
Roba da ricchi di sinistra
Bonino e compagni affogano il dispiacere per il referendum fallito al Soho House, il club più esclusivo di Roma
Si chiama Soho House, sorge nel quartiere San Lorenzo e ospita il club più esclusivo di Roma e uno dei più ambiti d’Italia e del mondo. Appartiene a una catena di circoli esclusivi fondata dal miliardario londinese Nick Jones, e che vede come socio di maggioranza Ron Burkle, imprenditore amico della famiglia Clinton, sostenitore del partito democratico, balzato alle cronache per i suoi viaggi con Jeffrey Epstein. Per essere soci del Soho House bisogna pagare un abbonamento che costa almeno un paio di stipendi di un metalmeccanico (magari di quelli iscritti alla Cgil di Landini).
Soho House: Bonino e compagni affogano il dispiacere nel club esclusivo
Il paragone non è casuale perché il comitato promotore dei referendum per il Sì alla cittadinanza ai figli di immigrati ha allestito proprio qui il suo quartier generale, per commentare i risultati. Le ironie si sono scatenate rapidamente: anziché un capannone industriale, una fabbrica dismessa, un centro per migranti, la sede di qualche struttura popolare, i paladini dei poveri lavoratori e dello ius soli hanno scelto una sede da set di Sex and The City. Citazione non casuale, perché in una puntata della nota serie tv, la protagonista cerca di entrare proprio in una delle ambitissime feste alla Soho House.
La rivista GQ ha presentato la Soho House di Roma in via Cesare de Lollis, in questi termini: “Lo spazio occupa un edificio industriale di dieci piani in travertino, con un rooftop da cui ammirare l’intera città, in cui si trovano una piscina rivestita con piastrelle rosse, un bar e un noto ristorante”. Inoltre, “come nelle migliori tradizioni dei club, anche in questo caso, si accede alla rigorosissima selezione attraverso un’application online e solo se si viene presentati da un membro”.
I paladini degli immigrati nel club dove gli immigrati sono in cucina
A dare per primo la notizia, in un sarcastico commento per il Giornale è stato Luigi Mascheroni, che si è visto affibbiare anche l’etichetta di razzista e classista da parte di una delle promotrici del referendum: “La sede è facilmente raggiungibile della stazione”, spiega su X, la signora con un certo tono d’indignazione.
A voler essere pignoli, vicino alla stazione c’è anche via Marsala, sede della Caritas: anch’essa è facilmente raggiungibile e dato che nel comitato d’onore (che comprende tra gli altri Emma Bonino, Filippo Civati e Luigi Manconi) c’è anche il prete militante (a sinistra) don Luigi Ciotti, non sarebbe stato un brutto segnale. Forse, a voler essere coerenti, quella sede era logisticamente più idonea e più coerente rispetto al club esclusivo dove gli unici immigrati presenti stanno in cucina o servono ai tavoli.
Ultima postilla: se il referendum non raggiungerà il quorum, come ormai sembra certo, è molto prevedibile il cambio di palinsesto per i promotori del referendum: da “Sex and The City” ad “Anche i ricchi piangono”.