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ministro Giuli

Svippati rossi

I soliti dispetti: gli attori “desinistra” contro il ministro Giuli è un film già visto (destinato al flop)

Cultura - di Valter Delle Donne - 12 Maggio 2025 alle 17:26

Michele Riondino, Claudio Santamaria, Elio Germano, Geppi Cucciari. Il poker di attacchi al ministro Giuli è servito: quattro attori, ma diventeranno prevedibilmente molti di più, perché i nipotini del Partito comunista non hanno cambiato strategia. Cambiano il nome (Pds, Ds, Progressisti, Democratici) ma non il vizio di colpire in branco gli “infedeli” al verbo “desinistra”.

Succede sempre così nelle finora (purtroppo) rare volte in cui al potere non ci sono gli eredi di Botteghe Oscure. Senza i loro referenti al ministero, vanno nel panico. Perché cinema, teatro, spettacolo e cultura è roba loro. “Cosa nostra”, per dirla con Elio Germano. Che l’ha toccata piano dicendo che il governo “piazza i suoi uomini come fanno i clan“. Avete capito bene, ha equiparato lo spoil system, un meccanismo sano delle democrazie che le mette al riparo da clientele e corruzione, a una manovra da Padrino. Davanti a una critica così ‘elegante’ e profonda, il ministro della Cultura Giuli ha osato opporre un’obiezione ironica: “Prima avevano gli intellettuali, poi gli influencer, ora gli sono rimasti solo i comici”. Per poi confutare l’attacco di Germano con un intervento che si potrebbe sintetizzare in questi termini: “Elio, tu “mafioso” non mi chiami“.   

Apriti cielo. Elio Germano ha risposto dicendo che Giuli addirittura lo ha additato a chissà quale rischio per la sua incolumità personale. “Da Giuli un attacco inquietante, sono un cittadino, perché ha fatto il mio nome?”. Ha addirittura usato il termine “terroristico“, tracciando un parallelo col passato. “Andreotti non avrebbe mai detto: Sparate a quello”. Ma quando mai Giuli ha detto una cosa del genere? Neanche riascoltandolo al contrario, come avrebbe detto, l’altra martire del momento, Geppy Cucciari. La stessa attrice e comica sarda è diventata pure la vindice della sinistra e la vera “ministra ombra” (come si usa nel parlamento anglosassone) della Cultura.

Dai selfie con Franceschini e Veltroni agli insulti a Giuli e Sangiuliano

A ogni cerimonia pubblica che le viene assegnata come relatrice o moderatrice, usa un ministro come punching ball: ricordate allo Strega lo sketch con Gennaro Sangiuliano sui libri letti? Con Giuli ha provato a imbastire un numero simile. Satira in presa diretta, come non era mai riuscito a nessuno prima di lei, conduce il suo show lasciando intendere che lei quelli “dedestra” non li ha mica votati. Forse ancora non si capacita di come gli italiani non abbiano confermato Franceschini. Perché è giusto ricordare che prima del governo Meloni la sinistra aveva piazzato statisti del suo livello (o di quello della Melandri) alla guida del ministero Cultura.

Però una domanda agli allarmati artisti “desinistra” di queste ore va fatta: se vi stracciate le vesti per Giuli e Sangiuliano e prima facevate i selfie con Veltroni e Franceschini, forse non siete preoccupati di che fine farà il cinema. Siete preoccupati di dove prenderete il finanziamento del prossimo film, del prossimo spettacolo, della prossima trasmissione tv o della prossima fiction.

Un esempio su tutti? Tra quegli stessi che oggi sono allarmati della deriva del cinema, nessuno si è mai indignato del fatto che Paola Cortellesi abbia visto rifiutato il riconoscimento di opera d’interesse nazionale per il film C’è ancora un domani”. Pellicola tra le più viste e premiate degli ultimi anni. Insomma, che vi fosse qualcosa da cambiare sui criteri di finanziamento al cinema tutti erano d’accordo. Che il cambio lo abbiano avviato Sangiuliano prima e Giuli poi dovrebbe essere motivo di merito. Merito di un governo eletto dal voto democratico. Una cosa che, in passato, agli artisti “desinistra” piaceva.

 

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di Valter Delle Donne - 12 Maggio 2025