
Deliri arcobaleno
La pagliacciata del seggio «inclusivo» a Genova: bandiera Lgbtq e fila unica per gli elettori
La denuncia di Pro Vita: «Azione ideologica, che viola il divieto di esporre simboli politici nei seggi». La questione degli elenchi separati uomini e donne è stata superata dall'ultimo dl Elezioni
Gesto “rivoluzionario” in un seggio di Genova: i componenti dell’ufficio elettorale di una sezione hanno esposto un cartello con la bandiera Lgbtq e la scritta «Questo è un seggio accessibile, inclusivo e rispettoso delle identità trans e non binarie». L’iniziativa, denunciata dall’associazione Pro Vita & Famiglia, ha un chiaro sapore politico. Peccato solo che arrivi in ritardo sulla storia: un emendamento al decreto elezioni ha cancellato la storica divisione delle liste elettorali in uomini e donne e solo per motivi di tempo e organizzativi non è stata ancora introdotta una nuova modalità. Non è ben chiaro, dunque, la provocazione dei prodi del seggio genovese quali coscienze volesse smuovere o chi volesse prendere di mira. E sarebbe anche interessante sapere quante persone non binarie si sono presentate al seggio, mentre gli elettori si ritrovavano convogliati in un’unica fila nonostante gli elenchi elettorali separati in una situazione che si immagina piuttosto disordinata.
Pro Vita: «Una violazione della legge che vieta simboli politici ai seggi»
«È gravissimo – si legge nel comunicato di Pro Vita & Famiglia – che in un seggio elettorale di Genova sia stato esposto un cartello con la bandiera del movimento Lgbtq, un simbolo dal valore chiaramente politico, con una scritta inneggiante le identità “trans” e “non binarie”». «Si tratta – aggiunge Pro Vita – di un’azione ideologica potenzialmente capace di influenzare e orientare il voto dei cittadini in aperta violazione della legge 212/1956 che vieta l’esposizione di simboli politici all’interno del seggio elettorale e anche con la norma approvata da poco ma non ancora in vigore, e quindi inapplicabile, che elimina la distinzione per sesso nei registri elettorali».
«Inoltre, quanto scritto sul cartello è in contrasto non solo con la biologia ma con la stessa normativa italiana, che – anche con la legge 164/1982 riguardante la rettificazione dell’attribuzione di sesso – non prevede nessun tipo di “terzo sesso” né una categoria “non binaria”, ma solo e comunque le identità maschili e femminili», prosegue l’associazione, chiedendo l’intervento della Procura per «accertare i fatti e verificare le responsabilità di chi ha assunto questa decisione totalmente ideologica e arbitraria».
La modifica introdotta dal dl Elezioni
La divisione delle liste elettorali in uomini e donne in Italia è prassi dall’introduzione del voto universale ed è diventata norma con una legge del 1967. Non risponde a un criterio ideologico, ma al criterio pratico di velocizzare le operazioni. Tant’è che, dopo tanto discuterne, è stata superata con l’ultimo dl Elezioni, senza psicodrammi e, anzi, con un voto bipartisan.
Quando la Cassazione spiegò: «Le liste separate non ledono alcun diritto»
E questo nonostante la Corte di Cassazione, appena lo scorso anno, avesse chiarito che la vecchia organizzazione non ledeva il diritto al voto di nessuno: «Non è chiaro in quale modo la suddivisione cartolare degli elettori a seconda del genere potrebbe conculcare tale diritto in capo ai soggetti che non si riconoscano né nel genere maschile, né in quello femminile, posto che nessun pregiudizio sul diritto di voto può ipotizzarsi o è previsto da una qualche norma quale conseguenza della suddetta mancata immedesimazione di genere», si legge nel dispositivo depositato ad aprile dello stesso anno.
Detto ciò, la nuova normativa non entra nel merito delle identità di genere, semplicemente supera una distinzione in base al sesso che in molti ritenevano superata. Una cosa ben diversa dalla provocazione dell’inclusivissima sezione elettorale di Genova.