
Le connessioni internazionali
Mafia nigeriana come Cosa nostra: il maxi processo finisce in Cassazione. Il 27 maggio la sentenza
Non poveri migranti costretti a delinquere, ma una organizzazione criminale con ramificazioni internazionali: è il quadro che emerge sulla magia nigeriana, alla luce dell’ultimo processo arrivato fino in Cassazione. Come scrive il quotidiano La Nuova Ferrara, le pene riviste al ribasso dalla Corte d’appello, tredici condannati in primo e secondo grado nel processo alla mafia nigeriana hanno fatto ricorso per Cassazione, che verrà discusso dai supremi giudici il prossimo 27 maggio.
Chi sono i boss della mafia nigeriana in Italia
Tra chi ha fatto ricorso prevale su tutti il nome di Emmanuel Okenwa, considerato il Re del clan Vikings/Arobaga nel capoluogo estense che aveva ramificazioni in tutto il Nord Italia, nonché uno dei componenti più importanti del sodalizio criminale dedito soprattutto allo spaccio di stupefacenti. Okenwa, noto anche come Dj Boogye (O Bugi) aveva visto la propria pena ridursi da 22 anni a 13 anni, 3 mesi e 20 giorni.
Emmanuel Albert, che era noto anche per essere stato un capo spietato e propenso alla soluzione violenta di ogni controversia. Aspetto che emerge anche dalle intercettazioni con il boss che con i suoi autodefinitva «re di Ferrara», dove Ratty sostiene di avere avuto contatti con il vertice europeo dei Vikings, che ha sede in Gran Bretagna e che «ha i soldi per il business». Business che, per gli inquirenti, è quello appunto dello spaccio di droga, dove la mafia nigeriana in certe zone d’Italia ormai è egemone.
Emmanuel Albert, altro boss di spicco ad aver presentato ricorso per Cassazione, era stato condannato a 20 anni, ridotti in appello a 12 anni, 3 mesi e 20 giorni.
Ad aver fatto ricorso anche Junior Musa, Felix Tuesday, Henry Arehobor (detto Threeman), Igbinosa Irabor e Glory Egbogun (detto Omomo) e Luky Odianose Anthony (Ubeba), per mutuare un termine di Cosa clan, non proprio dei capo clan, ma personaggi di medio livello, manovalanza capace di tutto, come prova l’agguato con machete sempre a Ferrara ai danni di uno dei capi del clan divenuto rivale – Stephen Oboh degli Eiye – che di fatto ha dato avvio all’indagine della squadra mobile, della procura estense e poi della Direzione distrettuale antimafia di Bologna sulla presenza di un’organizzazione criminale con caratteristiche mafiose a Ferrara. Due le parti civili: il Comune di Ferrara e una donna vittima di un episodio di estorsione, considerato un “reato spia” caratterizzante i gruppi mafiosi.
Organizzazione egemone nel traffico di stupefacenti
Per la seconda volta la Cassazione sarà chiamata a decidere – anche se per questioni legate solo alla legittimità della sentenza d’appello, quindi non nel merito – sulla mafia nigeriana a Ferrara. Nel 2023 aveva infatti già esaminato e considerato inammissibile il ricorso presentato da cinque imputati che vennero giudicati con il rito abbreviato a Bologna, sempre in riferimento all’attività del gruppo a Ferrara. In quell’occasione, la Corte aveva comunque ritenuto sufficientemente motivate le parti della sentenza che riguardavano proprio la mafiosità dell’organizzazione criminale, in grado di attuare con la violenza un controllo del territorio, assoggettando prevalentemente i connazionale adoperando il potere dell’intimidazione e imponendo l’omertà.
I Vikings/Arobaga sono un gruppo che, d’altronde, è ormai ritenuto in maniera piuttosto consolidata nella giurisprudenza della stessa Cassazione e in quella delle corti territoriali come un gruppo mafioso operante in passato, ad esempio, anche all’interno di una famosa e problematica struttura di accoglimento per i richiedenti asilo, il Cara di Mineo, in Sicilia.
«La caratura mafiosa del sodalizio ferrarese che operava come gruppo autonomo e organizzato diffusamente esteso anche in altre località del territorio nazionale, quali Parma, Padova, Vicenza, Venezia e Torino, risulta incontrovertibilmente acclarata», scrivono i giudici ferraresi. Per i magistrati estensi è inoltre «indubbio il carattere mafioso dell’associazione Arobaga Vikings, essendo stata acclarata la sussistenza dei tre requisiti specifici richiesti per differenziarla da una comune associazione per delinquere», ovvero la forza di intimidazione, l’assoggettamento e l’omertà. Tra le caratteristiche rilevate, la presenza di una struttura gerarchica, l’utilizzo di un linguaggio in codice e di segni distintivi: dal colore rosso ai richiami ai vichinghi.