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Spiare le chat di Whatsapp è un reato: si rischiano fino a dieci anni di carcere. Mariti e mogli gelose sono avvisate…

La sentenza

Spiare le chat di Whatsapp è un reato: si rischiano fino a dieci anni di carcere. Mariti e mogli gelose sono avvisate…

Cronaca - di Leo Malaspina - 5 Giugno 2025 alle 10:28

Occhio, mariti e mogli gelose: i giudici hanno sentenziato che non è lecito spiare Whatsapp sul cellulare del consorte, o sul telefonino di chiunque altro, pena una condanna al carcere: fino a dieci anni. No, non lo ha stabilito il tanto contestato (dall’opposizione) dl Sicurezza, ma la Corte di Cassazione in un caso che riguardava una separazione. Il reato ipotizzato è quello di accesso abusivo a sistema informatico. E si rischiano fino a 10 anni di carcere. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello di Messina. Perché aveva estratto alcuni messaggi dai telefoni dell’ex moglie per usarli a suo favore nella causa di separazione. La donna aveva due telefoni. L’uomo è stato condannato per un altro episodio per violenza privata.

Spiare Whatsapp è un reato, anche grave…

Il caso su cui è stata presa la “storica” decisione riguarda Roma. Il Messaggero racconta che la donna aveva denunciato a marzo 2022 atteggiamenti ossessivi da parte del marito. Lo accusava di «averle controllato il telefono dal quale aveva estrapolato alcuni messaggi da una chat con un collega di lavoro, inviandoli ai suoi genitori, per sostenere la tesi di un rapporto sentimentale fra i due. Quegli “screenshot”, più o meno compromettenti, erano stati poi utilizzati nella causa contro la moglie ai fini di addebito della separazione. La Cassazione ha deciso che l’uomo ha «arbitrariamente invaso la sfera di riservatezza della moglie attraverso l’intrusione in un sistema applicativo». Il reato viene consumato anche se c’è il consenso della persona a cui viene spiato il Whatsapp: il fatto che vi siano delle password peggiora ulteriormente le cose. L’accesso al sistema applicativo, infatti, dovrebbe essere riservato al solo proprietario del mezzo. E anche nel caso in cui vi sia il consenso del proprietario vi può comunque essere il reato. Se cioè il proprietario del telefono dà la password a un’altra persona, il permesso per accedere al cellulare è comunque per un lasso di tempo limitato: e se la persona continua a mantenere l’accesso è comunque penalmente perseguibile.

Secondo i giudici, il reato si verifica con il «mantenimento nel sistema posto in essere da chi violi le condizioni ed i limiti». Whatsapp è un sistema informatico perché «è un’applicazione software progettata per gestire la comunicazione tra utenti attraverso messaggi, chiamate e videochiamate. Utilizzando reti di computer per trasmettere i dati, combinando hardware, software e reti per offrire il suo servizio». E quindi, concludono, «sussiste, nel caso di specie, il reato contestato, poiché la protezione del sistema, nel quale l’imputato si è trattenuto abusivamente, era stata assicurata attraverso l’impostazione di una password». L’uomo era anche già stato accusato di violenza privata per un altro episodio. Nel 2022, infatti, la moglie aveva denunciato atteggiamenti molesti e ossessivi, visto che il marito le controllava il cellulare.

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di Leo Malaspina - 5 Giugno 2025