
L'intervista
Seltsam, il cantante patriota. “Canterei l’inno di Mameli con la maglia della nazionale. I miei miti? Dalla, Daniele e la lingua italiana…”
Il cantante romano si definisce come un "amichevole Spiderman di quartiere", pronto a raccontare la realtà che lo circonda senza ometterne i particolari. È affezionato all'Italia e nutre un profondo interesse per i più grandi cantautori
Lorenzo Giovanniello, in arte Seltsam, è un cantante indie romano, cresciuto tra lo storico quartiere razionalista dell’Eur e il centro storico della capitale italiana. A gennaio del 2025 è stato ospite al Tiktok live festival e adesso ha scelto di raccontarsi in un’intervista al Secolo d’Italia. «Sono cresciuto ascoltando i più grandi cantautori italiani in macchina come Gino Paoli, Lucio Dalla, Antonello Venditti e Pino Daniele», ricorda con orgoglio il giovane Seltsam, per poi aggiungere che canterebbe volentieri l’inno d’Italia durante un’occasione importante, indossando proprio la maglia della nazionale. Altro motivo di orgoglio, per lui, come forse non per tutti i cantanti che calcano le scene nazionali. Lorenzo Giovanniello non è come tutti i trapper e rapper che un po’ si scimmiottano a vicenda tra look e rime, perché lui ci tiene a restare con i piedi per terra e ad essere diverso, “insolito”, parola che contiene un indizio sulla sua identità musicale. «Ci sono tanti modi per fare arte e sono tutti bellissimi: il mio è parlare di ciò che viviamo ogni giorno».
Le sue canzoni, Seltsam, parlano di momenti spensierati, di amori e amicizie. Quale messaggio vuole recapitare ai tuoi ascoltatori?
«Io, come sempre, mi definisco un ‘amichevole Spiderman di quartiere’, un amichevole cantante di quartiere. Non voglio descrivere nessuno scenario irraggiungibile, voglio parlare della vita vera. Sono una persona normalissima, che ha problemi come tutte le altre persone e voglio parlare proprio di questo. Del presente, di me, di tutti noi».
Finora non l’ha ancora detto: come nasce il suo pseudonimo “Seltsam”?
«Seltsam è stato inizialmente il gruppo musicale di cui facevo parte durante il liceo ed era composto da 5 persone. Quando il liceo scientifico romano Augusto Righi ci chiamò per fare un concerto non avevamo ancora il nome. Così, durante un consulto che facemmo tra noi, ricordai che la mia insegnante di italiano mi diede due fotocopie di una poesia con il testo in tedesco e in italiano. Sul brano in tedesco vidi la parola ‘Seltsam’, che vuol dire strano o meraviglioso: mi piacque sin da subito e alla fine io e i miei amici decidemmo di chiamare così la nostra band. Quella parola continuò a piacermi anche quando il nostro gruppo si sciolse e così ho deciso di tenere ugualmente il nome. In fin dei conti è meraviglioso essere un po’ strano, no?».
Le piacerebbe cantare l’inno di Mameli in un’occasione importante?
«Assolutamente sì, magari con la maglia della nazionale dei mondiali d’Italia ’90 con cui ho partecipato al Tiktok live festival. Oppure con la maglia dell’Italia utilizzata dai calciatori durante la coppa del mondo negli Stati Uniti ‘94, che non è male. O forse sceglierei quella del campionato europeo di calcio del ‘96, quelle sono bellissime. Però, a pensarci bene, anche quella del 2006…».
Quali sono i suoi riferimenti musicali?
«Io sono cresciuto ascoltando i più grandi cantautori italiani in macchina, tra cui Gino Paoli, Lucio Dalla, Antonello Venditti e Pino Daniele. Vorrei arrivare dove sono loro o almeno sfiorarli, nella mia carriera: in quel momento potrei reputarmi compiuto dal punto di vista musicale. Ora come ora mi rifaccio un po’ al panorama internazionale. In Italia c’è anche chi fa il mio genere musicale, indie, ma l’obiettivo è quello di rimanere me stesso e cercare di raccontarmi nel miglior modo possibile».
Musicalmente si sente vicino all’Italia?
«Sì, e secondo me l’italiano è anche una lingua difficile da scrivere perché ha tante consonanti. Eppure è una di quelle lingue in cui fai tanta attenzione al testo, quindi a livello poetico mi rifaccio molto ai brani italiani. Io comunque ascolto tanta musica internazionale, il mio obiettivo è anche quello di sperimentare i generi che vengono suonati anche all’estero. Però, ripeto, da un punto di vista testuale sto sempre molto attento alla lingua italiana, che dev’essere maneggiata con cura».