
Diplomazia e affari
Trump ricomincia dal Golfo: sul tavolo affari per 1,4 trilioni di dollari. E alla fine spunta Musk
Il tycoon incontra Mohammed bin Salman. "Quando sauditi e americani uniscono le forze, accadono grandi cose più spesso di quanto si possa immaginare, accadono cose straordinarie"
Un tappeto viola steso sotto l’Air Force One, una scorta di caccia F-15 dell’aeronautica saudita e il principe ereditario Mohammed bin Salman in persona ad accogliere Donald Trump all’aeroporto di Riad: così è cominciato il primo viaggio nel Golfo del presidente degli Stati Uniti. Il messaggio è stato lanciato ancora prima che il velivolo presidenziale toccasse terra: l’Arabia Saudita resta al centro della visione trumpiana in Medio Oriente.
L’arrivo di Trump a Riad e il caffè con bin Salman
All’ingresso nella sala cerimoniale dell’aeroporto, The Donald e bin Salman hanno preso posto su poltrone viola bordate d’oro, circondati dai ritratti degli avi reali, con inservienti armati di pistole nella divisa cerimoniale a servire il tradizionale caffè arabo. Al fianco del presidente americano, una squadra composta dal segretario di Stato Marco Rubio, dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, da quello al Commercio Howard Lutnick e da Chris Wright all’Energia.
A sorpresa, è spuntato anche Elon Musk, consigliere del presidente Trump e CEO di Tesla e SpaceX, tra i numerosi ospiti VIP che hanno partecipato al pranzo alla corte reale di Riad, secondo l’elenco ufficiale dei partecipanti.
Dossier Iran e Gaza, ma il punto è il petrolio
L’incontro con il sovrano de facto del regno ha toccato i principali nodi della Regione: il contenimento del programma nucleare iraniano, la fine della guerra a Gaza e la stabilizzazione dei mercati energetici. Ma l’accento è caduto sul greggio. «Quando sauditi e americani uniscono le forze, accadono grandi cose — più spesso di quanto si possa immaginare, accadono cose straordinarie», ha dichiarato Khalid al-Falih, ministro saudita per gli Investimenti, nella giornata che ha anticipato la conferenza economica bilaterale.
Trump, dal canto suo, punta tutto sull’energia a basso costo per “raffreddare” l’inflazione americana. La Casa Bianca è convinta che un calo del prezzo del petrolio possa accelerare la fine della guerra russa in Ucraina. I sauditi hanno alzato la produzione, ma Riad ha bisogno di un prezzo tra i 96 e i 98 dollari al barile per coprire il proprio bilancio statale.
«Uno dei problemi che i Paesi del Golfo devono affrontare con prezzi del petrolio più bassi è che, sebbene non mettano in pericolo i programmi di diversificazione economica, sicuramente li rendono più difficili», ha osservato Jon Alterman, senior analyst del Center for Strategic and International Studies.
Armi e affari: Washington guarda al Medio Oriente
Nel frattempo, mentre Trump si appresta a raggiungere Qatar ed Emirati Arabi Uniti, il Dipartimento di Stato ha già notificato al Congresso una vendita di armamenti agli emiratini per oltre 1,4 miliardi di dollari: elicotteri Chinook, supporto per F-16 e pezzi di ricambio. Ma non finisce qui. Gli Emirati hanno annunciato investimenti negli Stati Uniti per 1,4 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni. Durante la tappa ad Abu Dhabi è infatti atteso un pacchetto di intese su intelligenza artificiale, semiconduttori ed energia.
In parallelo, la Trump Organization — oggi nelle mani dei figli maggiori del presidente — continua a tessere la sua tela immobiliare nella regione: un grattacielo a Gedda, un hotel a Dubai, un complesso residenziale in Qatar. Diplomazia e business, ancora una volta, viaggiano sullo stesso volo presidenziale.
Tel Aviv tagliata fuori, la frustrazione di Netanyahu
Eppure, lo storico alleato di Washington in Medio Oriente, vale a dire Israele, appare sempre più isolato. La scelta di Trump di partire da Riad, saltando Gerusalemme, non è passata inosservata. «Israele si difenderà da sola. Se altri si uniranno a noi — i nostri amici americani — tanto meglio», ha dichiarato Benjamin Netanyahu dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato, senza consultare Tel Aviv, la sospensione della campagna aerea contro gli Houthi in Yemen.
La liberazione di Edan Alexander, il soldato israelo-americano prigioniero di Hamas dal 7 ottobre 2023, ha solo aggravato la tensione. Il giovane è stato liberato grazie a un negoziato diretto tra Washington e Hamas. Israele è stato informato solo a trattativa conclusa. «Il messaggio principale che emerge — almeno secondo l’itinerario attuale — è che i governi del Golfo… sono oggi amici più forti del presidente Trump rispetto all’attuale governo israeliano», ha affermato William Wechsler, direttore senior del Rafik Hariri Center all’Atlantic Council.