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Tisci assolto per il caso Covid

Caccia alle streghe

Tisci assolto per il caso Covid: «Credo nello Stato di diritto: i processi si fanno nei tribunali, non sulla stampa»

L'allora direttore generale dell'Arpab fu costretto a dimettersi per la campagna politica e mediatica sollevata contro di lui. A tre anni di distanza Procura prima e Tribunale poi chiariscono che era innocente

Cronaca - di Annamaria Gravino - 3 Maggio 2025 alle 13:52

Dopo esattamente tre anni dai fatti, Antonio Tisci, avvocato e allora direttore generale dell’Arpab, l’Agenzia regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata, è stato assolto dall’accusa di violazione delle norme anti Covid. Il caso ebbe una grande eco mediatica anche a livello nazionale, soprattutto perché fu cavalcato politicamente con tale impeto da portare, molto prima che i fatti fossero chiariti, alla sua sospensione e poi alle dimissioni dall’incarico nell’ente, rassegnate per sottrarre la Regione alle strumentalizzazioni.

Tisci assolto per il caso Covid

In una lunga lettera al quotidiano Cronache Lucane, Tisci, oggi commissario straordinario dell’Ente Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, ha ricordato quello che «è accaduto tra la denuncia e le dimissioni»: «Il linciaggio mediatico compiuto da chi immaginava un’imputazione e una condanna per epidemia colposa»; «i partiti di opposizione che si sono dedicati a fare comunicati stampa contro di me»; lo stigma sociale, ma anche le attestazioni di «vicinanza affettiva» e stima di chi aveva compreso ciò che poi è stato decretato prima dalla Procura di Potenza, nella richiesta di assoluzione per tenuità del fatto, e poi dal  Tribunale, che quella richiesta ha accolto.

L’assoluzione che smaschera strumentalizzazioni e isterie

Tisci, benché positivo, si era recato in ufficio per prendere dei documenti con i quali lavorare da casa, sapendo che grazie a un accesso riservato comunque non avrebbe incontrato nessuno. Qualcuno però allertò i Nas, che fecero scattare la denuncia con quel seguito di strumentalizzazione e isteria che ben descrive nella sua lettera e che ora viene ricondotto a quello che era. L’assoluzione, infatti, ha sostanzialmente riconosciuto come quella condotta fu forse una leggerezza, ma in nessun modo un attentato alla salute pubblica o una sfida allo Stato. Nulla, insomma, che giustificasse davvero quell’accanimento, che andò anche oltre il protagonista della vicenda.

Tisci: «Credo nello Stato di diritto: i processi si fanno nei tribunali, non sulla stampa»

«Avevo deciso di non fare nessun comunicato stampa, di non far sapere niente. Per tutto il tempo delle indagini e del processo non ho detto niente, non mi sono difeso dalle accuse mediatiche e avrei voluto continuare a farlo. Uno dei miei amici, però, incontrandomi il 1° Maggio mi ha detto che gli schizzi di fango che mi avevano colpito, avevano colpito anche loro. E, allora, lo devo a loro far sapere che chi mi ha difeso aveva difeso un innocente, chi ha colpito aveva colpito un innocente», si legge ancora nella lettera di Tisci, che spiega di aver sempre saputo che sarebbe stato assolto.

«Lo sapevo perché credo nello Stato di Diritto. Proprio perché credo nello Stato di Diritto non ho mai voluto replicare alle accuse dei giornali e della politica. Credendo nello Stato di Diritto, credo che i processi si facciano nei Tribunali. Mi sono imposto di non difendermi sulla stampa per lo stesso principio per cui non ho mai voluto attaccare nessuno sulla stampa», si legge ancora nell’intervento, che si conclude con l’amara constatazione che purtroppo la sua vicenda non servirà da monito per evitare che in futuro si ripetano situazioni come quelle che lo hanno travolto, dal «presidio per la legalità sotto l’Arpab per chiedere la destituzione di un innocente» ai comunicati stampa rilasciati da  «taluni sindacati per chiedere la mia deposizione».

La riflessione sul periodo della pandemia e il monito che ne deriva

C’è anche, però, date le circostanze, spazio per una riflessione su ciò che sono stati gli anni del Covid e su cosa hanno messo in luce. «A me hanno insegnato che nella vita non si perde mai, si vince o si impara», scrive ancora Tisci, sottolineando che «ho imparato tanto». «Ho imparato che la follia che abbiamo letto nei Promessi Sposi, in Storia della Colonna Infame non è una narrazione del passato. È un fatto che può sempre accadere. La gente ha bisogno di capri espiatori. Nella follia dell’irrazionalità muore lo Stato di Diritto, muore la Logica, muore l’elementare senso di Giustizia e anche la civiltà», scrive l’avvocato Tisci che, ribadendo di aver sempre creduto nello Stato di diritto, sottolinea che «la Legge si rispetta per essere liberi, agli ordini si ubbidisce. Ho sempre rispettato la Legge, non ho mai ubbidito agli ordini. Non apparterrò mai a quella categoria che può difendersi dicendo “ho soltanto obbedito agli ordini”. Sono stato assolto per particolare tenuità del fatto. È oggettivo che io sia andato a lavorare con il Covid ma, come ho provato a spiegare ai pochi che hanno provato ad ascoltare, il comportamento nella sua oggettività non era tale da offendere il sistema».

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di Annamaria Gravino - 3 Maggio 2025