
La strage infinita
Vergognoso appello contro il ddl Meloni sui femminicidi: “Inutili ergastolo e pene severe”. La sinistra dietro le 77 donne che hanno firmato
I femminicidi di Giulia Cecchettina, Ilaria Sula e Martina Carbonaro, l’ultima vita spezzata in ordine di tempo, gridano, urlano, pretendono giustizia. Ma la condanna severa, la pena senza sconti, il carcere duro, per qualcuno, anzi, per “qualcuna” – 77 donne formatesi nel mondo accademico – sarebbero misure controproducenti: per un assassino, un femminicida, non arrivano a ipotizzare una bella ramanzina, magari uno scappellotto, ma poco ci manca. Altro che inasprimento delle pene. Sarà perché la “tolleranza zero” l’ha proposta e fatta approvare Giorgia Meloni, una donna di destra? Il dubbio viene, a leggere l’appello contro il ddl sui femminicidi approvato recentemente dal governo. Si parla di “strumentalizzazioni” politiche su una legge in difesa delle future vittime. What else?
L’appello di 77 donne (capitanata da un ex assessore Pd) contro il ddl Meloni sui femminicidi
Senza esagerare nei paradossi, che la lezione a scuola e il discorsetto del Crepet di turno serva più delle minacce di pene esemplari e della “etichettizzazione” di quel tipo di omicidio nella fattispecie dei “femminicidi”, è un po’ il senso del clamoroso – e assurdo – appello di 77 donne, avvocatesse, docenti ed intellettuali, firmatarie di un documento contro il ddl “Meloni” sui femminicidi. Un giro di vite sulla prevenzione, un colpo di mano pesante sul fronte delle pene per gli assassini che fu approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 marzo 2025, alla vigilia della festa delle donne: il disegno di legge n. 1433 introduce nel sistema giuridico italiano il reato autonomo di femminicidio, con l’obiettivo di rafforzare la tutela delle donne vittime di violenza di genere.
Non va bene, per le 77 donne, quasi tutte di orientamento politico ben preciso. “Il ddl che introduce la fattispecie di reato autonoma di femminicidio punita con l’ergastolo è una delle strumentalizzazioni populistiche utili più per accreditare l’impegno del legislatore che per offrire risposte effettive ed efficaci ad un problema serio”, scrivono le giuriste, capitanate da Maria (Milli) Virgilio, casualmente del Pd, già assessora della giunta di Sergio Cofferati alla Scuola e Politiche delle differenze, primo nome dell’elenco pubblicato sul sito e sulla rivista ‘Giustizia insieme’.
“Si può dubitare del fatto che la minaccia della pena dell’ergastolo sia in grado di far desistere dall’azione criminosa colui che non abbia interiorizzato il valore della libertà femminile e il principio del rispetto della persona. Questi auspicati effetti di deterrenza non hanno mai ricevuto alcuna conferma, come emerge, del resto, dall’esperienza degli Stati Sudamericani, che hanno variamente incriminato il reato di femminicidio in presenza di un numero elevatissimo di donne assassinate…”, è scritto. In sintesi, udite udite. “Osservando la realtà, si può constatare come qualsiasi intervento repressivo svincolato da azioni di perequazione sociale ed economica e da strategie di prevenzione, di tipo innanzitutto culturale, risulti del tutto inefficace…”.
La rivista che fa capo alla magistratura progressista
Vale appena la pena di ricordare che la rivista Giustizia Insieme è una pubblicazione giuridica fondata nel 2009 da magistrati appartenenti al Movimento per la Giustizia – Articolo 3, un’associazione costituita nel 1988 considerata storicamente un’associazione progressista e di area di sinistra all’interno della magistratura italiana. “Si ribadisce da più parti che questa legge dovrebbe avere una funzione culturale promozionale ma mi consenta di dire che col diritto penale non si promuove cultura, tanto meno con la minaccia della sanzione dell’ergastolo come pena fissa. Perché in questo si svela una strumentalizzazione del reo per fini politico criminali”. Che brutta idea della politica: sulla strage di donne, dunque, la destra farebbe strumentalizzazione politica con una legge.
