
Sostrati di una civiltà
Arabo-normanno? Un mito da sfatare: la vera identità dell’architettura medievale in Sicilia tra eredità bizantina e influenze islamiche
Lo stile arabo-normanno? Una semplificazione turistica buona per visitatori “mordi e fuggi”, una definizione orientata ideologicamente, ma, a ben guardare, priva di qualsiasi fondamento. Si dovrebbe parlare di uno stile bizantino-normanno con influssi islamici, in pratica uno “Stile Siciliano”, unico e originale
Spesso si sente parlare di stile arabo-normanno per indicare un crogiolo di influenze che avrebbero segnato la cultura architettonica del medioevo in Sicilia e soprattutto a Palermo. In realtà, tale definizione, pur essendo foriera di suggestioni romantiche, dà un’immagine piuttosto falsata della realtà, perché si fonda su parametri storicamente e culturalmente imprecisi.
Storia di una “forzatura”
Infatti, se si va un attimo oltre l’etichetta, ci si accorge che lo stile arabo-normanno semplicemente non esiste: è niente di più che una forzatura, una semplificazione turistica buona per visitatori “mordi e fuggi”, una definizione orientata ideologicamente, ma, a ben guardare, priva di qualsiasi fondamento. Con onestà intellettuale e coerenza storica, semmai, si dovrebbe parlare di uno stile bizantino-normanno con influssi islamici, in pratica uno “Stile Siciliano”, unico e originale. E sarebbe auspicabile che tutto ciò non restasse appannaggio di soli studiosi di nicchia, ma divenisse patrimonio condiviso dai siciliani, anche solo per restituire alla Sicilia – e a Palermo in particolare, dove da anni esiste l’itinerario Unesco arabo-normanno – la sua identità dimenticata.
Arabi a Palermo? Licenza poetica…
Intanto, è bene sottolineare che anche dietro la stessa parola “arabo” si cela un equivoco storiografico che andrebbe, una volta per tutte, dissipato: sì, perché di arabi a Palermo non ce ne furono! Nonostante da anni si sia imposta una narrazione a buon mercato che vorrebbe Palermo città “araba” (o “mediorientale” come sosteneva Leoluca Orlando), nella realtà i cosiddetti “arabi” che giunsero in Sicilia non lo erano nel senso stretto del termine, poiché erano popolazioni musulmane, questo sì, ma provenienti essenzialmente dal Nord Africa, di origine berbera, altre di origine andalusa, spesso islamizzati da dinastie come quella fatimide o aghlabide. Parlare di “arabi” è una “licenza poetica” (giusto per essere qui diplomatici) che finisce per mistificare anche l’identità reale di quelle genti. Peraltro, il loro contributo (muqarnas, arabeschi, archi a ferro di cavallo) fu soprattutto tecnico-artigianale, non culturale in senso più generale.
La rimozione dei bizantini
Parlare in termini di “Arabo-normanno”, inoltre, è figlio una omissione piuttosto grave: e cioè quei trecento anni di Sicilia bizantina, dimenticati e messi comodamente in soffitta. Quando nel 1061 i Normanni sbarcarono a Messina e dopo, quando nel 1130 nacque il Regnum Siciliae con Ruggero II d’Altavilla, i Normanni furono fautori di un crogiuolo culturale, ma non diedero certo vita a un’architettura post-araba o “arabo-normanna”, né tantomeno si lasciarono sedurre dalla preesistente cultura islamica. Al contrario, trassero insegnamenti dal mosaico millenario della Sicilia: dai monaci basiliani, dalle cupole bizantine, dalla liturgia orientale, dai simboli imperiali tramandati da Bisanzio. Erano ben consapevoli della raffinatezza dei motivi islamici e della spiritualità bizantina e decisero di conservarne i migliori tratti, inserendoli nel proprio repertorio, ma l’Islam rimase per loro una sorta di tavolozza da cui prelevare soprattutto motivi decorativi, da sovrapporre a una struttura che restava fondamentalmente cristiana.
