
In controluce
Referendum, Capone (Ugl): “Guardano allo specchietto retrovisore. Tutte proposte inadeguate”
I quesiti e i dubbi, il segretario Ugl entra nel merito ma osserva: nobili intenti, ma fini disattesi. E rilancia: «La mera contrapposizione ideologica si è ormai rivelata controproducente e fallimentare»
Ferma presa di posizione dell’Ugl nei confronti dei referendum promossi dalla Cgil, definiti dal segretario generale Francesco Capone come un «ennesimo tentativo di guardare la realtà con lo specchietto retrovisore». Secondo il sindacato di Via delle Botteghe Oscure, lo strumento referendario si rivela «inadeguato» per affrontare le complesse problematiche del mondo del lavoro attuale. E non fornisce risposte concrete alle reali istanze dei lavoratori.
Referendum, i quesiti e i dubbi
«Il mondo del lavoro è cambiato profondamente e ha bisogno di risposte nuove, capaci di coniugare stabilità, diritti e flessibilità», ha dichiarato con fermezza Capone. L’Ugl esprime forte preoccupazione per il ricorso alla via referendaria su normative delicate come il Jobs Act, sottolineando il rischio di «creare un clima di incertezza normativa» e di compromettere «quel percorso di equilibrio e responsabilità che le parti sociali hanno faticosamente costruito negli ultimi anni».
Capone (Ugl) entra nel merito
Il segretario generale dell’Ugl entra poi nel merito delle proposte referendarie, smontando quella che a suo dire è una narrazione fuorviante. «Abrogare la disciplina sul contratto di lavoro a tutele crescenti del Jobs Act non comporterebbe la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e dunque il diritto al reintegro, ma l’applicazione della riforma Fornero con la conseguente riduzione dell’indennizzo da 36 a 24 mensilità».
Nobili intenti, ma fini disattesi
Un’analisi, quella di Capone, che punta a evidenziare come le richieste della Cgil, pur animante da nobili intenti, rischino di produrre effetti contrari a quelli desiderati, peggiorando di fatto la situazione per molti lavoratori. L’Ugl si pone dunque in netta contrapposizione con l’iniziativa referendaria, auspicando un confronto costruttivo tra le parti sociali per individuare soluzioni innovative e realmente efficaci per il futuro del lavoro in Italia. Il sindacato di Capone si conferma così una voce critica nel panorama sindacale, proponendo una visione del mondo del lavoro più orientata alla modernizzazione e alla flessibilità negoziata piuttosto che al ritorno a modelli normativi considerati superati.
I quesiti dei Referendum nel dettaglio
E allora, sottolinea l’Ugl, il quesito 1 (scheda verde chiaro) chiede l’abrogazione del decreto attuativo del Jobs act sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. In caso di successo del referendum, però, non si ritorna alla versione originaria dell’articolo 18, ma a quella modificata dalla legge Fornero. Paradossalmente diminuiscono le tutele per alcune tipologie di lavoratori, a partire da quelli delle associazioni di volontariato. Meglio quindi aprire il confronto con il governo per introdurre nuove forme di tutela, crescenti in rapporto all’anzianità aziendale, come era l’idea originaria del contratto a tutele crescenti nel Patto per l’Italia e tenendo conto delle varie sentenze della Cassazione.
Imprese e possibili vertenze
E ancora. Con il quesito 2 (scheda arancione), i promotori chiedono di cancellare il tetto di indennizzo massimo in caso di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese. Le piccole imprese, però, continueranno a licenziare, senza che il dipendente avrà certezze maggiori. Meglio quindi agire sulla riduzione dei tempi della giustizia e sulla costituzione di un fondo di garanzia da attivare in caso di impossibilità della piccola impresa a erogare l’indennizzo previsto. Peraltro, occorre evidenziare che la norma nasce a suo tempo anche per dare maggiori certezze alle piccole imprese in caso di vertenze individuali.
