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Sanchéz Macron

Progressismo alla frutta

Dopo Macron, ora Pedro Sánchez: la sinistra europea cambia cavallo e non vede l’ennesimo scandalo

Con Monsieur le Président in ritirata e il primo ministro spagnolo travolto dalle accuse in patrie e dalle critiche sulla spesa militare, i progressisti di Bruxelles restano senza bussola e lo scelgono per disperazione. Ma Elly Schlein lo idealizza ancora a modello

Politica - di Alice Carrazza - 28 Giugno 2025 alle 19:56

In principio fu Emmanuel Macron, il centrista illuminato, l’anti-Meloni per eccellenza, il volto patinato della sinistra travestita da «terza via». Da Parigi partivano le reprimende, le alzate di sopracciglio, le lezioni ai conservatori e sovranisti d’Europa. Oggi, quell’uomo, con la giacca sgualcita e il volto più scavato che spavaldo, sa bene che la fine è iniziata. L’asse dei volenterosi, l’utopia di un’Europa a guida franco-tedesca, è crollata pezzo dopo pezzo. Merz lo ha lasciato al palo. Gli Accordi di Parigi sul clima, oggi, li ritratta. Perfino sull’Iran e su Trump, Macron ha imparato a pensarla diversamente nel giro di poco. E in patria? Lascia fare al ministro dell’Interno Bruno Retailleau (Lr) che va dritto verso destra, anche sull’immigrazione. Altro che centrismo: il pendolo francese è virato di netto. Così, il fronte progressista si ritrova senza guida, e che fa? Si aggrappa — per disperazione — all’ultimo rimasto: Pedro Sánchez.

Sánchez, il nuovo feticcio della sinistra

Il premier socialista spagnolo si imbarca in un’impresa senza capo né coda, facendosi volto di una causa che nemmeno i suoi riescono a spiegare. Eppure, per la segretaria del Pd Elly Schlein, sarebbe ancora l’ultimo baluardo della sinistra europea. Dunque, se da un lato Macron si defila in silenzio, Sánchez al contrario si mette in mostra al vertice Nato a L’Aia, inciampando clamorosamente sulla questione della spesa militare.

Il dossier di FdI: parole chiare

E qui entra in scena un dossier del centro studi del Senato di Fratelli d’Italia, diretta emanazione dell’ufficio del sottosegretario di Stato Giovanbattista Fazzolari, visionato in anteprima da Il Foglio. Otto pagine e un’analisi che smonta punto per punto la linea del premier spagnolo che con la posizione assunta al vertice «rischia di mettere a repentaglio la sicurezza di tutti».

Il passaggio più netto? «Da persone serie abbiamo preso un impegno serio e non intendiamo disattenderlo volutamente solo per qualche voto in più o per mettere a tacere le critiche interne come ha fatto Sánchez che, però, durante il vertice, ha condiviso la Dichiarazione senza obiezioni». Dunque, doppia colpa: firma il documento ma poi lo sconfessa, cercando di mantenere il consenso interno con una formula che si avvicina pericolosamente alla frode morale.

La scommessa irresponsabile di Sanchéz

La Spagna, infatti, non gode di alcuna eccezione: ha sottoscritto gli stessi atti degli altri Paesi. E se l’obiettivo del 3,5% per la difesa è sul tavolo, la pretesa di raggiungerlo con un misero 2,1% appare una scommessa irresponsabile. «Il fatto che Sánchez sostenga di poterli raggiungere con spese inferiori non significa che ci riuscirà. Un impegno serio, come è certamente sempre stato quello della Spagna, dovrebbe almeno ammettere che se la soglia ritenuta necessaria è il 3,5 per cento è quantomeno improbabile che si possano raggiungere gli stessi target con il 2,1».

La sinistra italiana resta indietro

Un colpo alla credibilità dell’intero impianto progressista. Che, nel frattempo, da Parigi alla Penisola, continua a cercare modelli da esibire come trofei. Ed ecco allora che Elly Schlein, senza pensarci troppo, fa di Sánchez un modello. Nonostante gli scandali in casa socialista in Spagna – dalle tangenti rosse al pressing giudiziario che incalza il Psoe – la segretaria dem sembra insistere. Che non abbia un gran fiuto politico lo si era già intuito. Ma che arrivi a ignorare persino l’evidenza per ragioni ideologiche, lascia perplessi. Forse avrà gli occhi coperti da fette di prosciutto. Magari iberico.

Fine del vecchio ordine europeo

Siamo dunque davanti a un nuovo dualismo Meloni-Sánchez? No. Il punto non è più Giorgia contro Pedro. Né lo è stato, in fondo, Giorgia contro Emmanuel. Il punto è il crollo del vecchio ordine europeo. Quello che faceva dell’asse franco-tedesco l’oracolo, e delle sinistre l’alternativa rassicurante. Oggi invece la musica cambia: Macron si adegua, Sánchez annaspa. E l’Italia smette di inseguire: detta il ritmo, nella Nato come a Bruxelles. Non è una sfida personale. È una svolta continentale.

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28 Giugno 2025 alle 19:56