
Contrarietà anche nel governo
La Francia oltre l’eutanasia: nella legge sul fine vita c’è il reato di “ostacolo all’aiuto a morire”
La misura spacca la politica e l'opinione pubblica e offusca ancora di più l'immagine di Macron. La destra francese: "Istituire un reato con una pena così significa superare un limite inaccettabile. Non si può essere colpevoli di compassione"
A furia di voler piacere a tutti, Emmanuel Macron finirà col non piacere più nemmeno a sé stesso. Martedì l’Assemblea nazionale ha approvato con 305 voti favorevoli e 199 contrari il controverso progetto di legge sull’«aiuto attivo a morire», anche detto «fine vita». In aula è passata anche, senza opposizione, una legge sulle cure palliative. Ma il passaggio cruciale — e politicamente velenoso — è l’introduzione del cosiddetto “diritto alla dolce morte”. Peccato che a sostenerlo con più convinzione, ora, sia proprio colui che per anni ha ondeggiato tra un “ni” e un “forse”. Dopotutto, non c’è da sorprendersi, Monsieur le président ha fatto dell’ambiguità il proprio marchio di fabbrica. E adesso si presenta, con aria contrita, a reclamare la paternità di un testo che però ha sempre trattato come un figlio illegittimo.
La legge sul fine vita e il nuovo reato di “ostacolo all’aiuto a morire”
A rendere il quadro ancora più grave, c’è la creazione di un nuovo reato: quello di “ostacolo all’aiuto a morire”. Due anni di carcere per chiunque tenti di informare, dissuadere o ostacolare una persona intenzionata a togliersi la vita. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau non ha aspetto un istante a manifestare il suo dissenso: «Istituire un reato con una pena così significa superare un limite inaccettabile. Non si può essere colpevoli di compassione». Poche parole che fanno emergere il contraddittorio, il paradossale di una norma pensata nel nome della libertà. Il deputato Lr Thibault Bazin ha rilanciato: «Come potremo, in futuro, concepire la prevenzione del suicidio o addirittura l’omissione di soccorso?». In effetti, la nuova infrazione sembra collidere frontalmente con disposizioni già presenti nel Codice penale: l’istigazione al suicidio resta un reato, così come l’omissione di soccorso.
Macron: nessuna convinzione, solo opportunità politica
Macron, invece, gioca ancora a rincorrere il vento. Lo fa con la solita postura da funambolo: si dice favorevole alla legge, ma con “equilibrio”; sostiene il diritto alla morte, ma rifiuta i termini “eutanasia” e “suicidio assistito”. In otto anni all’Eliseo non ha mai abbracciato davvero la causa. Né nel 2017 né nel 2022 ha inserito con chiarezza il tema nel programma. Preferiva dire soltanto: «Io voglio poter scegliere la mia fine vita», riporta Le Figaro in un editoriale. Solo nel 2022, con una convenzione cittadina e il pressing dei pro-eutanasia, il presidente si riscoprì sensibile alla questione. Non per convinzione, ma per necessità.
Un presidente senza più né arte né parte
L’Assemblea ha votato, ma il cammino resta accidentato. Il Senato, dove la maggioranza pende a destra per lo più, l’esito non è affatto scontato. E proprio qui torna in scena il balletto preferito del presidente francese: il referendum. Se tutto si blocca, ha detto Macron su TF1, «potremmo ricorrere al voto popolare». Di fondo non di certo l’etica democratica, ma solo la furbata per sfuggire all’impasse parlamentare.
Nel frattempo, all’Eliseo l’ansia sale. La portavoce del governo, Sophie Primas, ha addirittura già suonato il de profundis: «Il macronismo giungerà alla sua fine nei prossimi mesi». Il Napoleone mancato così si rifugia nell’iperattività internazionale, per non essere relegato al ruolo di comparsa agli occhi dell’opinione pubblica… Ma nemmeno lì trova scampo. Il fragile recupero nei sondaggi si è infranto con lo schiaffo di Brigitte in pieno volto. Prima ha parlato di fake news, poi ha incolpato l’intelligenza artificiale, infine gli «psicopatici del web». Niente ha retto. La tournée nel Sud-Est asiatico, pensata per rilanciare la sua strategia indo-pacifica, è naufragata prima ancora di prendere quota.
La successione è già cominciata, ma senza di lui
E mentre il presidente cerca ossigeno in qualche angolo del mondo in Patria è già iniziata la resa dei conti. Retailleau ha preso in mano Les Républicains e lanciato la sua candidatura “anti-Macron”. Jordan Bardella vola al 31% nei sondaggi. Édouard Philippe gira intorno al 20%. Gabriel Attal, il delfino del presidente ci prova a fingersi di destra: rincorre Retailleau e propone il divieto del velo sotto i 15 anni, suscitando gelo anche tra i suoi. «Non si capisce più dove stia di casa», confessano persino dal suo entourage. Insomma, alla fine il campo macroniano è una nave senza bussola, con ogni ministro che fa per sé.