
Tra retorica e propaganda
Missione Gaza, Boldrini e compagni alzano il tiro e la sparano grossa: entreremo nella Striscia. Ma a che prezzo?
È l’ennesimo exploit dell’ex presidente della Camera, insensibile all’appello del Papa a moderare i toni e «disarmare le parole per disarmare la guerra». Eppure, la retorica dell'"invasione umanitaria" suona stucchevole e pericolosa. Ecco perché
«L’obiettivo è entrare a Gaza», fa sapere la deputata dem Laura Boldrini. «La missione che tra due giorni partirà, rappresenta una delle più grandi delegazioni internazionali mai spintasi fino alla Striscia. Siamo sessanta tra deputati e deputate, parlamentari italiani al parlamento europeo, docenti universitari di diritto internazionale, operatrici e operatori di Ong e associazioni impegnate sui diritti umani, giornalisti e giornaliste». Una missione annunciata con toni che oscillano tra l’eroico e l’ingenuo. Un proposito che, al di là delle nobili intenzioni, rischia concretamente di alimentare ulteriormente l’odio nei confronti di Israele e di screditare l’immagine dell’Italia in un contesto internazionale già estremamente delicato.
Boldrini al via con la “missione Gaza”
Già, perché l’annuncio della Boldrini e dei suoi “compagni di viaggio” giunge in un momento di altissima tensione, con il conflitto tra Israele e Hamas che continua a mietere vittime. E a polarizzare l’opinione pubblica mondiale. Ma in tutto questo, invece di perseguire la via della diplomazia. Del dialogo costruttivo. E del sostegno concreto alle iniziative di pace già in atto, si opta per un’azione diretta: dai contorni ancora nebulosi, che sa tanto di protagonismo ideologico, e poco di reale aiuto alla popolazione palestinese.
La mission impossible di Laura: «Entrare nella Striscia per aiutare i palestinesi»
Una notizia che conferma anche Libero in edicola oggi, citando persino l’Ovidio delle Metamorfosi: «Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, sentenziava Ovidio nelle “Metamorfosi”. A non cambiare mai sono Laura Boldrini e quella sinistra più estrema che progressista. Domani l’ex presidente della Camera partirà alla guida di una delegazione di parlamentari, accademici, rappresentanti di organizzazioni non governative e giornalisti. Rotta sul Cairo e poi al valico di Rafah, chiuso da oltre due mesi, all’incrocio tra Israele, Egitto e Gaza. Obiettivo dichiarato: «Entrare direttamente nella Striscia per far sapere agli abitanti che non sono soli». Nemico pubblico: «Il governo criminale di Israele, che sta sterminando un popolo e non ha ancora risposto alle nostre richieste».
Il rischio di buttare benzina sul fuoco
In sintesi: all’indomani delle vibranti dichiarazioni in aula sulla guerra in Medio Oriente, l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini torna a far parlare di sé con un’iniziativa che definire azzardata è un eufemismo. Sì, perché l’ultima sortita della Boldrini, spacciata come una “missione umanitaria” nella Striscia, rischia di trasformarsi in un megafono per Hamas. E in uno schiaffo alla nostra credibilità internazionale, proprio mentre il Parlamento discute della crisi. Infatti, non paghi di aver cavalcato per anni un immigrazionismo sconsiderato e un terzomondismo fuori tempo massimo, Laura Boldrini e i soliti noti della sinistra radical chic hanno partorito l’ennesima idea destinata a gettare benzina sul fuoco e a mettere in imbarazzo l’Italia intera.
Boldrini in missione a Gaza: solo l’ultimo exploit
Verrebbe da archiviare il tutto come l’ennesimo exploit “ad hoc” dell’ex presidente della Camera, insensibile all’appello del Papa a moderare i toni e «disarmare le parole per disarmare la guerra». Un po’ come – scrive sempre Libero – «quando, giusto una settimana fa, in Parlamento chiese alla presidente del Consiglio di fermare la guerra tra India e Pakistan, “visto i suoi buoni rapporti con Modi”».
Ma non è sola in questa impresa…
Eppure bisogna prenderla sul serio. Primo perché la Boldrini non è sola in questa impresa appena annunciata: con lei ci sono una dozzina di parlamentari, dagli immancabili Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Passando per i redivivi Alessandro Zan e Andrea Orlando. Arrivando fino a qualche grillino, anonimo come gran parte di loro nel Movimento, escluso Giuseppe Conte…
Il rischio di alimentare l’odio nei confronti di Israele…
E poi, l’obiettivo? Nientemeno che “invadere” – pardon, “entrare”, come dicono loro con studiato intento demagogico – nella Striscia di Gaza per «aiutare i palestinesi». Una missione dal sapore di crociata ideologica che, guarda caso, emerge con tempismo sospetto proprio all’indomani delle dichiarazioni e dei dibattiti in Parlamento sulla delicatissima situazione in Medio Oriente.