L’invenzione dell’arte “islamica” in Sicilia
Il professore Jeremy Johns, docente di Art and Archaeology of the Islamic Mediterranean all’Università di Oxford, in una sua conferenza intitolata “L’invenzione dell’arte islamica nella Sicilia” sottolinea come non sia mai stata trovata alcuna traccia di architettura monumentale musulmana nell’Isola. Sostiene anche che le strutture architettoniche di Palermo, come la Cappella Palatina e la chiesa della Martorana, riflettono molto più chiaramente un impianto bizantino, sia liturgico che tecnico. I decori “islamici” sarebbero per lui ornamenti meramente simbolici piuttosto che sostanziali: l’arte “islamica” sotto i Normanni, secondo Johns, sarebbe stata in buona parte un’invenzione, non un retaggio organico del precedente dominio arabo: una “composizione simbolica studiata per evidenziare la multiculturalità del Regno”.
Ernst J. Grube, storico dell’arte islamica e primo curatore della collezione islamica del Metropolitan Museum di New York, afferma, inoltre, che molti dei motivi musulmani presenti in Sicilia non derivano direttamente dall’arte araba, ma sono piuttosto il risultato di una trasmissione mediata e frammentaria, filtrata attraverso Bizantini o artisti locali formati in ambienti misti. Numerosi suoi saggi mettono in luce come la committenza normanna puntasse su addobbi islamici decorativi e non strutturali. Nel suo “La pittura islamica nella Sicilia Normanna del XII secolo” sottolinea come nella Cappella Palatina l’elemento islamico abbia valore estetico e simbolico, ma non costituisca l’impalcatura architettonica dell’edificio, dominata invece da un impianto bizantino
E lo stesso Giuseppe Bellafiore, sebbene sia spesso citato a favore dello stile arabo-normanno, in alcune analisi più tecniche distingue attentamente tra la struttura architettonica bizantina o latina e l’apparato decorativo d’origine musulmana, ammettendo che la prima è predominante in testimonianze fondamentali quali la Cappella Palatina, il Palazzo della Zisa e la Cuba.
Visione tutta Normanna
Restando sulla Cappella Palatina, nel Palazzo Reale di Palermo, la sua bellezza disarmante è figlia di un’impostazione che ha per fondamento una ben precisa visione spirituale e religiosa da parte dei Normanni. Al suo interno si coglie un ordine profondo che non è certo frutto del caso o del compromesso: la navata è romanica, vi sono i meravigliosi mosaici e c’è il Cristo Pantocratore. Le volte lignee scolpite in muqarnas, realizzati da artigiani musulmani, sono bellissimi elementi tecnici d’influsso islamico, che arricchiscono la dimensione ornamentale, ma nell’essenza non mutano il panorama della struttura cristiana latino-bizantina: la struttura basilicale ha, infatti, pianta a croce latina, mentre i mosaici d’oro, la cupola e l’iconografia religiosa discendono direttamente da Bisanzio.
Che dire, poi, della Chiesa della Martorana? Conosciuta anche come Santa Maria dell’Ammiraglio, qui ancora oggi è celebrato il Rito greco-bizantino, come bizantino fu anche il suo primo impianto, con pianta a croce greca. Al suo interno sono presenti straordinari mosaici, anch’essi figli dell’Oriente Cristiano, che ne rivelano una marcata impronta culturale.
E infine, ci sono le famose cupole rosse che sovrastano San Giovanni degli Eremiti o San Cataldo, diventate nei decenni, e nella vulgata, il simbolo più abusato della presunta “arabicità” di Palermo. Ma pure in questo caso, la storia smentisce l’iconografia facile. Anche quelle cupole, emisferiche e regolari, costruite in epoca normanna, sono figlie della tradizione bizantina, non della cultura araba. E non è ozioso ricordare che il loro colore rosso non è originale, ma frutto di un restauro ottocentesco voluto da Giuseppe Patricolo, che, colto da zelo romantico, avendo trovato tracce di intonaco rossastro, volle restituire all’architettura una tinta simbolica. In precedenza, quelle cupole erano grigie, come le pietre antiche, e il loro modello si rifaceva a quello dei monasteri orientali: le cupole emisferiche, disposte su moduli cubici e ripetute a schema planimetrico (come a San Giovanni degli Eremiti) sono, infatti, formulate secondo una simbologia bizantina, laddove il quadrato rappresenta la terra, il cerchio il cielo. La forma cubica, in pratica, ha origine bizantina, mentre le ornamentazioni richiamano l’arte islamica, eseguite da artigiani islamizzati o europei, e non da modelli arabi autentici. Per farla breve, dove alcuni vedono l’Oriente arabo, c’è invece tutt’altro.