
Il cambio di passo
Dalla Commissione Ue a Londra, si afferma la linea Meloni: «Alla Cedu troppe sentenze a favore dei migranti»
Per il commissario Brunner bisogna «fornire basi giuridiche affinché la Corte possa giudicare in modo diverso». Il ministro dell'Interno francese Retailleau lancia l'allarme sulle frontiere aperte e il Financial Times riconosce: «Le sentenze ostacolano le espulsioni di criminali»
Nato nel 1985 per abolire i controlli al confine tra alcuni Stati membri, il trattato di Schengen ha segnato un passaggio epocale verso la libera circolazione in Europa. Ma oggi, mentre Bruxelles ne celebra i quarant’anni con nostalgie da vecchia Europa senza barriere, a Lussemburgo si alzano i muri sul tema migranti. L’Unione europea, sospesa tra la necessità concreta di difendere i propri confini e l’inerzia ideologica dell’integrazione ad ogni costo, comincia finalmente a seguire il solco tracciato da Roma: rigore, controllo e archiviazione definitiva dell’utopia delle frontiere aperte.
Proteggere i confini europei esterni
Magnus Brunner, commissario europeo per gli Affari Interni e l’Immigrazione, firma sul Messaggero un elogio misurato ma deciso sullo spazio Schengen, definendolo «una delle conquiste più importanti della nostra Unione. Un risultato tangibile, che influisce concretamente sulla vita di oltre 450 milioni di europei, promuovendo il turismo, rendendo i beni meno costosi e offrendo opportunità di lavoro e di studio».
Ma la narrazione encomiastica si infrange alla riga successiva: «In realtà, pochi dei firmatari dell’accordo si aspettavano che fosse così efficace: probabilmente nessuno di loro aveva immaginato che, nel prossimo futuro, ci sarebbe stata una strada aperta dall’Atlantico al Mar Nero». E aggiunge, sulla scia dell’operato del governo Meloni: «Dobbiamo rafforzare le nostre frontiere esterne».
Per farlo, spiega Brunner, l’Ue sta implementando uno dei sistemi informatici più avanzati per la gestione dei confini, potenziando le infrastrutture fisiche e digitali nelle aree più esposte e rafforzando Frontex con nuove risorse operative. Ma non basta: serve una gestione migratoria coordinata e strumenti aggiornati per contrastare le minacce del nostro tempo. «Dobbiamo fare un salto di qualità», avverte.
Retailleau: “Riprendere il controllo delle frontiere”
Dove Brunner cerca equilibrio, Bruno Retailleau – ministro dell’Interno francese e candidato di punta dei repubblicani francesi alle prossime presidenziali del 2027 – però opta per la franchezza. Nel vertice di Lussemburgo, le sue parole, riportate da Maurizio Belpietro su La Verità, colpiscono: «Tutti i popoli europei – indipendentemente dal fatto che i loro governi siano di destra, di sinistra, conservatori o socialdemocratici – chiedono la stessa cosa: riprendere il controllo delle frontiere».
Non è solo un appello tecnico, ma una constatazione politica. E l’avvertimento è netto: «Se non lo facciamo, i cittadini ci cacceranno e ci sostituiranno con partiti di estrema destra e populisti». Retailleau mette in discussione poi il quadro normativo attuale: «Le regole di Schengen sono state decise quando eravamo in un altro mondo. Le cose ora sono cambiate, da quando possiamo vedere che l’immigrazione può essere parte delle armi della guerra ibrida». Il colpo finale? «Rendere le nostre regole molto molto molto più rigide».
Brunner: “Troppe sentenze a favore dei migranti”
Nel medesimo consesso, Brunner apre un secondo fronte, questa volta giuridico: la Corte europea dei diritti dell’uomo. «Troppe sentenze a favore dei migranti», denuncia il commissario, proponendo di «fornire basi giuridiche affinché la Corte possa giudicare in modo diverso».
Il 24 maggio scorso nove Paesi, guidati dall’ Italia di Meloni e dalla Danimarca di Frederiksen, hanno sollecitato una revisione dell’interpretazione della Cedu in materia di espulsioni, denunciando un’ingerenza giudicata eccessiva da parte della Cedu. A sostegno, il Financial Times sottolinea come «le sue sentenze stanno ostacolando la possibilità di espellere criminali stranieri o di controllare l’immigrazione illegale». Il quotidiano britannico evidenzia l’ambiguità giuridica in atto: «L’articolo 3 della Convenzione è usato come un divieto di rimpatrio di chiunque», con il risultato che «si mettono sullo stesso piano i richiedenti asilo, i migranti economici e persino i criminali già condannati».
Solo la sinistra italiana non lo capisce
Eppure, nel panorama italiano la sinistra continua a recitare il solito copione moralista. La bocciatura sonora al referendum sulla cittadinanza, anziché far riflettere, sembra aver rafforzato in certi ambienti la tentazione di perseverare negli stessi errori. Si rifiuta di vedere – o fa finta di non vedere – che l’Europa ha finalmente voltato pagina.