
Referendum
Landini bocciato dagli italiani, il flop di un leader bollito. Ora il sindacato in rivolta gli chiede il conto
I numeri impietosi dell'affluenza segnano la sconfitta del leader della Cgil e la distanza siderale tra i vertici sindacali e la base. Il bluff è caduto: la crociata per la tutela dei lavoratori per nascondere stipendi da fame e licenziamenti non ha funzionato
Un flop totale, un fallimento tondo che supera qualsiasi più nera previsione. La diserzione degli elettori all’appuntamento referendario è un brutto risveglio per Maurizio Landini, leader ormai ‘bollito’ di un sindacato che arranca e che oggi gli chiede il conto. L’affluenza ai minimi storici segna un colpo durissimo per l’ex leader della Fiom, che ora sogna un posto in Parlamento. Landini ci ha messo la faccia con una massiccia campagna di comunicazione e il piagnisteo della scarsa informazione pubblica secondo uno stanco rituale.
Referendum, il flop di Landini che ci ha messo la faccia
La percentuale bassissima di votanti, ben lontana dal quorum, fotografa l’enorme distanza tra i vertici del primo sindacato italiano e la sua base, che non crede più alle favole del capo. Volantini, video, piazze e social media: con tutti i mezzi possibili, per settimane Landini ha parlato di diritti, di stabilità, di Costituzione. E mentre comiziava dentro la Cgil continuava a licenziare i suoi dipendenti. Da un lato i pistolotti sulla democrazia, la difesa della dignità del lavoro, lo sdegno per le morti bianche e gli attacchi quotidiani al governo Meloni “affama-popolo”; dall’altro le “pulizie” interne, i mancati reintegri sfidando le sentenze dei giudici. E ancora contratti da fame, chiacchiere su pensioni, precarietà, lavoro stabile e dignitoso e immancabile difesa dell’articolo 18.
La maschera è venuta giù e il sindacato è in rivolta
Landini ha provato con la carta della distrazione di massa utilizzando i soldi pubblici per un referendum “usa e getta” che gli desse respiro e, magari, lo incorasse leader del centrosinistra in cerca di federatori e nuove identità. Ma la maschera è venuta giù trascinando nella sconfitta pure la segretaria dem Elly Schlein che, con scarso intuito politico, ha sposato baldanzosa la crociata referendaria spaccando il partito anche sul dossier lavoro. Metà Pd le ha voltato le spalle platealmente con il “tutti al mare” di craxiana memoria.
Affossare il campo largo sognando un seggio parlamentare
Ma il vero obiettivo dell’ambizioso Maurizio era e resta quello di affossare il campo largo con il trappolone referendario per mettersi alla guida dell’opposizione. Un progetto chiarissimo quando ha invocato alla rivolta sociale dal palco dello sciopero generale contro una finanziaria che confermava il taglio del cuneo fiscale sugli stipendi più bassi. Ora spera di raggiungere la soglia del 30 per poter dire che ha più voti della premier e che i partiti non lo hanno appoggiato. Vedremo. Di sicuro non sarà facile affrontare il punto stampa dopo le 15. Chissà con quali numeri pirotecnici proverà a ridimensionare, con la retorica che non gli manca, il flop davanti al pressing dei giornalisti. La sede del Comitato promotore a Roma – fa sapere una nota – è aperta per seguire in diretta i risultati dei referendum. Ma non ci sarà niente da brindare, solo da leccarsi le ferite guardando a un seggio in Parlamento per ricominciare da zero.