Norme e eccezioni alla norma
Il quesito 3 (scheda grigia), invece, è finalizzato ad eliminare la possibilità di utilizzare i contratti a tempo determinato senza obbligo di causali nei primi dodici mesi; ciò, però, non riduce il precariato, ma alimenta soltanto il rischio sommerso e lavoro nero. Meglio, in questo caso, guardare alla contrattazione collettiva settore per settore, individuando le diverse esigenze. Mentre con il Quesito 4 (scheda rosso rubino), i promotori chiedono di eliminare le limitazioni alla responsabilità solidale in capo al committente, all’appaltatore e al subappaltatore. Non si hanno, però, garanzie circa il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza da parte dei subappaltatori che, anzi, potrebbero finire per scaricare tutto sul committente o sull’appaltatore. Occorre piuttosto rafforzare i controlli sull’intera filiera degli appalti, utilizzando l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione a supporto dell’azione degli ispettori del lavoro.
Tra eccezione normativa e politica
Infine, il quesito 5 (scheda gialla), punta a ridurre a cinque anni il tempo di attesa per la richiesta di cittadinanza italiana da parte di un cittadino straniero legalmente residente. Si dimezzano i tempi, senza però avere certezze in merito all’effettiva integrazione economica e sociale della persona, per cui è più utile rafforzare le politiche di inclusione sul territorio per una vera integrazione, attraverso il coinvolgimento attivo della scuola, degli enti locali e del volontariato.
Referendum, e al netto dei rilievi…
Così, al netto dei rilievi sui quesiti referendari, il sindacalista italiano, dal 29 agosto 2015 segretario generale dell’Unione Generale del Lavoro, Paolo Capone, osserva e commenta: «I referendum promossi dalla Cgil sono l’ennesimo tentativo della stessa di guardare la realtà con lo specchietto retrovisore. Uno strumento inadeguato con il quale non si risolvono i problemi dei lavoratori, né rispondono alle loro istanze. Il mondo del lavoro è cambiato profondamente e ha bisogno di risposte nuove, capaci di coniugare stabilità, diritti e flessibilità. Intervenire per via referendaria su normative come il Jobs Act rischia non solo di creare un clima di incertezza normativa. Ma anche di compromettere quel percorso di equilibrio e responsabilità che le parti sociali hanno faticosamente costruito negli ultimi anni».
Referendum, punto di Capone: la sollecitazione ai tavoli di confronto
Inoltre: «Abrogare la disciplina sul contratto di lavoro a tutele crescenti del Jobs Act non comporterebbe la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e dunque il diritto al reintegro, ma l’applicazione della riforma Fornero con la conseguente riduzione dell’indennizzo da 36 a 24 mensilità. I livelli occupazionali record fotografati dall’Istat dimostrano come i quesiti referendari non rispondano alle attuali esigenze dei lavoratori che riguardano in primis la formazione, per affrontare le sfide derivanti dalle nuove tecnologie come l’IA, e in secondo luogo il tema dei salari».
«La mera contrapposizione ideologica si è ormai rivelata controproducente e fallimentare»
Pertanto, prosegue Capone, «in proposito riteniamo prioritario rafforzare uno strumento centrale come il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e rilanciare la contrattazione di secondo livello, in particolare quella aziendale, puntando su un modello partecipativo». E ancora: «La mera contrapposizione ideologica si è ormai rivelata controproducente e fallimentare, piuttosto occorre rafforzare il dialogo costruttivo tra Governo e parti sociali verso un patto di responsabilità che persegua il reale interesse dei lavoratori e del Paese. Siamo favorevoli, pertanto, alla prosecuzione dei tavoli di confronto avviati dal Governo a partire dal riconoscimento di un tema cruciale come la sicurezza sul lavoro. Sotto questo profilo accogliamo con favore la proposta di stanziare 650 milioni di euro, un passo avanti significativo a sostegno di interventi concreti e strutturali».