“Nel ribadire l’assoluta importanza delle iniziative di contrasto alla violenza contro le donne, che dovrebbero essere stabilmente iscritte nell’agenda politica ed intraprese con decisione – spiegano le giuriste – manifestiamo la nostra contrarietà a questa proposta di riforma”. Valeria Torre, docente di Diritto penale all’Università di Foggia, è tra le autrici dell’appello contro il disegno di legge, in una intervista al “Manifesto” spiega che le pene severe non servono. Servono – secondo la tradizionale logica del “benaltrismo” – altre misure per fermare le stragi di donne. “Noi pensiamo che se questo è l’unico strumento per intervenire su un delitto di potere basato su un’asimmetria tra generi, per combattere le discriminazioni e le disuguaglianze di genere che culminano nel femminicidio ma di cui abbiamo manifestazione in tutti i campi, beh allora non andiamo da nessuna parte. Non si può pensare che il diritto penale contrasti una cultura che è invece sistematicamente legittimata in quasi tutte le relazioni uomo-donna, dalla famiglia al luogo di lavoro, in una società basata sulla disuguaglianza di genere. Introdurre un reato autonomo di femminicidio può anche essere plausibile ma la norma penale deve rispettare i canoni della tassatività e della determinatezza. Legare la fattispecie all’odio e alla discriminazione significa lasciare al giudice decidere su aspetti che sono soggettivi e che in sede di processo possono non venire poi effettivamente provati. L’estrema soggettivizzazione è incompatibile col principio di materialità proprio del diritto penale che tutela beni giuridici e non colpisce le intenzioni”.
Il tutto per dire che se alla base dei reati c’è l’odio, non va bene prevedere questo fattore, perché si devono considerare tra le vittime anche i trans, non solo le donne. E’ la logica dell’inclusione che a sinistra vale anche se l’obiettivo è solo quello di fermare gli assassini.
La legge del governo e i punti contestati dalle firmatarie
Il disegno di legge n. 1433, approvato dal Consiglio dei Ministri nel marzo 2025, introduce nel sistema giuridico italiano il reato autonomo di femminicidio, con l’obiettivo di rafforzare la tutela delle donne vittime di violenza di genere. Tra i punti qualificanti:
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Introduzione del reato di femminicidio: Viene istituita una nuova fattispecie di reato che punisce con l’ergastolo chiunque cagioni la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna, o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti, delle sue libertà o l’espressione della sua personalità.
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Aggravanti per reati correlati: Le stesse circostanze che definiscono il femminicidio sono introdotte come aggravanti per altri delitti previsti dal “Codice Rosso”, con un aumento delle pene previste di almeno un terzo e fino alla metà o a due terzi, a seconda del delitto.
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Audizione obbligatoria della persona offesa: Nei procedimenti relativi a reati di violenza di genere, è prevista l’audizione obbligatoria della persona offesa da parte del pubblico ministero, non delegabile alla polizia giudiziaria.
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Obblighi informativi per i familiari: Il disegno di legge introduce specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio, garantendo loro maggiore trasparenza e coinvolgimento nel procedimento.
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Parere della vittima nei patteggiamenti: È previsto il parere, non vincolante, della vittima in caso di patteggiamento per reati da “Codice Rosso”, con connessi obblighi informativi e onere motivazionale del giudice.
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Misure cautelari più severe: In presenza di esigenze cautelari, il disegno di legge prevede l’applicazione all’imputato della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari.
- Revisione dei benefici penitenziari: Interviene sui benefici penitenziari per autori di reati da “Codice Rosso”, introducendo restrizioni per garantire maggiore sicurezza alle vittime.
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Notifica dell’uscita dal carcere: Le vittime di reati da “Codice Rosso” hanno il diritto di essere avvisate dell’uscita dal carcere dell’autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali.
- Formazione obbligatoria per magistrati: Il disegno di legge rafforza gli obblighi formativi dei magistrati in materia di violenza di genere, previsti dall’art. 6, comma 2, della legge n. 168 del 2023.
- Estensione del regime di favore per il risarcimento: Estende alla fase dell’esecuzione della condanna al risarcimento il regime di favore in tema di prenotazione a debito previsto per i danneggiati dai fatti di omicidio “Codice Rosso” e di femminicidio.
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Disposizioni di coordinamento nel codice penale: Introduce una disposizione di coordinamento che prevede l’estensione al nuovo articolo 577-bis dei richiami all’articolo 575 contenuti nel codice penale.
Il disegno di legge è attualmente in discussione presso la 2ª Commissione permanente (Giustizia) del Senato. Le 77 donne, che vogliono proteggere le donne, chiedono che tutto ciò scompaia, a fronte di non si sa bene quale azione a livello culturale. Non siamo alle ramanzine, ma poco ci manca.