
Il punto di vista
La fine della Guerra mondiale e l’inizio delle guerre dei “pacifici”: 80 anni di conflitti in giro per il mondo
Dal '45 a oggi non c'è stato quasi angolo di mondo che sia stato risparmiato dalle armi. Una rapida carrellata per non perdere la memoria (e capire un po' di più quello che succede oggi)
La Seconda guerra mondiale finisce in Italia nell’aprile del 1945, in Germania il 9 maggio, in Giappone ad agosto. La narrazione alla grossa spiega che terminano le guerre dei cattivi, e inizia il soave regno dei buoni, con tanto di pace dell’Eden. E invece non è andata proprio così, tutt’altro; e diamo qui un rapido sunto delle molte guerre che seguirono al 1945, e che tuttora seguono.
La Corea, possedimento giapponese, era stata occupata in parte da Usa e in parte da truppe comuniste cinesi e russe. Divampò la Guerra di Corea dal 1950 al ’53, conclusa, precariamente, con la divisione tra Sud e Nord. La Cina concludeva la sua guerra civile con la presa di potere da parte dei comunisti di Mao; Chiang e i nazionalisti trovano riparo a Formosa, oggi Taiwan; che la Cina rossa rivendica. Rossa, per modo di dire: capitalismo statale. I vietnamiti si erano opposti all’occupazione giapponese, ma non certo per i begli occhi dei colonialisti francesi; che poi sconfissero, o piuttosto sconfissero la Legione Straniera; seguì la divisione tra due Vietnam; poi il Nord comunista attaccò il Sud; intervennero gli americani, nel 1975 sconfitti anche loro. A dire il vero, della faccenda non si ricorda più nessuno, nemmeno in Vietnam.
Immediatamente finita la guerra mondiale, l’Impero inglese delle Indie precipitò nel disastro di massacri reciproci tra musulmani e indù, nell’impotenza e indifferenza delle truppe britanniche in ritirata, o piuttosto fuga. Un maldestro intervento dell’Onu creò un Pakistan islamico, con territori occidentali, e, ad assurda distanza, il Bengala. Tale situazione degenererà in un conflitto, donde, nel 1971, la nascita di uno Stato del Bangla Desh. Ricorrenti saranno anche gli scontri tra India e quel che resta del Pakistan, in particolare per il Kashmir; una guerra che è ripresa proprio mentre stiamo scrivendo, e speriamo non finisca malissimo per il Pianeta.
L’Afghanistan, rimasto indipendente da Londra, iniziò la sua crisi con la caduta del re, nel 1973. Seguì, tra il 1979 e l’89, un intervento militare sovietico, il cui fallimento può dirsi l’inizio della fine del regime comunista in Russia. Non migliore sorte però ebbe l’intervento americano e occidentale, conclusosi, sotto Biden, con la caduta di Kabul in mano ai taleban, plurale di taleb, nel 2021. In Iran una rivolta musulmana, sotterraneamente sostenuta anche da strambe teorie democratiche occidentali, ha dato vita, nel 1979, alla Repubblica teocratica, sempre a rischio di qualche conflitto con i vicini. L’Iraq, deposto il re, ebbe, sotto la dittatura di Saddam, una guerra contro l’Iran ormai repubblica islamica, combattuta infelicemente dal 1980 all’88. L’Iraq aveva agito per conto degli Usa, e credette, o pare gli stia stato fatto credere, che potesse compensarsi occupando il Kuwait; ma venne attaccato, nel 1991, da una coalizione a guida americana. Una seconda guerra, nel 2006, devasterà l’Iraq, e le conseguenze perdurano.
La Palestina, dal 1917 possesso britannico, aveva già visto tensioni e scontri tra popolazione araba e i primi coloni sionisti; dal 1947, falliti i vani tentativi dell’Onu, la Terra Santa fu ed è teatro sia di guerre propriamente dette, con intervento di Egitto e Giordania: 1947, 56, 63, 74… sia di un conflitto che deve dirsi quotidiano, e che non lascia intravedere alcuna soluzione. Per completare il fosco quadro dell’area mediterranea araba e islamica, ricordiamo le confuse e non ancora terminate vicende della Siria. Nelle sorti di Palestina e Siria è stato miseramente coinvolto il Libano, un tempo prospera e pacifica “Svizzera dell’Asia”, o così sembrava. E non scordiamo, nel 2011, la distruzione della Libia da parte di Francia e Usa, con le ben note ripercussioni sull’Italia.
Nell’Africa frettolosamente decolonizzata, accaddero episodi di conflitti etnici e di confini: Congo ex belga; Nigeria e Biafra; Mozambico; Etiopia ed Eritrea; Somalia…
L’America Centromeridionale, senza guerre esterne come alcune c’erano state nel XIX secolo e metà del XX, passò spesso alle cronache per colpi di Stato e conflitti politici. Il crollo dell’Urss, dal 1989, poteva provocare un disastro mondiale, che venne evitato con accortezza, ma troppo in fretta per non lasciare gravi strascichi; e non solo sul Don, bensì dobbiamo ricordare le ricorrenti crisi militari e politiche del Caucaso, qui ardue da riassumere.
E l’Europa, la mite e civile Europa? Senza scordare due guerre mondiali, squisitamente europee, la storia recente ci ha mostrato la strage orrenda della dissolta Iugoslavia, cui l’Europa assistette dal balcone, e mentre lì scorrevano mari di sangue: dal 1991 esattamente come era stato dal 1941. Nel 1998, per motivi che nessuno ci ha spiegato in modo convincente, l’Onu e la Nato, Italia, inclusa, mossero guerra alla Serbia per il Kossovo.
E l’Italia? L’Italia, tutti lo sanno, “ripudia la guerra”, come recita l’articolo 11 della Costituzione. Solo che l’articolo 11, il più citato, non consta di quelle tre parole, ma di settantadue, e, letto con attenzione, dice che l’Italia non può fare una guerra di sua iniziativa; però se la guerra non si chiama guerra bensì spedizione internazionale, allora, intero articolo 11 alla mano, ecco che l’Italia è dal 1981 che è presente in luoghi non esattamente idilliaci, quali: Afghanistan, Bosnia, Guinea, Iraq, Kossovo, Libano, Mar Rosso, Montenegro, Oceano Indiano, Repubbliche Baltiche, Somalia… ah, quasi dimenticavo Timor Est, praticamente agli antipodi; e anche di questo non siamo stati molto dettagliatamente informati.
In questi paradisi, i contingenti italiani di terra, di mare, di cielo non sono stati, e non sono, un distaccamento della sanità come ai tempi della Guerra di Corea o i disarmati dell’orrore di Kindu del 1961. Mi fermo qui perché certe volte è utile, direi patriottico, non approfondire.
Finora non si è posto il caso di obbedire all’articolo 52, però ogni tanto qualcuno lo dovrebbe rileggere. Ah, l’Italia degli anni 1970-90 ebbe la sua guerra interna, chiamata terrorismo, con il contorno di servizi “deviati”, servizi stranieri di ogni stirpe e idea; e complesse reti di complicità; e indagini di magistratura, ma nel silenzio degli storiografi politicamente corretti; e tanto più all’oscuro dei mandanti erano i bombaroli e pistoleri, quanto più erano ingenui intellettuali ideologizzati. C’entra ciò qualcosa con Yalta, o no? Io penso di sì.