
L'incontro a palazzo Chigi
Migranti, al via il patto Italia-Danimarca. La premier danese. “D’accordo con Giorgia su tutto, c’è un limite all’accoglienza” (video)
Il premier ha ricevuto il primo ministro socialdemocratico della Danimarca. Le due leader hanno promosso una lettera per rimodulare alcune convenzioni europee firmata da nove paesi: "Dobbiamo essere in grado di proteggere i nostri cittadini"
Intesa a tutto campo sul contrasto all’immigrazione clandestina. Il premier Meloni incassa un accordo importante con la Danimarca ricevendo il primo ministro Mette Frederiksen. “Noi vogliamo aprire una riflessione seria, coraggiosa. Perché se c’è qualcosa che questo tempo ci ha insegnato è che dobbiamo saper ragionare con schemi nuovi. Senza paura di affrontare i problemi dove vediamo quei problemi”. Il presidente del Consiglio lo ha annunciato nella conferenza stampa dopo il colloquio a Palazzo Chigi. “Pensiamo all’Albania, per esempio: perché l’Albania? Perché questo protocollo? Ormai lo ripeto da tempo: noi sappiamo che molti di questi migranti che entrano illegalmente in Italia, magari vogliono recarsi in Germania o in Danimarca, ma vogliono comunque rimanere in Europa. Quindi, se cominciamo a dire: guarda, i trafficanti non possono promettervi quello che invece vi promettono, perché in realtà voi non arrivate in Europa, finirete altrove… Questa è deterrenza e la deterrenza è lo strumento più potente di cui disponiamo”. Frederiksen si è detta d’accordo su tutto.
“Ci sono dei limiti al numero delle persone che l’Europa può accogliere”
“Veniamo da Paesi molti diversi, voi siete in prima linea sull’immigrazione. Veniamo da famiglie politiche molto diverse, ma abbiamo realizzato una collaborazione molto efficace. Insieme abbiamo detto che ci sono dei limiti al numero delle persone che l’Europa può accogliere“. E ha aggiunto: “Non possiamo garantire la sicurezza dei nostri popoli in Europa se non possiamo controllare le frontiere esterne”, ha poi aggiunto la premier socialdemocratica. Che ha sottolineato più volte l’intesa con la presidente del Consiglio sulla necessità “di soluzioni nuove” per “diminuire gli ingressi di migranti”. L’accordo è totale: “Abbiamo deciso di essere le capofila di questo confronto nella Ue – ha detto ancora Frederiksen -. E all’inizio non è stato facile, c’erano pochi paesi e leader politici che sostenevano le nostre idee. Adesso non è più così – ha concluso- la maggior parte è seduta intorno allo stesso tavolo, c’e’ un processo concreto avviato da commissione che è quello di cui abbiamo bisogno”.
Il bagno di realtà di una leader socialdemocratica
Una leader socialdemocratica che fa un bagno di realtà e vuole risolvere i problemi oltre ogni ideologismo. La sinistra italiana dovrebbe prendere esempio. “La realtà è che è troppo difficile per noi espellere stranieri che commettono reati dalle nostre società”. La premier danese ha voluto sottolineare che questo non significa non essere a favore dello stato di diritto o delle convenzioni: “noi siamo grandi sostenitori di questo apparato giuridico; ma dobbiamo prendere decisioni politiche, democratiche per quanto riguarda la società. Dobbiamo essere in grado di proteggere i nostri cittadini – ha aggiunto – dalle persone che vengono da altri Paesi che si comportano in un modo che non si dovrebbero comportare”. Ancora: “Dobbiamo fare in modo di disporre di un margine di manovra per decidere chi può rimanere nei nostri Paesi è per questo che abbiamo scritto questa lettera”, ha concluso auspicando un dibattito riguardo le convenzioni che coinvolga anche altri Paesi europei.
La lettera firmata da 9 Paesi
Di cosa si tratta? ”Su iniziativa della Danimarca e dell’Italia, noi -il gruppo di presidenti e primi ministri europei firmatari di questa lettera- condividiamo una ferma convinzione nei valori europei; nello Stato di diritto e nei diritti umani. Siamo impegnati in un ordine internazionale basato sulle regole. Crediamo profondamente nella dignità inviolabile dell’individuo e nel ruolo delle istituzioni multilaterali: incluse le Nazioni Unite, l’Unione Europea e la Nato”. Inizia così la lettera firmata da 9 paesi europei – Italia, Danimarca, Austria, Belgio, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Ceca- che chiede la ”rimodulazione” di alcune Convenzione europee sui migranti. L’obiettivo dell’iniziativa è “avviare una conversazione nuova e aperta sull’interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” per ”ristabilire il giusto equilibrio”.
“Siamo -si legge nella missiva- leader di società che tutelano i diritti umani. Diritti e valori che sono tanto fondamentali quanto cruciali e che costituiscono le pietre angolari delle nostre democrazie. Condividiamo anche un forte senso di impegno verso i nostri Paesi. E sentiamo una grande responsabilità nei confronti delle nostre società. Proveniamo da famiglie politiche diverse e da tradizioni politiche differenti. Tuttavia, concordiamo sulla necessità di avviare una discussione su come le Convenzioni internazionali siano oggi adeguate alle sfide che dobbiamo affrontare. Ciò che un tempo era giusto potrebbe non essere la risposta di domani”.
“È per noi incomprensibile – si legge in un passo della lettera- come alcune persone possano arrivare nei nostri Paesi; beneficiare della nostra libertà e delle nostre ampie opportunità; e, tuttavia, decidere di commettere crimini. Sebbene ciò riguardi solo una minoranza di immigrati, rischia di minare le fondamenta stesse delle nostre società. Danneggia la fiducia tra i nostri cittadini e danneggia la fiducia nelle nostre istituzioni. Fortunatamente, in alcuni ambiti, ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Molti Paesi europei hanno scelto di inasprire le proprie politiche nazionali sulla migrazione irregolare”.
“Una maggioranza degli Stati membri dell’Ue è pronta a considerare nuove soluzioni alle sfide migratorie dell’Europa. Questi sono passi cruciali e dobbiamo continuare su questa strada”, perché “c’è ancora molto da fare prima che l’Europa possa recuperare il controllo sulla migrazione irregolare”. Tuttavia, come leader, “crediamo anche che sia necessario esaminare come la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia sviluppato la propria interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.