
L'annuncio di "Left"
Carola Rackete, la paladina degli sbarchi dei migranti e “mito” del Pd, si dimette dall’Europarlamento. Non ci mancherà
Carola Rackete, la ‘capitana’ che sfidò il governo giallo-verde, con Conte premier, approdando sulle coste italiane malgrado il divieto delle autorità, si dimette da eurodeputata. “Ci mancherà molto”, commenta il gruppo The Left annunciando le dimissioni dell’attivista in una nota.”La mia candidatura e il mio mandato hanno sempre mirato a contribuire al rinnovamento del partito Die Linke, un processo che sta procedendo con successo. Come persona attiva nei movimenti sociali, io e il mio team abbiamo discusso fin dall’inizio di come dare forma collettivamente al mandato e questo spirito collettivo si sta ora concretizzando attraverso le mie dimissioni. Ringrazio tutti gli elettori e in particolare tutti i membri del partito che hanno riposto in me la loro fiducia”, ha annunciato in una dichiarazione. “Carola è un’eroina per tantissime persone in tutta Europa e noi di The Left condividiamo profondamente questo sentimento”, ha commentato il co-presidente del gruppo The Left, Martin Schirdewan.
Carola Rackete e gli scontri con Conte e Salvini sui migranti
Carola Rackete è una attivista tedesca di 44 anni (nata nel settembre 1980), nota per il suo ruolo come comandante della nave umanitaria Sea‑Watch 3 nel 2019. In quel periodo ha soccorso decine di migranti nel Mediterraneo e, sfidando il divieto del Viminale, decise di entrare nel porto di Lampedusa per assicurare un trasferimento sicuro ai naufraghi. Subito dopo lo sbarco, l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini la attaccò duramente sui social, definendola una “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “complice di scafisti e trafficanti”, addirittura “criminale tedesca” e “zecca tedesca”. A seguito di questi insulti, Rackete intentò una querela per diffamazione aggravata, sostenendo che oltre a ledere la sua reputazione, tali attacchi avevano scatenato minacce online, contribuendo a un clima di odio che metteva a rischio la sua incolumità. Nel 2023 il Senato negò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, giudicando le sue affermazioni come tutelate dall’insindacabilità parlamentare.