
I numeri colpiscono duro
Pd ai limiti del grossolano, i ‘No’sulla cittadinanza demoliscono la matematica “creativa”: il centrodestra accresce il bacino dei consensi
Quei numeri colpiscono duro a sinistra. E interrogano anche la destra. Perché sono il fattore più politico della consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno scorsi. Intendo i quattro milioni di elettori che hanno detto No alla riduzione, sic et simpliciter, del numero di anni necessario – da dieci a cinque – per conseguire la cittadinanza italiana: un elemento distruttore della strategia della sinistra. Sbagliata, ai confini del grossolano: rivela l’errore-architrave del polo progressista, partorito da Francesco Boccia, che ha finito per contagiare prima la stessa Schlein e poi Giuseppe Conte, orfano sul punto del renitente Marco Travaglio. I conti sbagliati sui partecipanti al voto, il lunare “avviso di sfratto” al governo, sono stati salvagente illusori per non farsi sommergere dalla marea di astensioni che era largamente prevedibile. Le cifre sono crude: sotto il 30 per cento é una sconfitta, non solo aritmetica, ma soprattutto politica. E – come si sottolinea nell’area riformista della left – un clamoroso tiro nella propria porta, “un regalo alla Meloni”.
Non tutti gli elettori di centrodestra si sono astenuti
Ma “il dato nel dato” sul quale voglio fare una breve riflessione e che demolisce del tutto il teorema Boccia, è un altro e impone un’analisi anche sulla rive droite: non tutti gli elettori che alle scorse elezioni politiche hanno dato il consenso alla coalizione di governo o che hanno maturato via via un’empatia con Giorgia Meloni premier, hanno seguito l’indicazione del centrodestra di andare al mare. Questo il punto di cultura politica che desidero richiamare. Tanti italiani – sono milioni di donne e di uomini – hanno deciso di esprimere con la scheda la propria contrarierà alle politiche della Cgil, fatte proprie dalla sinistra rosso-giallo-verde: c’è un elettorato non impegnato in forme-partito, libero da appartenenze strutturate, mobile o persino volubile, che ha voluto esprimersi “contro”, non indirettamente con l’astensione, come suggerito dai partiti di maggioranza, ma con un No depositato nell’urna. Il che conferma che l’elettorato di centrodestra, incluso quello di Fdi, non coincide esattamente con la sua community politica organizzata; ha una convergenza parallela – usiamo il lessico moroteo – con essa, ma non é la stessa “cosa”, non é sovrapponibile.
Il voto contro le politiche della Cgil e della sinistra rosso-giallo-verde
Così si spiegano i No sulle tematiche del lavoro, una minoranza, certo, ma che ha raccolto dall’11 al 13 per cento dei voti: una percentuale non irrisoria, poco meno o più di due milioni di elettori, secondo i quesiti, che non sono pochi e non sono certo tutti seguaci di Renzi e Calenda, a causa della loro contenuta consistenza elettorale e l’ obiettiva difficoltà di distinguere per il cittadino tra i quattro quesiti. Ma i risultati che mandano all’aria la teoresi progressista sono soprattutto i No registrati sulla cittadinanza: é stata superata la percentuale del 34 %, oltre cinque milioni di voti.
Milioni di No sulla cittadinanza contro il campo largo
É stato uno shock per la rive gauche. Da notare che tutti i partiti del centrosinistra avevano dato indicazione per il No, esclusa la libertà di voto dei 5 Stelle (ma Conte ha votato Sì): sta di fatto che nessuna delle opposizioni al governo Meloni – il campo largo o larghissimo – aveva dato indicazione per il No. Per me, di quei cinque milioni di votanti, una buona fetta è costituita da elettori di centrodestra; o che si sentono, per varie ragioni, ad esso vicini; o che, a maggior ragione dopo il referendum, potrebbero diventare tali: i quali hanno pensato – giusto, a ben vedere – di andare a votare per dare un segnale chiaro e forte col proprio voto negativo.
Un voto che riflette l’ampiezza dei territori di centrodestra e della destra meloniana
Anche a quegli ambienti del centrodestra disponibili a riformare i percorsi verso l’integrazione degli immigrati regolari: naturalmente intendo lo ius scholae e non il taglio crasso e irrazionale al numero di anni necessario per ottenere la cittadinanza. Ora quel voto costituisce, obiettivamente, un ostacolo a imbarcarsi in qualche riforma, anche moderata, ragionevole; teoricamente possibile. Se ne parlerà nella prossima legislatura. Forse. La riflessione da fare: l’area dei partiti di centrodestra- anche della destra meloniana, del partito di maggioranza relativa – non esaurisce i propri territori, effettivi e potenziali, di riferimento e il bacino dei suoi consensi; tra le rovine della macchina referendaria red, ci sia quindi un pensiero per comprendere i risultati meglio e di più, anche “di qua”. Ecco.