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Primo maggio, Francesco Paolo Capone Ugl: «Il referendum della Cgil è un ritorno al passato, il governo sta facendo bene»

L'intervista

Primo maggio, Francesco Paolo Capone Ugl: «Il referendum della Cgil è un ritorno al passato, il governo sta facendo bene»

Politica - di Gabriele Caramelli - 1 Maggio 2025 alle 07:30

«Il salario minimo è uno specchietto per le allodole». L’ha detto il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, in un’intervista al Secolo d’Italia per la «Festa nazionale dei lavoratori» del primo maggio. Per l’occasione di quest’anno, l’Ugl ha organizzato un raduno a Frosinone in cui convergeranno gli iscritti da ogni parte d’Italia «con la volontà di celebrare il lavoro e i lavoratori nei tanti aspetti positivi e anche nelle criticità dell’ambiente». Quanto alla sicurezza sul lavoro, Capone ha spiegato che «1 miliardo e 200mila euro di risorse, per accogliere quello che è stato l’appello significativo del Presidente della Repubblica, sia un bel segnale». Invece, «il referendum della Cgil è un ritorno al passato, per attaccare un governo che ora, pur garantendo un confronto con le parti sociali, non soddisfa particolarmente Landini – spiega ancora il segretario dell’Ugl – ma è un problema suo, non è né un problema dei lavoratori e né dell’Ugl».

A fronte dell’incontro organizzato a Frosinone dall’Ugl il primo maggio, qual’è per voi il significato della festa dei lavoratori?

«Il primo maggio dell’Ugl coinvolge tutta la struttura nazionale, per quest’anno saremo a Frosinone e verranno pullman da tutta l’Italia: da 75 anni festeggiamo questa giornata con manifestazioni di piazza tradizionali. Rientra nelle usanze delle sigle sindacali organizzare forme di festeggiamento e d’impegno collettivo come in questo caso. Ci raggiungeranno lavoratori con il treno, altri ancora con le proprie macchine, ma tutti quanti con la volontà di celebrare il lavoro e i lavoratori nei tanti aspetti positivi e anche nelle criticità dell’ambiente. Questa è un’occasione per riflettere, per ascoltarsi a vicenda ed incontrarsi. Con l’Ugl abbiamo celebrato la “Festa dei lavoratori” anche in modi meno convenzionali, come nel 2021: all’epoca organizzammo degli incontri sin dal 4 aprile a Roma e che sono poi terminati a Milano il primo maggio, viaggiando con i nostri pullman brandizzati in tutte le regioni d’Italia, comprese le isole. All’epoca abbiamo incontrato pochi lavoratori alla volta, in ottemperanza ai vincoli dovuti dalle norme sul Covid-19».

Perché per voi il salario minimo non può essere una soluzione generale per i lavoratori italiani?

«Il salario minimo è uno specchietto per le allodole. L’Italia, anche rispetto alle previsioni europee, ha una tradizione sindacale e una copertura di lavoratori che applicano un contratto collettivo nazionale di lavoro superiore agli importi del presunto salario minimo: questi lavoratori coperti sono oltre il 90%. Qualora ci fosse un salario minimo di legge, ogni azienda potrebbe applicare quel salario a tutti i lavoratori, cancellando l’adesione a un contratto collettivo nazionale di lavoro e poi magari negoziare singolarmente condizioni di miglior favore rispetto al salario minimo. Il rischio maggiore è che ci sia un’involuzione e quindi una perdita di salario ancor più grande di quella che si vorrebbe risolvere con il salario minimo legale, che è ideologica e non ha nessun collegamento con la realtà italiana dove i sindacati, anche quelli autonomi, garantiscono livelli superiori rispetto a quelli che garantirebbe il salario minimo».

Landini ha rilanciato i referendum dell’8 e 9 giugno, si è accorto in ritardo del Jobs act?

«Sì, è arrivato un po’ tardi. Io ero già segretario generale dell’Ugl quando Matteo Renzi attaccò con il Jobs act i diritti fondamentali come l’articolo 18, che tutelava i lavoratori licenziati e dava la possibilità di reintegro. Eravamo tutti preoccupati ed abbiamo avversato quel provvedimento. Devo dire che ormai a 10 anni di distanza l’articolo 18 era un totem che le aziende e la Confindustria volevano abbattere e che i sindacati, compresi noi, volevamo mantenere. Il referendum della Cgil è un ritorno al passato, per attaccare un governo che ora, pur garantendo un confronto con le parti sociali, non soddisfa particolarmente Landini: ma questo è un problema suo, non è né un problema dei lavoratori e né dell’Ugl».

Sergio Mattarella ha parlato dell’emergenza su salari e sicurezza ma oggi Giorgia Meloni ha anticipato 1.2 miliardi per la sicurezza sul lavoro. Questo governo sta facendo molto per i lavoratori italiani?

«Questo governo ha creato le condizioni affinché il paese registrasse il 62,8% di occupati, ed è il numero più alto dall’inizio delle serie storiche di rilevazione dell’Istat. Ci sono oltre 22,4 milioni di lavoratori attivi ed è anche questo il numero più alto di sempre, la disoccupazione è scesa ancora al 3%. In più 4 contratti su 5, dunque l’80%, sono  a tempo indeterminato e per questo mi sembra che l’esecutivo stia facendo un buon lavoro. Credo che, se i soldi stanziati dal governo verranno indirizzati bene, saranno sicuramente utili. Mi sembra che la raccolta di un 1 miliardo e 200mila euro di risorse, per accogliere quello che è stato l’appello significativo del Presidente della Repubblica, sia un bel segnale. Si tratta di un pronto impiego rispetto alle esigenze che sono state sollevate anche dalle organizzazioni sindacali, per arginare il fenomeno delle morti sul lavoro. Credo che l’intenzione del governo sia quella di fare scelte oculate, anche perché il ministero del Lavoro su questa partita (della sicurezza ndr) è stato sensibile. C’è una convocazione già venerdì 8 maggio presso la Presidenza del Consiglio proprio sul tema della sicurezza: ciò rappresenta un ulteriore passo che il governo sta facendo chiamando i sindacati e le parti datoriali a un confronto, per verificare come utilizzare al meglio queste risorse».

 

 

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di Gabriele Caramelli - 1 Maggio 2025