. «Diversi piloti dell’Air India mi hanno detto che soffriva di depressione e problemi di salute mentale», ha dichiarato Mohan Ranganathan, tra i massimi esperti di sicurezza aerea in India, al Telegraph. «Negli ultimi tre o quattro anni aveva preso una pausa dal volo, ottenendo anche un congedo medico per questo motivo».
Tuttavia, sia Sabharwal che il co-pilota Clive Kundar — deceduto anch’egli nello schianto — erano stati giudicati idonei a volare. L’ultimo certificato medico di classe I del comandante è datato 5 settembre 2024.
La conversazione in cabina
Le prime analisi della scatola nera rivelano una discussione accesa in cabina. Il pilota Kundar domanda più volte perché i motori siano stati spenti, e lo fa con tono sempre più disperato. L’altro risponde: «Non l’ho fatto». Poi cala il silenzio. L’impatto.
L’Associazione dei piloti di linea indiani respinge ogni accusa: definisce «irrispettoso e fuorviante» l’orientamento dell’inchiesta, che si concentra sulle condizioni psichiche del comandante. Ma il dato oggettivo rimane: le leve del carburante sono state spostate. E senza quell’azione, il disastro non sarebbe avvenuto.
Fonti occidentali critiche verso il rapporto preliminare redatto dalle autorità indiane segnalano un’omissione significativa: la conversazione tra i due piloti, durata diversi secondi, è stata ridotta a una riga e mezza su quindici pagine.
Il precedente europeo: Germanwings 9525
Non è la prima volta che la depressione in cabina si trasforma in tragedia. Nel marzo 2015, Andreas Lubitz, primo ufficiale del volo Germanwings 9525, approfittò dell’uscita del comandante per chiudersi nella cabina e guidare l’aereo contro le Alpi francesi. Nessun sopravvissuto. In centocinquanta persero la vita.
Lubitz era in cura per tendenze suicide e ritenuto inidoneo. Ma aveva nascosto la diagnosi al datore di lavoro. L’Agenzia per la sicurezza aerea dell’Unione europea intervenne, imponendo la presenza obbligatoria di due persone in cabina. Una regola già abbandonata però nel 2017 da molte compagnie, tra cui la stessa Germanwings. La compagnia madre, Lufthansa, pagò 75.000 euro per ciascuna vittima.
Oggi, dieci anni dopo, l’inquietante copione si ripete. Due piloti, un velivolo tecnicamente integro, un momento critico — il decollo — e una decisione inspiegabile: togliere carburante ai motori per una scelta suicida.