
Ambiente e politica
Spagna, dal Green Deal al blackout: quando l’ideologia verde della sinistra manda in tilt un Paese intero…
Il primo rapporto ufficiale sull'incidente dello scorso aprile smaschera le follie eco-green di Bruxelles: "Il sistema non aveva più sufficiente capacità di controllo" e la rete è saltata
«Il sistema non aveva sufficiente capacità di controllo della tensione». Così, con un giro di parole che più burocratico non si può, la ministra dell’Energia spagnola indipendente di area socialista, Sara Aagesen, ha provato a mettere ordine fra le macerie del blackout che lo scorso 28 aprile ha paralizzato per ore intere zone della penisola iberica. Il governo ha pubblicato in questi giorni il primo rapporto ufficiale sull’incidente, un testo lungo e denso che, più che un verdetto, sembra un preambolo.
Il blackout del 28 aprile: cosa è successo davvero?
Eppure, qualcosa si capisce. E non è esattamente un elogio della lungimiranza tecnica e politica che ha accompagnato la “transizione verde” spagnola. Per dirla in breve: il sistema è fragile. E lo è diventato in nome di un’ideologia, quella delle follie ambientaliste.
Tre fattori dietro il grande collasso
Tre, dicono gli esperti, sono i fattori che hanno portato al gran collasso di fine aprile. Il più vistoso riguarda la gestione di Red eléctrica de España (Ree)— l’equivalente della nostra Terna. La sera del 27 aprile, Ree aveva richiesto dieci centrali sincrone (quelle cioè capaci di “dettare” la frequenza della rete), racconta Il Foglio. Già dieci erano pochine. Una, però, si è poi bloccata per un guasto tecnico. Ree ha deciso di andare avanti comunque, accettando il rischio con nove impianti operativi.
La mattina seguente, alle 12.26, la rete ha cominciato a “traballare” in modo preoccupante. La società di Spagna ha provato allora a correre ai ripari, attivando in urgenza un’ulteriore centrale. Ma il margine di sicurezza era ormai bruciato: sette minuti dopo, alle 12.33, è calato il sipario. «El gran apagón» — il grande blackout — era cominciato.
Le responsabilità di Ree e il ruolo degli operatori
Ora, Ree tenta di scaricare la colpa sugli operatori di mercato. Sarebbero stati loro — si legge nel rapporto — a non rispondere correttamente alle indicazioni di stabilizzazione. Ma l’associazione di categoria Aelec non ci sta e ribatte colpo su colpo.
La variabile rinnovabile: norme vecchie per problemi nuovi
Poi ci sono le rinnovabili. Anzi: la variabile rinnovabile. Nel momento critico del 28 aprile, ben il 22 per cento degli impianti rinnovabili in funzione non rispettava i criteri tecnici minimi richiesti per il sostegno alla rete. Un dettaglio? Non proprio. È la spia di un problema di fondo: la regolazione della tensione da parte delle rinnovabili in Spagna è ancora disciplinata da un regolamento del 2000. Sì, avete letto bene: dell’anno duemila. Un’era geologica fa.
Nel frattempo, però, è cambiato tutto: il sistema elettrico si è fatto sempre più sbilanciato, più intermittente, più esposto alle bizze del sole e del vento. Ma la normativa è rimasta la stessa, come se le pale eoliche fossero ancora poco più che curiosità per turisti.
Quando la retorica ecologista spegne la luce
Il rapporto ufficiale aiuta a capire che in Spagna si è giocato col fuoco. Inseguendo a ogni costo la narrazione di Bruxelles sul Green deal, si sono ignorati i basilari requisiti di sicurezza della rete. Le autorità, ubriacate di slogan ecologici, hanno messo la carrozzone verde davanti ai cavalli della tecnica.
Per carità: la transizione ha i suoi vantaggi. Ma fingere che non abbia anche costi, adattamenti, fatica, rischi, è l’errore che porta dritti al caos spagnolo.
Una lezione anche per l’Italia
E qui, la lezione vale anche per noi. Inseguire le sirene ideologiche dell’ecologismo da salotto — tanto amato dagli occupanti delle piazze del sabato — senza curarsi dei fondamentali significa esporre le nostre economie a colpi di scena come quello del 28 aprile. Perché un conto è il Green deal. Un altro, ben più amaro, è il Great down.