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Ilaria Salis e il flop del suo libro su Amazon

Ciaone coerenza

Che flop il libro della Salis, nemmeno Sant’Amazon dell’odiato capitalista Bezos la salva dalla penuria di vendite

Il flop del libro mascherato da battaglia anti-capitalista. Alla pasionaria di Avs non è bastata la vetrina e-commerce più gettonata del pianeta. Lei però non si perde d'animo e prova a metterci una pezza attaccando le nozze veneziane del "patron commerciale"

Cronaca - di Bianca Conte - 2 Luglio 2025 alle 20:34

Alla faccia della coerenza: dopo aver postato, discettato, indottrinato, sentenziato e sproloquiato sul matrimonio di Bezos, Ilaria Salis si attacca alla propaganda populista, alle stories di rancore, e al risentimento più viscerale – rispolverando vecchie glorie revansciste a battaglie culturali d’antan – semplicemente perché il suo ultimo libro «Vipera» — che è naturalmente in vendita su Amazon – si sta rivelando un flop commerciale. Trasformando lei nella “Woody Allen dei noantri”, riconosciuta in Europa –o meglio, al Parlamento europeo, dove occupa un seggio sub iudice col verdetto sull’immunità parlamentare che pende sulla sua testa — ma platealmente snobbata sul mercato globalizzato.

Ilaria Salis, il flop del libro mascherato da battaglia anti-capitalista

L’ultima tragicommedia di Ilaria Salis è proprio questa allora: la neo-eletta eurodeputata Avs, a quanto pare, sta scoprendo le dure leggi del mercato, ma solo dopo essersi tuffata a capofitto nelle sue acque più profonde. Il suo libro, lanciato con le trombe della retorica anti-sistema, sta languendo nelle classifiche di vendita di Amazon. E la reazione? Un classico scaricabarile: la colpa, secondo la Salis, sarebbe delle sfarzose nozze veneziane di Jeff Bezos, il patron del colosso dell’e-commerce. Un’associazione di idee degna di un surrealista, o forse più semplicemente, di chi non sa ammettere il proprio insuccesso.

La polemica social della Salis contro Jeff Bezos (e Amazon)

Eppure, la polemica social innescata dalla Salis con il post contro Jeff Bezos e Lauren Sanchez, che hanno scelto Venezia per celebrare le loro nozze, le avrà fatto vendere al massimo qualche copia in più del suo Vipera, il libro uscito lo scorso febbraio per Feltrinelli, in cui l’eurodeputata racconta l’arresto e la carcerazione a Budapest. «Eh», ha ironizzato la Salis su X, «non puoi criticare Bezos se poi vendi il tuo libro su Amazon». E Libero commenta: «Pronti? Ilaria, che in prigione a Budapest s’è scoperta Silvio Pellico, ci spiega come funzionano le vendite: “Una piccola precisazione per i non addetti ai lavori, l’autrice non decide dove viene venduto il suo libro. I canali di distribuzione sono scelti dall’editore”».

Ma il quotidiano aggiunge anche: «L’autrice, lo spieghiamo ai non addetti ai lavori, può chiedere preventivamente alla casa editrice che il proprio capolavoro non venga distribuito su Amazon, e se la casa editrice legittimamente si rifiuta, l’autrice può decidere di affidare il bestseller a un altro editore». Veniamo così all’idea salva-tutto: un disperato tentativo di rimediare all’ipocrisia militante: «Il problema del capitalismo delle piattaforme non sono le piattaforme in sé, ma il capitalismo. E allora cosa possiamo fare, boicottarle? Oppure provare a cambiare il modo in cui queste piattaforme vengono pensate e gestite? Le soluzioni sono due: da una parte la riappropriazione, seppur indiretta, della ricchezza estratta, o meglio sottratta alla cooperazione sociale, cioè dal lavoro, dai dati e dalle relazioni di milioni di persone. Dall’altra», illustra la Salis e riporta fedelmente Libero, «c’è un orizzonte più ambizioso: la socializzazione dei mezzi di produzione. Non è affatto un’idea assurda».

Una cornice esilarante, un quadretto…

Il quadretto, come si evince, è a dir poco esilarante. La stessa Salis che si scaglia contro il “capitalismo predatorio” e le “corporation”, ha scelto di pubblicare il suo pamphlet con Feltrinelli, una delle più grandi e consolidate case editrici italiane, parte di un gruppo editoriale che è tutt’altro che una start-up indipendente di provincia. E, come se non bastasse, ha affidato la distribuzione e la vendita del suo prodotto proprio al “nemico” per eccellenza: Amazon, il gigante guidato dal “capitalista trumpiano” – o almeno così recita la vulgata che è al seguito della Salis – Jeff Bezos.

La domanda, a questo punto, non sorge spontanea, ma è un tuono che rimbomba tra le mura della coerenza politica: ma perché, signora Salis, ha scelto di affidarsi a simili colossi se poi la sua battaglia è contro di essi? Perché non ha pubblicato con una piccola casa editrice indipendente, magari autogestita, in linea con i suoi ideali di “resistenza” e “anti-capitalismo”? La risposta è banale quanto scomoda per la sinistra: perché il mercato, quello vero, funziona così. E per raggiungere un pubblico vasto, anche con un messaggio “rivoluzionario”, si ha bisogno dei canali di distribuzione che il “sistema” offre.

La solita, stucchevole, doppia morale

È la solita, stucchevole, ipocrisia di chi predica bene e razzola malissimo. Si cavalca l’onda dell’indignazione anti-sistema. Così come si demonizzano le grandi corporation. E si invocano rivoluzioni… Ma poi, quando c’è da vendere un libro, un prodotto, un’immagine, si corre ad abbracciare proprio quelle stesse logiche che si pretenderebbe di combattere. La Salis, insomma, dimostra che la sua rivoluzione è a intermittenza: valida solo quando non tocca il proprio tornaconto personale o la propria visibilità.

Il “flop” del suo libro su Amazon è forse meno grave di questa palese contraddizione. Un fallimento commerciale è rimediabile; la perdita di credibilità, quando le parole stridono così violentemente con i fatti, è invece ben più difficile da recuperare. E in questo, la Salis ha dato una lezione magistrale sulla vera natura di certa sinistra “radicale”: molta retorica e una dose massiccia di opportunismo.

 

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di Bianca Conte - 2 Luglio 2025