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Trump riapre la partita siriana: a Riad l’incontro storico con al Jolani sotto il segno della pace (e del petrolio)

Il tycoon in missione

Trump riapre la partita siriana: a Riad l’incontro storico con al Jolani sotto il segno della pace (e del petrolio)

Una stretta di mano e dossier aperti su più fronti: è il primo faccia a faccia dopo un quarto di secolo. Il presidente americano rispolvera la sua "diplomazia personale" per intrecciare pace e interessi sulla scena mediorientale

Esteri - di Alice Carrazza - 14 Maggio 2025 alle 15:27

L’immagine parla più della dichiarazione: una stretta di mano, due uomini in giacca scura, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ex jihadista diventato presidente, alle loro spalle. Donald Trump e Ahmad al-Sharaa — noto meglio come al Jolani — si sono incontrati. È il primo faccia a faccia dopo un quarto di secolo tra un presidente americano e un omologo siriano. Nessun vento di guerra stavolta, solo la promessa – forse azzardata, forse calcolata – di un nuovo ordine regionale.

L’incontro tra Trump e al Jolani

Alla vigilia dell’incontro, Trump aveva spiazzato mezzo Congresso annunciando la revoca di tutte le sanzioni contro Damasco: «Con il supporto dei leader presenti in questa sala, stiamo attualmente valutando la normalizzazione delle relazioni con il nuovo governo, a partire dal mio incontro con il presidente Ahmad al-Sharaa». Lo ha detto lui stesso, in diretta, dal tavolo dorato di Riad.

Tuttavia, il nuovo volto del potere siriano porta con sé un passato ingombrante: ex jihadista, fino a dicembre era nella lista nera di Washington, con una taglia da 10 milioni di dollari sulla testa. Ma l’amministrazione Trump ha deciso di rilanciare al tavolo mediorientale con un all-in politico: Israele, lotta al terrorismo e investimenti energetici come fiches della nuova partita.

Gli Accordi di Abramo come bussola

«Il presidente Trump ha incoraggiato il presidente al-Sharaa a fare un ottimo lavoro per il popolo siriano e lo ha esortato ad aderire agli Accordi di Abramo —siglati nel 2020 da Emirati, Bahrein e Marocco—», ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca su X. Ha poi specificato: «Sono stati inoltre discussi la guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto a Gaza».

 

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Non solo. The Donald ha chiesto ad al-Sharaa di «ordinare a tutti i terroristi stranieri di lasciare la Siria, espellere i terroristi palestinesi, aiutare gli Stati Uniti a prevenire la rinascita dell’Isis, assumersi la responsabilità dei centri di detenzione dell’Isis nel Nordest della Siria».

Da parte sua, il presidente siriano ha mostrato apertura: «Il ritiro degli iraniani dalla Siria è un’opportunità. Condividiamo interessi comuni con gli Stati Uniti nel contrasto al terrorismo e nell’eliminazione delle armi chimiche». E ha ribadito l’impegno a rispettare «l’accordo di disimpegno del 1974 con Israele».

Non solo pace, ma petrolio

Ma all’incontro si è anche parlato di affari. Il presidente siriano ha lanciato un monito alle imprese americane: «La Siria può diventare un collegamento strategico per facilitare il commercio tra Oriente e Occidente. Invitiamo le aziende americane a investire nel settore siriano del petrolio e del gas».

Un cambio di rotta, favorito dalla revoca delle sanzioni che avevano isolato Damasco dal sistema finanziario globale. E una massa che, secondo la Casa Bianca, aprirà la strada «a un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni umanitarie operanti sul territorio» e rilancerà gli il commercio nella fase di ricostruzione.

Erdogan al telefono, Israele in allerta

Presente, ma da remoto, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che avrebbe elogiato Trump per la distensione con al-Sharaa e si sarebbe impegnato a collaborare con l’Arabia Saudita per promuovere «pace e prosperità in Siria». Meno entusiasta, almeno ufficialmente, Israele. Le autorità israeliane, che considerano il siriano un islamista, non hanno rilasciato commenti. Ma nei giorni successivi alla caduta del regime di Assad, lo Stato ebraico ha intensificato le operazioni nel sud della Siria, distruggendo mezzi pesanti dell’esercito siriano e intimando al nuovo governo di non avanzare nella zona.

Un nuovo Air Force One e 600 miliardi

Il viaggio di Trump nel Golfo è iniziato e prosegue, dunque, con cerimonie sfarzose e contratti miliardari. L’Arabia Saudita ha promesso investimenti per 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti, tra cui 142 miliardi in armi. Il Qatar, prossima tappa del tour, dovrebbe annunciare un pacchetto di acquisti Boeing e – notizia che ha già infiammato Capitol Hill – la donazione di un Boeing 747-8 che potrebbe diventare il nuovo Air Force One.

Il velivolo, secondo fonti interne alla Casa Bianca, sarà destinato alla futura biblioteca presidenziale di Trump. I Democratici parlano già di “percezione di corruzione”, ma il tycoon se ne infischia. Dopo Doha, Trump volerà ad Abu Dhabi e, forse, in Turchia per un faccia a faccia tra Putin e Zelensky. Sarebbe il colpo finale: portare la pace in Siria e tra Mosca e Kiev. Una road map che, se funzionasse, avrebbe un solo architetto. E un solo nome in calce.

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di Alice Carrazza - 14 Maggio 2025