
A volte ritornano
Riferimenti alle Br, sogni di golpe e faide interne: la band P-38 torna a far parlare di sé. Ma è solo la solita solfa
I soliti passamontagna, le solite pose anti-sistema, i soliti richiami alla violenza brigatista: l'ultimo album non è nemmeno più scandaloso, è solo una noia mortale
Il collettivo rap P-38, noto per i suoi riferimenti e per l’ispirazione alle Brigate rosse, ha pubblicato un nuovo album intitolato “Dittatura”. Le loro canzoni hanno creato grande scalpore in passato dal punto di vista mediatico, in particolare dopo l’uscita dell’album “Nuove Br”. In passato, i membri del gruppo sono stati anche identificati dagli agenti della Digos, come ricorda la Gazzetta di Reggio, per poi essere oggetto di un esposto presentato presentato da Bruno D’Alfonso, figlio di un carabiniere ucciso dai terroristi rossi. Anche la figlia di Aldo Moro, Maria Fidia e Lorenzo, il figlio di Marco Biagi, hanno mostrato tutta la loro indignazione per le canzoni del collettivo.
In una delle nuove canzoni intitolata “Brigate Posse” c’è una frase che si riferisce proprio al delitto Moro: «Non sono qui per i soldi, la fama e lo show, voglio vedere chi ha fama dentro una Renault 4». Si tratta della stessa macchina in cui venne ritrovato il cadavere dell’ex Presidente del Consiglio. E ancora, non mancano riferimenti all’antisemitismo: «Mamma mi ha insegnato le buone maniere: vestiti bene e sputa sullo Stato d’Israele». All’inizio della traccia musicale si sente la voce della premier Giorgia Meloni mentre dice «Io sono molto legata alla musica in generale» e alla fine della canzone, invece, uno dei rapper canta: «Le mie rime spaventano il premier».
Gli P38 inneggiano alle Brigate rosse anche nel nuovo album
Nel nuovo album del collettivo rap non mancano ulteriori riferimenti alle Brigate rosse, come la stella cerchiata con la scritta “P38” nella figura. I frontman del gruppo, di cui sono noti solo gli pseudonimi, sono Jimmy Penthotal, Astore, Papà Dimitri e Yung Stalin. Uno di loro ha lasciato il gruppo, si tratterebbe di Papà Dimitri, ma non è chiaro visto che cantano tutti con il passamontagna sulla testa.
Nella canzone intitolata “Paura”, Penthotal se la prende con l’ex membro del gruppo: «Te ne sei andato dal gruppo e tutti hanno detto “vabbè”. Ti portavamo in tour non si capiva perché: eri un po’ scarso, un po’ guardia e un po’ beota di m****». Nella stessa canzone viene pronunciata un’altra frase di ostilità verso l’istituzione giudiziaria, come se fosse una minaccia: «C’è un pm che ha paura di guardarmi in faccia».
Il secondo comunicato: si definiscono “dittatori”
Nella traccia d’apertura intitolata “Secondo comunicato”, nella quale tra l’altro rivendicano che «come ogni organizzazione eversiva abbiamo anche dei pentiti», una delle voci spiega che «giornalisti e giudici volevano la nostra testa, forse facevano bene». In seguito, se la prendono con gli altri rapper: «Cari colleghi, non scomodatevi, sappiamo che siete impegnati a fare i reietti e a giocare ai ribelli. Non siete amici nostri». Poi aggiungono: «Chi non sta da una parte o dall’altra della barricata è la barricata, e noi alle barricate gli diamo fuoco».
«Unendo la virtù del terrore – prosegue la canzone – stiamo colpendo lo Stato, qualifichiamo il golpe, perpetuiamo il putsch. Non senza narcotici, stimolanti e barbiturici». Poi concludono: «Questa è P38 “Dittatura”, signore e signori abbiamo appena preso il potere». Oltre a fare un vanto del consumo di droghe, si cimentano anche nei deliri di onnipotenza.