
Lo scandalo "rosso"
Cinema, fondi gettati e killer finanziati. L’incredibile risposta dell’ex ministro Franceschini: “Shhh. Silenzio”
Nei giorni in cui l’Italia si interroga sui fondi concessi per un film mai realizzato a una società di produzione che utilizzava un progetto del killer di Villa Pamphili, Rexal Ford, al secolo Francis Kaufmann, sul “Foglio” di oggi compare una stravagante intervista all’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini, quello che gestiva quei fondi nel periodo incriminato. Stravagante perché Franceschini, al centro di una bufera mediatica legata a una tragica vicenda giudiziaria, fischietta come se niente fosse e scorrendo il testo si fa fatica a trovare un riferimento alla “bomba” del tax credit ai film fantasma, come se fosse un dettaglio a margine.
Il cronista, che ci informa del caffè preso con l’ex ministro con dovizia di particolari – “senza zucchero, amarissimo” – tratteggia il ritratto di un Dario in versione Fiorello, strappandogli una clamorosa confessione. “Vorrei avere un programma in Rai, alla Arbore. Io e Pier Ferdinando Casini. Amo l’arte del cazzeggio”. Ed ecco, che uno dei volti a prima vista più tristi e malinconici che abbia mai calcato le scene della politica, viene raccontato come una sorta di guitto, un istrione, un brillantone. Le domande fioccano. Elly Schlein? “Ha scelto di stare a sinistra”. Giuseppe Conte “putineggia”? “Va lasciato sfogare. Si può stare insieme anche senza stare insieme” (cari fedifraghi, è il vostro lodo). Onorato? “Lo stimo, è una persona di valore. Ma vi prego, prendete qualcosa”.
Il caffè, amarissimo, a beneficio del lettore diabetico. “Divertirsi nella vita, e nella politica, è tutto”, gigioneggia Freanceschini, dando lezioni di vita al cronista alla stregua di un “mago do nascimiento”. Ma attenzione. A un certo punto, colto da un picco glicemico, l’intervistatore si irrigidisce e si ricorda che sì, c’era qualcosa da chiedere, qualcosa sul cinema, su un assassino, su due morte, e dalla punta della lingua si forma finalmente la domanda, ma sotto forma di cazzeggio, eh.
“Con Giorgia Meloni non c’è più credit per artisto-gatti. Ma il tax credit? La destra dice che è colpa sua”, azzarda il fogliante. La risposta è categorica: “Silenzio. Shhh”. Vabbè, ora lo incalzerà, gli rifarà la domanda, lo stuzzicherà, gli farà il culo? No, la risposta piace al cronista. Il silenzio di Dario è Doro. Perché – come direbbe Pino Daniele – “nà tazzulella ‘e cafè, acconcia a vocca a chi nun vò sapè…“.