
Tribunale di Firenze
Migranti, la Consulta dà ragione al governo: l’ingresso e il soggiorno illegale sono sempre reato
La Corte costituzionale dichiara non fondata la questione sollevata dal Tribunale di Firenze. L'omessa depenalizzazione è legittima e non mina il progetto del legislatore come stabilito anche dal Parlamento
L’omessa depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato è legittima. Lo ha stabilito la Corte costituzionale dichiarando non fondata la questione sollevata dal Tribunale di Firenze, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione dell’articolo 3 del decreto legislativo numero 8 del 2016, nella part::e in cui non prevede la depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
Migranti, la Corte costituzionale dà ragione al governo
L’omessa depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio italiano costituisce “mancata attuazione di una parte dell’oggetto della delega contenuta nella legge numero 67 del 2014: trattandosi quindi di delega in minus, non sussiste la violazione dell’articolo 76 della Costituzione”. È quanto si legge nella sentenza numero 81, depositata oggi dalla Consulta. La disposizione denunciata ha depenalizzato un insieme di reati contemplati dalla legislazione speciale, ma non quello di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
L’omessa depenalizzazione del reato di ingresso illegale è legittima
La sentenza ha precisato che l’omessa depenalizzazione non determina nemmeno lo stravolgimento della legge di delegazione invece evocato dal rimettente. “L’omessa attuazione attiene, infatti, a una singola fattispecie di reato. Sicché non è idonea a minare il complessivo disegno del legislatore delegante, che ha previsto un’azione di depenalizzazione, “cieca” e nominativa, ad ampio spettro, concernente una vasta platea di reati”.
Non pregiudica il progetto del legislatore
La mancata depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno illegale non è, quindi, suscettibile di pregiudicare in radice il progetto del legislatore delegante. La sentenza ha considerato che anche la commissione Giustizia della Camera si era a suo tempo espressa in tali termini, precisando che la scelta del governo si risolveva in “un mancato esercizio della delega su un particolare punto, che comunque è del tutto autonomo rispetto alle altre ipotesi di depenalizzazione”.