…e di screditare l’Italia
E in tutto questo, allora, non si può ignorare il potenziale danno d’immagine per l’Italia. In un momento in cui il governo Meloni sta cercando di mantenere una posizione equilibrata e responsabile nel contesto mediorientale, infatti, iniziative isolate come quella promossa dalla Boldrini rischiano di minare la credibilità del nostro Paese come interlocutore affidabile e neutrale.
Boldrini e compagni a Gaza tra retorica e propaganda
Non solo. La retorica dell'”invasione umanitaria” suona più che mai stucchevole e pericolosa. La Striscia di Gaza non è un territorio neutrale dove si può entrare a piacimento. Ma un’area complessa e instabile. Soggetta a dinamiche geopolitiche intricate. E alla presenza di gruppi armati. Un’azione non coordinata e non concordata con le autorità competenti, sia israeliane che palestinesi, potrebbe avere esiti controproducenti, mettendo a repentaglio la vita di chi intende “aiutare”. E fornendo ulteriori argomenti a chi soffia sul fuoco dell’odio.
Una missione velleitaria…
È auspicabile allora che prevalga il buonsenso. E che questa “missione” velleitaria rientri nei ranghi della responsabilità. L’aiuto umanitario alla popolazione palestinese è sacrosanto e necessario. Ma deve passare attraverso canali ufficiali. Nel rispetto delle leggi internazionali. E in coordinamento con le organizzazioni che operano sul campo con competenza e professionalità. Ogni altra iniziativa, pur animata dalle migliori intenzioni, rischia di trasformarsi in un pericoloso boomerang, alimentando l’odio e allontanando la prospettiva di una pace giusta e duratura.
Una iniziativa più “travel chic” che di impatto politico-militante
Viene da chiedersi a questo punto: con quale mandato? Con quale strategia? E, soprattutto, con quale lucidità, la Boldrini e i suoi “compagni” di avventura intendano intraprendere una simile iniziativa più “travel chic” che di impatto politico-militante risolutivo? Tutto, peraltro, mentre il governo italiano e la diplomazia internazionale cercano faticosamente di tessere una tela di dialogo e di mediazione per arginare il conflitto tra Israele e Hamas – un’organizzazione terroristica, è bene ricordarlo sempre – ma con addosso la sinistra nostrana che pensa bene di improvvisare una “missione” che ha tutti i crismi della provocazione.
Il doppio rischio tra le righe
Il rischio, enorme e fin troppo prevedibile, è duplice. Da un lato, iniziative di questo genere, cariche di una retorica unilateralmente pro-palestinese che ignora sistematicamente le responsabilità di Hamas e il diritto di Israele a difendersi, non fanno altro che alimentare ulteriormente l’odio e la propaganda anti-israeliana. Fornendo così argomenti e visibilità a chi, come i terroristi islamici, mira alla distruzione dello Stato ebraico e fomenta l’antisemitismo, spesso mascherato da antisionismo imperituro.
Il danno all’Italia e alla sua immagine
Dall’altro lato, c’è il danno d’immagine, gravissimo, per l’Italia. Quale credibilità potrà mai avere la nostra nazione sui tavoli internazionali se, mentre le istituzioni cercano una linea equilibrata, esponenti politici di primo piano – o che tali si credono ancora – si lanciano in sortite estemporanee che sembrano voler sabotare ogni sforzo diplomatico? Si tratta di un’ingerenza sui generis, che rischia di far apparire l’Italia come un Paese inaffidabile e ondivago. Un Paese in cui la politica estera è ostaggio delle smanie di protagonismo di singoli personaggi in cerca di autore o di qualche applauso dai salotti “buonisti”.
La necessità di una de-escalation e la mossa incendiaria dei compagni
Pertanto, le dichiarazioni rese in Aula in questi giorni sulla necessità di una de-escalation. Sul sostegno umanitario coordinato. E sul rifiuto del terrorismo, sembrano già carta straccia di fronte a questa pulsione irrefrenabile di mettersi in mostra, calpestando ogni logica di prudenza e di responsabilità nazionale. Allora, in questo contesto, la “missione” della Boldrini, più che portare aiuti concreti e imparziali, rischia di essere una passerella mediatica ad uso e consumo di una certa sinistra che non ha ancora capito da che parte stare: quella della pace e della sicurezza.
O quella di chi, anche involontariamente, finisce per fare il gioco dei terroristi e degli odiatori di Israele. Anche perché, giusto in calce, e nelle more, va detto che in tutto questo, non una parola è stata pronunciata dai pasionari in partenza per Gaza, sugli ostaggi ancora nelle grinfie dei tagliagola di Hamas. E che dire, infine, dei palestinesi, sempre più numerosi, che protestano contro Hamas, ritenendo di essere prigionieri del gruppo armato e non di Israele? Di questo, come di molto altro, la delegazione dem in missione a Gaza non se ne cura. Ma guarda e passa. E una domanda sorge spontanea: passerà?