
Reportage
Romania al voto: George Simion al seggio tra applausi, bandiere e la speranza di una svolta a destra
Nel cuore di una nazione in fermento: il candidato conservatore, alleato di Giorgia Meloni in Europa, guida i cittadini rumeni verso il cambiamento. Cronaca degli ultimi giorni di campagna fuori dagli schermi
Alle 8 in punto, senza un minuto di ritardo, George Simion ha varcato il cancello del seggio nella periferia nord-ovest di Bucarest. Il candidato conservatore rumeno, favorito nei sondaggi e alleato di Giorgia Meloni in Europa, si sente pronto a guidare la nazione. Completo blu, camicia bianca immacolata, niente cravatta stavolta, passo fermo e lo sguardo di chi sa di avere la vittoria in tasca. Nessuna dichiarazione: ha lasciato che fosse il popolo a parlare per lui.
Simion e Georgescu fianco a fianco
Ad attenderlo, una folla oceanica, microfoni da ogni angolo del continente e un entusiasmo travolgente. C’era la televisione polacca, i cronisti spagnoli, i corrispondenti francesi, le troupe britanniche. Tutti lì, a registrare ogni gesto, ogni emozione, ogni attimo di quel che potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione rumena.
George Simion, leader of AUR, going to the electoral college with Călin Georgescu.
Simion leads in the polls and is the favorite to win the first round. The second place is disputed between Antonescu (establishment guy) and Nicusor Dan (mayor of Bucharest). pic.twitter.com/ZUsr9qj6AO
— Alice Carrazza (@AliceCarrazza) May 4, 2025
Al suo fianco, Călin Georgescu, escluso dalla corsa presidenziale ma non dalla scena. Anzi. Il sodalizio tra i due pare rafforzato dal tempo e dagli eventi: si muovono come un corpo solo, votano insieme, raccolgono applausi e cori come un fronte unito. “Simion! Georgescu! Presidente!” gridano i sostenitori, sventolando bandiere, sollevano crocifissi, porgono fiori. Non per vezzo, ma per scelta identitaria. “Questa è la nostra Romania!”, grida un uomo, stringendo al petto l’immagine della Vergine Maria e avvolto dal drappo tricolore, mentre accanto a lui un’anziana signora regge in silenzio un mazzo di rose rosse.
La campagna, una missione quotidiana: George tra la gente
La campagna di Simion non è stata un palco da cui predicare, ma una corsa dentro la quotidianità. Nei giorni finali il candidato anti-establishment ha evitato salotti e talk show, al contrario è andato a fare la spesa. È tra i banchi del supermercato che ha deciso di passare il suo ultimo giorno di campagna, circondato da gente comune, tra chi riempie il carrello e chi conta le monete.
Intanto, le dirette social macinano visualizzazioni. Simion è ormai un protagonista digitale. Ma non solo. Parla fluentemente francese, italiano, spagnolo e, naturalmente, inglese: risponde ai giornalisti di mezzo mondo senza mai scomporsi. Passa dal supermercato al Parlamento senza soluzione di continuità, dalle interazioni social al consenso reale. La gente lo conosce e lo riconosce come leader.
Tra doveri, affetti e l’attesa di un’Europa in trasformazione
Anche nell’ultimo giorno utile, ha lavorato in mattinata, poi si è concesso qualche ora con la famiglia e un’ultima intervista per il New York Times. Ma lo sguardo resta fermo sull’obiettivo: il voto, poi la guida del Paese. I sondaggi parlano chiaro: secondo le ultime medie rilevate da EuropeElects, Simion resta il favorito con il 32%. La battaglia per il secondo posto è serrata tra il sindaco della capitale
Mircea Dan e il candidato socialista Victor Antonescu, vengono dati entrambi attorno al 22%, mentre Victor Ponta resta ai margini.
In giornata sono attesi esponenti da tutta Europa. In prima fila l’italiano Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, pronto a tenere un discorso in sostegno dell’alleato del gruppo Ecr.
Il popolo rumeno vuole decidere
Nessuno qui si illude che questa sia un’elezione come le altre. In ballo non c’è solo un nome, ma l’identità di un’intera nazione. Una traiettoria. Una rivendicazione: quella di una Romania che chiede di contare, di decidere da sé. Oggi avremo il pr
imo risultato, il 18 maggio la sfida decisiva. Una cosa è certa, si vota per molto più di un presidente.