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Putin Xi Giorno della Vittoria

Giorno della Vittoria

Putin e Xi in prima fila sulla Piazza Rossa per la parata del cinismo e della guerra “giusta” all’Ucraina

Il presidente della Federazione russa: "Combatteremo contro le atrocità commesse dai seguaci di queste convinzioni aggressive e distruttive. La verità e la giustizia sono dalla nostra parte"

Esteri - di Alice Carrazza - 9 Maggio 2025 alle 12:22

A Mosca, tra tamburi di guerra e fanfare di gloria, si è aperta la parata del Giorno della Vittoria. Un rituale ormai spogliato della solennità del passato, imbalsamato sotto le luci abbaglianti della propaganda. Sulla Piazza Rossa, Vladimir Putin e Xi Jinping fianco a fianco: l’uno alla ricerca di legittimità internazionale in tempo di guerra, l’altro impegnato a blindare un’alleanza che sa di calcolo strategico più che di memoria condivisa.

Il Giorno della Vittoria trasformato in vetrina propagandistica

«La Russia è stata e sarà un ostacolo invalicabile al nazismo, alla russofobia e all’antisemitismo», ha scandito Putin, davanti a uno scenario rigidamente coreografato, mentre la folla applaudiva, forse più per dovere che per entusiasmo. «Combatteremo contro le atrocità commesse dai seguaci di queste convinzioni aggressive e distruttive. La verità e la giustizia sono dalla nostra parte».

La memoria della guerra piegata al presente

L’orchestra della retorica, quest’anno, ha avuto il suo spartito preferito: la Seconda guerra mondiale riletta attraverso il prisma della guerra in Ucraina. «Tutta la Russia sostiene l’offensiva in Ucraina», ha dichiarato il presidente russo, intrecciando senza scrupoli la memoria dei caduti del ’45 con l’ardore bellico del presente.

Dietro lo spettacolo, le intenzioni restano opache. La sfilata dei carri armati, dei cadetti e dei veterani è stata preceduta dal nuovo ministro della Difesa Andrej Rėmovič Belousov che, accanto al comandante in capo dell’Esercito, Oleg Leonidovič Saljukov, ha passato in rassegna le truppe. Le note marziali si sono alzate quando la bandiera della Federazione e quella della Vittoria sono state portate sulla piazza dal reggimento Preobraženskij, sotto gli occhi del pubblico.

La nuova geografia degli alleati

«La nostra memoria non dimenticherà mai che l’apertura del secondo fronte in Europa, dopo le battaglie decisive in Unione Sovietica, ha avvicinato la vittoria», ha detto Putin, citando anche «il contributo del coraggioso popolo cinese». Xi Jinping, silenzioso ma onnipresente, ha osservato tutto senza muovere un sopracciglio.

Una sfilata mastodontica per numeri e simbologia: presenti 27 leader stranieri, tra cui il bielorusso Lukashenko, il brasiliano Lula da Silva, il dittatore venezuelano Maduro, anche il presidente serbo Aleksandar Vučić e il premier slovacco Robert Fico – unico europeo a sfidare Bruxelles – e una sfilza di presidenti e delegazioni dai Paesi amici o compiacenti. La Cina ha inviato il più ampio contingente straniero, consolidando la narrativa di un fronte eurasiatico compatto, almeno davanti alle telecamere.

Putin, che ha parlato dal centro della tribuna d’onore, ha aggiunto: «Il giorno della vittoria è la festa principale per il popolo della Federazione Russa».

La diplomazia gettata nel vuoto

Nel frattempo, Kiev aveva già definito l’evento una «parata di cinismo», mentre annunciava l’arresto di due presunte spie ungheresi nella regione della Transcarpazia.

Dall’altra parte dell’Europa, Ursula von der Leyen parla con Zelensky di un possibile cessate il fuoco di 30 giorni, sostenuto anche dal presidente Trump, che su Truth Social ha scritto: «I colloqui con Russia e Ucraina continuano». Un equilibrio instabile quello che appare all’orizzonte, mentre la guerra continua a mietere vittime.

Londra, nel frattempo, non si limita alle dichiarazioni. Keir Starmer ha annunciato sanzioni contro la cosiddetta «flotta ombra» di Putin: «Sanzioneremo fino a 100 petroliere. La minaccia che la Russia rappresenta per la nostra sicurezza nazionale non può essere sottovalutata».

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di Alice Carrazza - 9 Maggio 2025