
Sottomissione
La profezia di Houellebecq diventa realtà: la Fratellanza islamista incombe non solo sulla Francia ma su tutta l’Europa
"Far inginocchiare l’intera società francese alla legge della sharia": con 139 moschee, 91mila fedeli e 66mila studenti, i Fratelli musulmani tessono la loro rete nella Nazione di Monsieur Macron
Un paese che si pensava laico, razionale, europeo, sta oggi misurando l’avanzata di un progetto di islamizzazione che non ha bisogno di bombe per detonare. I Fratelli musulmani — nati nel 1928 a Ismailia, sobborgo egiziano sulle rive del canale di Suez — non si sono mai nascosti: «Noi siamo come una grande sala nella quale ogni musulmano può entrare da qualsiasi porta per cercarvi ciò che desidera. Desiderasse il sufismo, lo troverebbe. Desiderasse il combattimento e la lotta armata, le troverebbe. Siete venuti a noi con la preoccupazione per la “Nazione”. Dunque vi do il benvenuto», diceva Hassan al-Banna, il fondatore del gruppo islamista. E la Francia di oggi, a novantasette anni di distanza, è divenuta quella «grande sala» con le porte spalancate, una a una dalla disattenzione, dall’ingenuità e dall’ipocrisia dei governanti francesi.
Il rapporto choc sull’ascesa dei Fratelli musulmani
Un rapporto di 73 pagine, pubblicato in esclusiva da Le Figaro e redatto da un prefetto e da un ambasciatore su incarico del ministro dell’Interno Bruno Retailleau, ha consegnato al governo francese la diagnosi di una malattia avanzata. Non si tratta più di cellule isolate, ma di un ecosistema: 139 luoghi di culto direttamente riconducibili ai Musulmani di Francia — la maschera legale della “Fratellanza” — frequentati ogni venerdì da 91mila fedeli. Altri 68 luoghi «vicini». In totale, il 7% del totale nazionale. Non un’infiltrazione, ma un insediamento.
La conquista silenziosa: scuole e università
La vera forza non è nei numeri, ma nella strategia. Un progetto a doppio binario: islamizzazione dal basso, ispirata ai salafiti, e conquista dall’alto, come nelle università d’élite — Sciences Po in testa. Gli autori del rapporto parlano senza timori: «L’obiettivo finale è far inginocchiare l’intera società francese alla legge della sharia».
Nel settembre 2023, 21 istituti scolastici erano identificati come parte dell’universo frériste, a cui si aggiungono 815 scuole coraniche per 66.050 minori. Le bambine iniziano a portare il velo a cinque anni. Lezione di religione, ginnastica separata, ramadan obbligatorio: si «incornicia la vita del musulmano dalla nascita alla morte». A Lille, il liceo Averroès — punta di diamante dell’insegnamento confessionale — è oggetto di una richiesta di revoca del contratto statale: tra i testi didattici si ritrovano gli Hadith che legittimano la pena di morte per apostasia.
La tela islamista e la “predicazione 2.0”
Nel mondo parallelo costruito dalla Fratellanza, c’è tutto: carità (Humani’Terre è sotto inchiesta per presunto finanziamento a Hamas), istruzione, impresa halal, finanza islamica, associazionismo. L’«entrismo» passa anche da lì. Non serve imporsi con la violenza se si può offrire assistenza sociale dove lo Stato è assente. «Radicandosi nei quartieri a maggioranza musulmana generalmente poveri, rispondono ai bisogni della popolazione», si legge. E in cambio ottengono consenso, adesione: rafforzano l’identità.
Il concetto stesso di «islamofobia» viene impiegato come clava, in chiave difensiva e offensiva. Il Collectif contre l’islamophobie en France, sciolto nel 2020, è risorto come Collectif contre l’islamophobie en Europe (Ccie) a Bruxelles. Lo stesso Marwan Muhammad — ex direttore, oggi in Canada — viene indicato come uno degli influencer di punta della nuova «predicazione 2.0».
Una strategia lunga settant’anni
L’ideologia è nota: l’islam è totalità. Non solo religione, ma politica, legge, costume, finanza, educazione. Già negli anni ’50, la Fratellanza cominciava a costruire le sue fondamenta in Francia, grazie a intellettuali come Mohammed Hamidullah, erudito indiano e primo predicatore della moschea Daawa di Parigi, e Saïd Ramadan, genero di Hassan al-Banna e fondatore del Centro islamico di Ginevra. Oggi la rete europea è consolidata. Il Consiglio dei musulmani europei è il pilastro, attorno al quale ruotano enti di fatwa, ong come Islamic relief, e circuiti finanziari. Bruxelles, Parigi, Berlino, Londra, Sarajevo, Milano: l’Europa è la nuova Mecca politica della Fratellanza. Il Medio Oriente — scrive il rapporto — è in ritirata, l’Europa è la nuova frontiera.
Dalla distopia alla realtà
In Soumission, Michel Houellebecq immaginava una Francia dove, dopo il fallimento del sistema politico tradizionale, la Fratellanza musulmana vinceva democraticamente le elezioni. Università islamizzate, donne confinate in casa, intellettuali sedotti dal comfort spirituale offerto dall’islam. La distopia — si dice — serve per evitare che accada. Ma se non ci si accorge che la realtà ha superato la letteratura, si finisce per abitarla.
Per ora non ci sono elezioni vinte. Ma ci sono 30 associazioni caritatevoli attive, un migliaio di quadri militanti, oltre 90.000 fedeli a settimana e un numero crescente di minori educati secondo i canoni di un islam rigoroso. Il prefetto che ha coordinato il dossier è stato lapidario: «Tra un islamista che lavora a lungo termine e un radicalizzato pronto ad agire, si sceglie di fermare il secondo». Errore strategico. L’islamista paziente vince sul lungo periodo.
La Francia di Houellebecq
L’Austria è oggi l’unico paese europeo ad aver bandito i Fratelli musulmani. La Francia, malgrado il rapporto, non ha ancora preso una decisione. La Svezia ha giusto ieri annunciato una mappatura del fenomeno. Gli altri tacciono. In nome della tolleranza, si tollera tutto. Fino a trasformare la laicità in neutralità passiva.
Il futuro, se non altro, è già stato scritto. Resta da capire se si vuol leggerlo su un libro o nei rapporti dei servizi. Entrambi portano lo stesso titolo implicito: Sottomissione.