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Ma tutti i Papi sono “italiani” e Roma è la loro casa: destino universale

Vaticano e "dintorni"

Ma tutti i Papi sono “italiani” e Roma è la loro casa: destino universale

Il vicario di Cristo in Terra, trova ospitalità e destino, nella nostra Nazione; sempre. E' un impareggiabile privilegio

Senza categoria - di Carmelo Briguglio - 11 Maggio 2025 alle 07:00

«Tutte queste ragioni danno diritto a concludere che la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata, perché nuoce a quei medesimi a cui si deve recar soccorso, offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune. Resti fermo adunque, che nell’opera di migliorare le sorti delle classi operaie, deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di proprietà privata». (Leone XIII, Enciclica Rerum Novarum, 15 maggio 1891)

Per i credenti – incluso chi scrive, cattolico peccatore – l’elezione del nuovo Papa Leone XIV è opera dello Spirito Santo. I non credenti non hanno l’obbligo di pensarlo, ma forse un grano di Ragione, lo possono scorgere in un elemento di pura empirìa: in questo nostro universo, la cui la vita è segnata da invadenti algoritmi, occhiutissimi sondaggi e parodossali scommesse, il nome del Pontefice non viene mai azzeccato. L’imprevedibilità del Conclave batte sempre la ybris del  contemporaneo. E’ il primo dato sul quale si deve riflettere, ciascuno con le proprie convinzioni.

Un “non sense” il canone mediatico progressista-conservatore

 Il secondo. Anche se chi crede al Caso – ammesso che il Caso non sia l’impronta digitale di un Dio – deve ammettere che ha “impastato” bene la figura del nuovo vescovo di Roma. Naturalmente mi sottraggo al canone divisivo di progressisti e conservatori: anche chi lo usa, sa che è una semplificazione di lampante rozzezza. Come anche alla pesatura di questo o quel singolare verbum del nuovo Pontefice: è un non sense figurarlo come di destra o di sinistra, più o meno bergogliano; e che lo facciano con sgangherate analisi, columnist blasonati intra moenia e Oltreoceano, i quali non hanno mai saputo spiegarsi, con questa impropria chiave di lettura, le eccellenti relazioni tra i Sacri Palazzi e Chigi e il forte rapporto umano tra Papa Francesco e Giorgia Meloni, culminato nella storica partecipazione di Bergoglio al G 7. Robert Francis Prevost, in verità, si presenta come una composta sintesi di profondità teologica, ponderatezza dottrinale e vocazione sociale, che il nome prescelto immediatamente richiama. Inutile soffermarsi. “Non è Francesco”, certo, ma perché nessun Pontefice – che “deve” creare ponti: pontifex, questo significa – è uguale ad un altro. E perché questa singolare teocrazia che regge lo Stato vaticano, non è una monarchia dinastica. Il sovrano non discende dal suo predecessore, ma lo trascende: è successore di Pietro e di nessun altro. La terza riflessione è più politica.

L’Italia “ospita” la Santa Sede: è un privilegio globale

Dei tre Stati che ospita l’Italia – la nostra Repubblica, San Marino e Città del Vaticano – il terzo é l’unico ad essere una superpotenza globale. Per il numero di “amministrati”: sono 1 miliardo e 400 milioni i cattolici nel mondo; per la sua ineguagliabile forza organizzativa e diplomatica diffusa su tutto il pianeta: l’universalità é espressione di unità e forza, segnata da una polisensa “unicità”. Ma é pure una straordinaria risorsa “italiana”: geopolitica e di autorità morale. Si é molto discusso di Papa italiano e non; si parla di Papa americano, ancor più perché – i conclavi non sono pronosticabili, eh già – é caduto il tabù secondo il quale non ci sarebbe stato mai un capo della Chiesa cattolica nato negli States. Ma la “capitale” religiosa dei cattolici di tutto il mondo é Roma; non Parigi, Bruxelles o Washington. Il Papa é sempre “italiano”; tutti i papi lo sono stati e lo saranno. A Roma i papi studiano, si formano, celebrano, “regnano”. Ogni domenica parlano da un balcone di San Pietro.Rinnovano concordati e intese; animano scambi e incontri, tra governanti di qua e di là del Tevere: molti pubblici e tanti altri riservati.

Papa “italiano”? Roma è la casa di tutti i Pontefici

Per questo avere ancora cercato o “tifato” per un capo della Chiesa catholicacioè universale, che fosse un italiano è espressione di un nazionalismo davvero fuori luogo; e soprattutto di un mondo e di un tempo, che non ci sono più. Morto un Papa, se ne fa un altro; è vero. Ma il vicario di Cristo in Terra, trova ospitalità e destino, nella nostra Nazione; sempre. E’ un impareggiabile privilegio. Allora benvenuto, Santo Padre Leone; anche per questo.

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di Carmelo Briguglio - 11 Maggio 2025