
A pagare restano i civili
Israele blocca per due giorni gli aiuti a Gaza: “Troppi rischi di sequestro da Hamas”. Ma i clan locali smentiscono
Nel mentre viene rivelato un piano post-guerra disegnato tra Washington e Tel Aviv: esilio per Hamas, Gaza in mano agli arabi moderati e un nuovo assetto israeliano in Cisgiordania
Due giorni di sospensione agli aiuti umanitari diretti a Gaza. Una decisione presa con l’obiettivo di impedire che le forniture finiscano nelle mani dei terroristi di Hamas. A confermare la misura è stato un funzionario israeliano, parlando giovedì sotto anonimato. Il blocco è stato attuato dopo la diffusione di un video — rilanciato anche da Naftali Bennett, ex primo ministro e principale oppositore di Netanyahu — che mostrava uomini mascherati, alcuni armati di bastoni, a bordo dei camion.
A Gaza i clan smentiscono: “Non erano miliziani”
Tuttavia, secondo i clan locali, non si trattava di miliziani. «Guardie tribali, non membri di Hamas», hanno puntualizzato. La Commissione Superiore per gli Affari Tribali ha ribadito che «i camion sono stati protetti nell’ambito di un meccanismo di sicurezza gestito esclusivamente attraverso sforzi tribali», escludendo ogni coinvolgimento di «alcuna fazione palestinese».
Il portavoce del governo israeliano, David Mencer, ha dichiarato che i beni «continuano a entrare a Gaza dal sud», ma senza precisare se raggiungano anche il nord della Striscia. Una fonte delle Nazioni Unite ha infatti riferito che «tutti gli aiuti destinati al nord sono stati sospesi». Nessun commento, per ora, né da Unrwa né dalle Forze di difesa israeliane.
“Hamas sta requisendo gli aiuti a nord”
La decisione è maturata dopo una dichiarazione congiunta del primo ministro Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Israel Katz. Mercoledì sera i due leader hanno ordinato all’esercito di redigere un piano per impedire a Hamas di impossessarsi degli aiuti. «Nuove informazioni riservate indicano che Hamas sta requisendo gli aiuti umanitari destinati ai civili nel nord di Gaza», recita la nota ufficiale.
Il video degli uomini mascherati ha scatenato polemiche interne. «Hamas ha preso il controllo degli aiuti umanitari autorizzati da Israele», ha scritto Bennett su X. L’ex premier, intenzionato a tornare alla guida del Paese in vista delle prossime elezioni, ha criticato duramente la gestione del conflitto. Intanto, nella maggioranza, i malumori crescono: le frange ultranazionaliste minacciano di far cadere il governo in caso di aperture su un cessate il fuoco.
I clan locali: “Proteggiamo il pane del nostro popolo”
Dove non arrivano le istituzioni internazionali, a garantire gli aiuti si mettono in moto le famiglie. Nello specifico, clan familiari palestinesi – strutture storiche della società gazawi – rivendicano oggi il proprio ruolo. «I clan sono intervenuti per impedire che aggressori e ladri rubassero il cibo destinato al nostro popolo», ha dichiarato Abu Salman Al Moghani, portavoce dei notabili di Gaza. Secondo Amjad al-Shawa, direttore di una rete di Ong palestinesi, i carichi scortati mercoledì sono stati distribuiti «ai più vulnerabili».
La fame diffusa nella Striscia
La situazione, intanto, resta tragica. Dopo quasi due anni di operazioni militari israeliane, Gaza è allo stremo: mancano cibo, acqua, elettricità. Magazzini e camion vengono spesso saccheggiati, sia da civili affamati, sia da membri di Hamas che ne trarrebbero profitto o rifornirebbero i propri combattenti. Ma il gruppo armato continua a negare ogni coinvolgimento.
Fonti sanitarie locali poi parlano di almeno 118 palestinesi uccisi da fuoco israeliano nelle ultime 48 ore, alcuni nei pressi dei punti di distribuzione dei rifornimenti.
Trump e Netanyahu: telefonata riservata e un piano per il dopo-Hamas
Nel mentre però, sul piano diplomatico, L’Israel Hayom segnala un piano per il futuro assetto di post-guerra. Il firmatario dell’inchiesta, Lazar Berman, racconta che lunedì notte Donald Trump e Benjamin Netanyahu avrebbero avuto una telefonata definita “euforica”, durante la quale sarebbe stato delineato un piano per concludere la guerra entro due settimane.
La proposta prevede la rimozione di Hamas dal potere e la gestione temporanea della Striscia da parte di quattro Stati arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Tutti gli ostaggi verrebbero liberati — 20 quelli rimasti in vita — e la leadership terrorista mandata in esilio. Alla telefonata avrebbero partecipato anche il segretario di Stato Usa Marco Rubio e il ministro israeliano Ron Dermer.
Il piano comprenderebbe anche un’opzione per l’emigrazione volontaria dei cittadini. In cambio, Israele riceverebbe il riconoscimento internazionale della sovranità su alcune aree della Cisgiordania, e nuovi rapporti diplomatici verrebbero stabiliti con Siria e Arabia Saudita.
Tel Aviv, secondo quanto riferito, darebbe sostegno condizionato a una futura soluzione a due Stati, subordinata a riforme profonde dell’autorità palestinese. Gli Stati Uniti, da parte loro, riconoscerebbero formalmente le nuove zone sotto controllo israeliano.