
Quello che c'è a monte
Dalla Pac al Green deal, la sinistra ha messo in ginocchio l’Ue. Ora però tutti sovranisti coi dazi degli altri
Secondo le stime di Mario Draghi l'eccesso di regole interne all'Unione corrisponde a dazi al 45%. La sinistra italiana, in buona compagnia di quella europea, ha contribuito a costruirle. Ora non fa alcun mea culpa e punta l'indice contro Meloni, ma la destra si è sempre battuta e continua a battersi per l'inversione di rotta
Più che un punto di arrivo, l’accordo sui dazi siglato da Ursula von der Leyen con Donald Trump ha l’aria di essere un punto di partenza. Non solo per il contenuto dell’accordo che deve ancora essere dettagliato, a partire dal capitolo delle possibili esenzioni. Ma anche per l’Europa stessa, per la quale può – e auspicabilmente deve – rappresentare la scossa per il cambio di mentalità di cui tanto si parla da tempo. Un cambio invocato a lungo solo dalla destra, mentre la sinistra sosteneva a spada tratta “questa” Europa, oggettivamente arrivata indebolita da se stessa all’appuntamento con la nuova politica tariffaria americana.
La sinistra sui dazi si scopre sovranista. Troppo tardi
Il paradosso dei commenti del giorno dopo è tutto qua: la sinistra lamenta la debolezza di von der Leyen di fronte a Trump, non senza mistificazioni sull’accordo in sé, puntando l’indice contro Giorgia Meloni che avrebbe avuto parte attiva per l’inchino spendendosi per evitare la guerra commerciale. In realtà, se debolezza c’è stata dipende dalle condizioni in cui l’Ue è arrivata al tavolo, che derivano da anni di politiche suicide e che certo non si potevano risolvere nel corso di questi mesi di negoziato. Politiche sostenute da questa stessa sinistra, in buona compagnia di quella europea.
Green deal e Pac: l’esempio di come l’Ue a trazione socialista si è tagliata le gambe
Ci sono due peccati originali, legati tra loro, che l’Ue sconta e che pesano più delle tariffe Usa al 15%: la rinuncia alla produttività e l’eccesso di regolamentazione, entrambi perseguiti con ostinazione. Due esempi che valgono per l’una e l’altra materia: Pac e Green Deal. La prima ha puntato per anni a frenare la capacità produttiva degli agricoltori, al punto da arrivare a erogare sussidi per tenere i campi a riposo; il secondo, pare tedioso anche ricordarlo, ha immaginato vincoli e paletti che hanno messo a rischio l’intero comparto dell’automotive europeo, non ponendosi in alcun modo l’obiettivo di conciliare la sostenibilità economica e sociale con quella ambientale. A dire che questo non andava bene c’è stata negli anni solo la destra, e quella italiana in particolare. Sul Green deal passi importanti sono stati fatti, sulla Pac ci si sta lavorando, ma intanto il governo si è attrezzato con un piano di sostegno interno da un miliardo, il cosiddetto “ColtivaItalia”, per supportare la produttiva dei settori strategici.
L’eccesso di regole e la rinuncia alla produttività
Più di recente, anche Mario Draghi, tanto caro a settori della sinistra, nel suo rapporto sulla competitività ha indicato come cruciale il ritorno dell’Ue alla produttività, avvertendo poi che l’eccesso di regole equivale a un dazio interno del 45%. Una voce cui si è unita quella del mondo produttivo italiano: un paio di mesi fa, proprio in merito alla trattativa sui dazi, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha ricordato che in 5 anni l’Europa ha emanato 13mila norme a fronte delle 3.500 americane dello stesso periodo; il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, più o meno nelle stesso ore ribadiva che anche il mondo agricolo si aspettava dalla Commissione una decisa sferzata in termini di semplificazione. Messaggi non pervenuti alla sinistra italiana, che ancora in questi mesi ha continuato a scagliarsi contro l’impegno del governo per correggere il tiro.
La sferzata italiana a Bruxelles
Commentando l’accordo tra Ue e Usa, Meloni ha spiegato che «l’Italia e l’Europa adesso devono sedersi, devono valutare, lavorare per definire tutti i dettagli, continuare a lavorare per ottenere un accordo che sia il migliore possibile, poi sedersi e interrogarsi su come si faccia a sostenere eventuali settori che dovrebbero essere particolarmente colpiti, questo a livello nazionale». «Credo – ha aggiunto – che anche il livello europeo sia importante, non tanto e non solo in termini di aiuti verso quei settori che possono avere maggiori difficoltà, ma anche rispetto a quello che noi possiamo fare per noi stessi: il tema delle semplificazioni, del mercato unico». «Insomma – ha sintetizzato – c’è tutto un lavoro su cui l’Unione europea non può più perdere tempo, bisogna accelerare e cercare di compensare quelli che possono essere i possibili limiti».
La vera sfida per l’Ue
È la questione principale posta dalla partita dei dazi, perché i dazi magari passano, ma l’Europa resta e bisogna vedere se vorrà continuare a vivacchiare o mettersi in condizione di farsi finalmente vera potenza. Questo è il vero punto politico della partita che si gioca tra le due sponde dell’Oceano, e la sinistra che oggi si scopre sovranista “a valle”, guardandosi bene dal focalizzare quello che c’è a monte, lo manca. Nuovamente.